Un museo sul terremoto del 23 novembre 1980

Francesco Di Sibio avanza la proposta di allestire un museo provinciale in cui raccontare attraverso tutto il patrimonio documentale la tragedia che colpì l'Irpinia 40 anni fa. "Un impegno che potrebbe sancire nel migliore dei modi le celebrazioni per il quarantennale e stabilire un obiettivo comune per il prossimo decennio"

Un museo sul terremoto del 23 novembre 1980

Un museo sul terremoto del 23 novembre 1980. Per il terzo appuntamento della trilogia “le tracce del sisma” proposto da Francesco Di Sibio, l’autore avanza la proposta di istituire un museo per raccontare quella immane tragedia. Un impegno per i prossimi dieci anni, che possa condensare tutte le iniziative avviate per questo quarantennale e, che la pandemia non ha consentito di divulgare e rappresentare.


Un museo sul terremoto del 23 novembre 1980

di Francesco Di Sibio

Ci sono diversi luoghi dove poter rintracciare i segni di un evento tanto nefasto quanto rivoluzionario com’è stato il terremoto del 23 novembre 1980. Diversi comuni irpini hanno eretto una stele, intitolato una strada (Cassano Irpino, Sant’Angelo dei Lombardi, San Nicola Baronia, Calitri, Venticano…) o una piazza (Avellino, Bisaccia, Montemiletto, Caposele), lasciato visibili ruderi di vecchie abitazioni, organizzato convegni, mostre fotografiche. Numerosi possono essere i modi per fare memoria di un avvenimento. A quasi mille chilometri da qui, dal 2009 è aperto al pubblico quello che loro hanno chiamato mostra permanente (forse è più accattivante, meno pedante) ma ciò che in definitiva è a tutti gli affetti un museo dal titolo: Tiere motus – storia di un terremoto e della sua gente.

Sant’Angelo dei Lombardi- cattedrale. Un museo sul terremoto del 23 novembre 1980

Venzone, in provincia di Udine, è poco lontano da Gemona, paese simbolo del sisma del Friuli avvenuto nel 1976. Ospitato al primo piano del cinquecentesco Palazzo Orgnani-Martina, Tiere Motus è un’esposizione permanente di taglio divulgativo organizzata dall’Associazione Comuni terremotati e sindaci della ricostruzione del Friuli, dall’Associazione dei Consiglieri della Regione, dal Comune di Venzone e dall’Università di Udine. Grazie a tecniche di simulazione in grafica 3D e a un raffinato impianto di diffusione sonora, i visitatori possono anche rivivere l’esperienza del terremoto e immaginarsi di essere il 15 settembre 1976 alle ore 5.20 (le prime scosse distruttive si verificarono il 6 maggio dello stesso anno) di fronte al duomo gotico del paese e poter assistere al suo rovinoso crollo, pietra dopo pietra. La fedeltà delle ricostruzioni virtuali e il rigore scientifico nelle simulazioni dei crolli, rendono un elevato realismo e un forte impatto emotivo. Questa parte della mostra è stata realizzata dal Laboratorio di interazione uomo macchina dell’Università di Udine.

Lioni- chiesa madre. Un museo sul terremoto del 23 novembre 1980

Oltre al risultato scientifico, consente di immergersi antropologicamente nella tradizione popolare e ascoltare la spaventosa voce dell’Orcolat. Nei racconti degli anziani è la terrificante creatura che umanizza il terremoto, essa nasce e risale dal cuore della terra ed è percepita da tutto il corpo. Chi ha ancora nelle orecchie la voce del terremoto del 1980 impressionata nella registrazione di una radio di Avellino (basta digitare su You Tube audio terremoto Irpinia 23 novembre 1980), capisce ciò di cui si parla. Alla luce di quanto detto, mi sento di lanciare una proposta, un impegno per i prossimi dieci anni, quelli che andranno dal quarantesimo al cinquantesimo anniversario: istituire un museo con l’intento di raccontare quell’epopea. Una narrazione attraverso un ampio uso della moderna tecnologia, con lavori multimediali degni e in grado di estendere l’esperienza visiva o tattile. Potrebbe essere molto interessante trovare posto anche per una biblioteca, che possa raccogliere le tante pubblicazioni sull’argomento. Un luogo di studio, oltre che di conoscenza.

Conza della Campania distrutta dal terremoto del 23 novembre 1980

Qualcuno potrebbe chiedersi: perché una simile operazione? A cosa potrebbe servire un museo sul terremoto? Una fetta importante della popolazione irpina non ha memoria, quindi non ha consapevolezza precisa di ciò che accadde nel 1980 per un motivo puramente anagrafico: non era ancora nata. Altro motivo è quello di creare una memoria condivisa, capace segni un punto fisso da cui ripartire, chiarendo quello che siamo e quello che siamo stati. Il lavoro appare molto impegnativo, ma non deve spaventare. Si dovrebbe istituire un archivio del materiale recuperato, da cui partire per la progettazione della fase espositiva. Di sicuro alcuni capitoli degni di nota dovrebbero:

  1. chiarire dal punto di vista geologico l’evento sismico in tutte le sue sfaccettature mettendolo in paragone con altri terremoti del 1900 e con quelli storicamente conosciuti e avvenuti nello stesso ambito geografico;
  2. dare un mesto e dovuto ricordo alle vittime;
  3. recuperare le prime pagine delle testate nazionali che seguirono giornalisticamente tutta la fase dell’emergenza, includendo le diverse firme d’eccezione (narratori e saggisti), chi scrisse corsivi illuminanti per profondità e lungimiranza, nonché i filmati mandati in onda dai servizi nei telegiornali;
  4. raccogliere quante più fotografie scattate dai fotoreporter inviati a illustrare con immagini la terra del dramma;
  5. documentare le visite dei rappresentanti delle istituzioni, a partire da Sandro Pertini, allora Presidente della Repubblica, e da Papa Giovanni Paolo II, non dimenticando le loro parole, che tanto influenzarono i mesi successivi;
  6. illustrare come l’arte abbia raccontato i luoghi e le storie;
  7. offrire un posto di rilievo alle infinite attività svolte dai volontari per lunghi, e spesso difficili, mesi;
  8. raccontare le difficoltà per creare un dialogo nelle assemblee cittadine delle comunità più colpite, dove era necessario progettare un futuro totalmente diverso rispetto alla consuetudine;
  9. scovare i progetti di molti edifici ristrutturati negli anni della ricostruzione, quelli che hanno cambiato l’impatto urbanistico dei nostri paesi (positivi e negativi);
  10. non tacere gli errori, ma neanche quanto di buono si sia ottenuto in seguito.
Compsa, parco archeologico. Un museo sul terremoto del 23 novembre 1980

Ognuno di questi dieci punti potrebbe rappresentare un padiglione del museo, ma è ovvio che risulta una mera speculazione e soprattutto il pungolo per chiarire che molto ci sarebbe da raccontare. Adesso abbiamo dalla nostra parte un congruo distacco storico; ci consente di essere alquanto obiettivi per rappresentare al meglio la storia di un popolo, per parafrasare il museo di Venzone. Quello che ho in mente è un luogo vivo, fatto di attività didattiche, eventi, mostre collaterali, attivo nel tenere attuale lo spirito di quegli anni, nel riportare alla luce le radici prossime di quello che siamo oggi. Mi sembra già abbastanza.


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