“Nel sottosuolo dell’Altirpinia fonti idriche mai sfruttate”

Lo studio del professor Allocca per la Università Federico II di Napoli: vanno sfruttate le abbondanti acque sotterranee che attraversano la parte orientale della provincia di Avellino, da Volturara ad Aquilonia passando per Sant'Angelo dei Lombardi

“Nel sottosuolo dell’Altirpinia fonti idriche mai sfruttate”. L’Alta Irpinia è il centro di produzione delle acque sotterranee per la Campania, Puglia e Basilicata. Ha da sempre svolto un ruolo strategico per lo sviluppo sociale e economico del sud Italia, ma la distribuzione dei flussi idropotabili in uscita per 8,7 metri cubi al secondo, unitamente ai cambiamenti climatici e alla riduzione della portata delle sorgenti, mette a repentaglio l’intero ecosistema. Pianificare interventi per tutelare questo enorme patrimonio e trasformarlo in generatore di nuove economie è l’indicazione che arriva da Vincenzo Allocca, ordinario di Scienze della Terra dell’Università Federico II di Napoli, che nella sua relazione illustrata al seminario promosso dall’Agenzia Forestale altirpina, ha fornito interessanti sunti di riflessione.

Frontone dell’Università Federico II di Napoli

Intanto, se nel sottosuolo dell’Altirpinia esistono riserve insospettabili di acqua, la macroregione altirpina presenta dal punto di vista geologico quantitativi idrici importanti in diversi comuni, che però non risultano collettati alla rete di adduzione dei sistemi acquedottistici. “Numerosissime piccole sorgenti si possono captare in un periodo di crisi idrica come quello che stiamo vivendo” ha spiegato. Su questa ipotesi si è esposto anche uno studio dell’Ato Calore Irpino nel 2011, approvato nella prima bozza del nuovo piano d’ambito dell’ex Ato nel 2012. Un monitoraggio delle fonti non censite per elaborare un piano di utilizzo per integrare quelle in via di esaurimento, e consentire alle falde di rigenerarsi. A otto anni dallo studio però, l’ipotesi non ha mai incontrato concreta applicazione. Il prof Allocca ha evidenziato che l’acqua altirpina viene captata da 4 principali sistemi acquedottistici: dall’Acquedotto Abc di Napoli dal 1888 per alimentare la città di Napoli, dall’Alto Calore per la provincia Avellino e parte di quella di Benevento, da quello del basso Sele e dall’Acquedotto Pugliese. All’interno regione altirpina si alimenta un comparto idropotabile per tre regioni e 13 province, per una popolazione di 10milioni di abitanti. “Sappiamo che alcune di queste risorse erano considerate strategiche sin dai tempi romani: una parte delle acque del Terminio hanno alimentato l’acquedotto augusteo, fino a Cuma e anche la flotta romana localizzata nella baia di Miseno” continua. “Inoltre pur essendo l’Alta Irpinia un’area non vulcanica è sede di acque calde con elevato grado di mineralizzazione, con la Mefite e le terme di San Teodoro. I Comuni di Rocca San Felice e Villamaina hanno una potenzialità di 10litri al secondo delle sorgenti, con una temperatura di 28 gradi si prestano ad utilizzo terapeutico”. A fronte della ricchezza delle acque sotterranee però, una parte che corrisponde agli acquiferi carsici presenta una elevata esposizione all’inquinamento, “come nel caso del Laceno e dei sistemi fognari come quello di Volturara che immettono nel sottosuolo i reflui dell’intera città” ha avvertito il prof. Allocca. “I cambiamenti climatici e la variazione annuale della distribuzione delle precipitazioni, conduce ad una variazione della portata delle sorgenti. Negli ultimi 100 anni a Caposele è stata registrata una riduzione di qualche litro al secondo per anno, che alla lunga si traduce nell’esaurimento totale della portata sorgiva e, se le risorse vengono captate per uso idropotabile, si apre una crisi idrica per i sistemi di rete”.

La bocca del Dragone

Di qui la necessità argomentata dal docente della Federico II di trovare strategie per rendere resilienti le strutture acquedottistiche. In termini di prospettive future, Alta Irpinia così ricca di risorse idrogeologiche è un laboratorio naturale per incrementare studi e interventi, per creare un impatto su economia e ambiente. Protezione e salvaguardia, inquinamento e sovra-sfruttamento, potenziare le capacità di prelievo, e rendere i sistemi acquedottistici più resilienti ai cambiamenti climatici. ” Bisogna i servizi ecosistemici legati all’acqua, percorsi turistici e parchi fluviali, infrastrutture verdi e parco del Dragone per mitigare l’alluvionamento che che si verifica nei territori endoreici. Senza contare che questa risorsa rappresenta una fonte di energia alternativa per impianti geotermici, ovvero per il riscaldamento borghi e centri storici di elevato interesse architettonico e culturale” conclude. Nel sottosuolo dell’Altirpinia, dunque, la chiave per contribuire a risolvere il problema dell’approvvigionamento idrico, difendendo l’ecosistema.


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