“Cambiare l’acqua ai fiori” di Valérie Perrin

Ilde Rampino recensisce per Nuova Irpinia il romanzo vincitore nel 2018 del Prix Maison de la Presse, il Prix Jules-Renard e il Prix des lecteurs du Livre de poche

“Cambiare l’acqua ai fiori” di Valérie Perrin. Una storia che si trasforma in un percorso interiore attraverso la sofferenza della protagonista Violette, il cui destino sembra profilarsi sin dalla sua nascita, quando sembrava morta e il calore del termosifone, su cui qualcuno l’aveva appoggiata, l’aveva riportata alla vita. La sua infanzia e l’adolescenza in casa famiglia l’aveva segnata profondamente, aveva creato intorno a sé il vuoto della solitudine che l’aveva portata a perdersi e poi a trovare nell’amore malato per un uomo, Philippe Toussaint, nei cui confronti aveva la sensazione di appartenere corpo e anima, una fuga da una vita che non aveva mai accettato e che la faceva soffrire. Il difficile rapporto con suo marito, i silenzi e i continui tradimenti di lui la rinchiudevano in una gabbia da cui non riusciva ad uscire, aveva sempre paura di disturbare e questa sensazione era innata in se stessa, lei, bambina non voluta di cui nessuno si prendeva cura. L’unica luce che illuminava le sue giornate buie era sua figlia Lèonine, in cui pur ravvisando in lei i lineamenti del padre, riempiva il suo cuore della dolcezza che non aveva mai provato. La famiglia del marito aveva trovato un lavoro per loro, come custodi di un passaggio a livello: non era molto impegnativo, ma suo marito era sempre fuori e Violette trascorreva le sue giornate occupandosi del passaggio dei treni e sorridendo quando Lèonine salutava con le sue manine i passeggeri del treno ed era un modo per far condividere alla bambina le sue sensazioni con gli altri, poiché viveva isolata, anche se felice con sua madre.

La frattura netta nella vita di Violette si ha con la morte di Lèonine assieme ad altre quattro bambine in colonia a causa di un incendio per un cortocircuito nell’edificio in cui erano ospitate: l’esistenza di Violette si spezza e lei comincia a provare un odio devastante per la madre di Philippe che l’ha convinta a mandare la bambina in quel luogo. Struggente è il senso di perdita, anche perché la bambina è morta lontano da lei e non vi sono altro che piccoli resti del suo corpicino: Violette decide di non andare al funerale, ma si immerge nell’acqua del mare dove ha trascorso alcuni giorni con lei, perché le sembra di ritrovarla.

Una sorta di nuova vita inizia per lei: le assenze di suo marito si sono fatte più frequenti, finchè egli scompare del tutto . La tomba di sua figlia, luogo di dolore disperato diventa l’occasione di ricominciare in un certo senso una nuova vita: conosce Sasha, il guardiano del cimitero e inizia un rapporto particolare con lui, fatto di poche parole, perché egli rappresentava un punto di riferimento e un amico fidato che ascoltava i suoi silenzi e comprendeva la sua sofferenza. Sarà proprio lui a volere che Violette prendesse il suo posto, le offre una possibilità e per lei si apre un nuovo mondo che a poco a poco guarirà la sua disperazione. Le persone che visitano il cimitero cominceranno a considerarla quasi come una di famiglia, le confidano le loro sofferenze e le loro vicende personali. Particolare diventerà il suo abbigliamento: il vestito nero e austero nasconde vestiti colorati che a volte occhieggiano tra la stoffa scura: “sembravo la notte, ma sotto indossavo il giorno”. Violette osserva le persone nel cimitero e a volte il modo in cui esse guardavano una tomba rivelava la bontà del defunto ed era consapevole che “c’è qualcosa più forte della morte ed è la presenza degli assenti nella memoria dei vivi”. Vi è un incontro che lascerà tracce indimenticabili nell’esistenza di Violette: Julien Seul che ha ricevuto dal notaio una lettera che sua madre, Irène, prima di morire le ha inviato rivelandole il suo amore per un altro, Gabriel Prudent e chiedendo che le sue ceneri venissero sepolte accanto a lui, perché “Gabriel le aveva lasciato un posto accanto a lui per l’eternità”. La storia d’amore tra Irène e Gabriel, entrambi sposati, che si continueranno a dare del “lei” fino alla fine forse rappresenta una possibilità per lei e Julien e il piccolo Nathan, figlio di Julien, sembra riallacciare in qualche modo i fili spezzati del ricordo e darle un po’ di pace. Ma Violette si renderà conto che ”sono stata un ponte, Julien doveva passare attraverso me per capire che non poteva perdere la madre di suo figlio, ma grazie a Julien so che posso essere ancora desiderata”. Julien le dona il diario di sua madre, colpito dal fatto che lei aveva scritto, parlando di Violette, “mi ha fatto quasi rimpiangere di non aver avuto una figlia”. Violette ha ritrovato la propria “casa” in quel cimitero e “cambia spesso l’acqua ai fiori per non far appassire il ricordo di coloro che non ci sono più”. Philippe, disperato, reagisce con violenza nei confronti di Violette quando le riporta la lettera che aveva ricevuto dall’avvocato perché doveva fermare la macchina che lo riportava indietro nel tempo a un uomo che non gli era mai piaciuto e che aveva fatto tanti sbagli, frutto anche di una profonda solitudine vissuta nella sua famiglia e all’ascendente negativo che sua madre aveva su di lui. Philippe si scopre un uomo debole e le sue indagini per scoprire la verità sulla morte di sua figlia alla fine lo portano ad una verità terribile e angosciante, che egli non riesce a sopportare. Avviene qualcosa di irreparabile che forse gli concede una parvenza di pace: Léonine forse lo aspettava da qualche parte, si scopre finalmente padre in grado di amare, anche se è troppo tardi.

A cura di Ilde Rampino

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