“Agnes” di Peter Stamm

Propone un doppio piano di una realtà immaginata e vissuta della storia di qualcuno che appare nella vita di qualcun’ altro, agisce, ma è come se fosse un sogno, inframmezzato da momenti di realtà

L’ “Agnes” di Peter Stamm propone un doppio piano di una realtà immaginata e vissuta della storia di qualcuno che appare nella vita di qualcun’ altro, agisce, ma è come se fosse un sogno, inframmezzato da momenti di realtà. E la storia diventa a volte quasi un’idealizzazione di un sogno, sfaccettato in vari aspetti, nei desideri più intimi e nelle speranze più nascoste.  Il protagonista comincia ad intessere un rapporto con quella donna incontrata per caso in biblioteca, che rappresenta quasi il simbolo di quella che sarà la loro relazione in futuro: un luogo chiuso, angusto, silenzioso, in cui le loro parole rimbalzano come su uno specchio, lasciando tracce evanescenti.

“Agnes” di Peter Stamm

Ogni evento ha un’altra dimensione che si esplica attraverso immagini e ricordi, come quelli del video girato insieme. Agnes si sentiva come un ramoscello sferzato dalla tempesta della vita, i suoi pensieri, dispersi senza meta a volte la facevano vivere come in incubo. Frenata dalla paura si appoggiava a lui, con lo sguardo smarrito, “come se potesse parlare con gli occhi”. Le sue emozioni erano attutite da un profondo senso di solitudine, suonava il violoncello e amava la pittura e le poesie e aveva deciso di abitare da sola, come per racchiudere la sua vita in un luogo sicuro che la proteggesse. Agnes si sentiva sempre in attesa che avvenisse qualcosa di negativo, era  come se corresse indissolubilmente verso un destino tragico, aveva paura della morte perché allora tutto finisce ed avrebbe voluto fare qualcosa per lasciare un segno: il suo lavoro, che consisteva nell’occuparsi di reticoli cristallini, qualcosa di trasparente, era un modo di sconfiggere quel buio che teneva la sua anima rinchiusa e far uscire finalmente la luce. Agnes gli chiede di scrivere un racconto su di lei per vedere fino a che punto egli la comprendesse ed egli accetta, riscrivendo il passato di lei, ricavandolo solo dalle scarne notizie che lei gli aveva rivelato, ma Agnes, rileggendo il testo, si era resa conto che alcune cose descritte da lui in dettaglio non avevano importanza per lei e altre che per lei erano importanti non venivano menzionate nel racconto. Egli sente di vere un relazione strana con Agnes, fatta di silenzi e di parole non dette, parlavano tra loro, ma non si comprendevano e sembrava che si esprimessero attraverso due linguaggi differenti. Il suo amore profondo verso di lei,  caratterizzato da una dipendenza quasi fisica, che lo attraeva e lo faceva sentire legato a lei in un crescendo di tensione, poiché doveva affrontare i cambiamenti di umore di lei, dettate soprattutto dal suo timore che egli potesse stancarsi di lei e abbandonarla. Era come se a volte egli non la riconoscesse, il suo viso gli appariva come un paesaggio sconosciuto, scriveva la loro vita, immaginando anche il seguito e a un certo punto avviene qualcosa di irreparabile, Agnes perde il bambino che aspettava e gli chide di descrivere, in quel racconto che è diventato lo specchio deformato della loro esistenza, di far vivere quel bambino, perché lei non ci era riuscita. Il protagonista si rende conto che doveva assolutamente trovare un finale adeguato a quella loro storia, anche se in lui permaneva la sensazione di vivere ormai solo nel racconto: qualcosa di importante tra lui e Agnes era andato perduto, i pensieri galleggiavano e, mentre si accingeva a porsi davanti al computer e cominciare a scrivere, era come se si immergesse nello schermo e diventasse le parole e le frasi che aveva letto. Alla fine Agnes scompare, senza lasciare traccia, descrivendo con le parole il suo viaggio nell’oscurità e nel silenzio e l’incapacità di essere sinceri e di parlare è rappresentato proprio in quel doppio finale, uno pensato e uno scritto, in cui Agnes si riconosce, lasciando il proprio messaggio su quel computer, che aveva fatto tante volte da tramite e anche da filtro, sostituendo parole più importanti e dense di significato, creando un finale misterioso e per certi versi inquietante.

A cura di Ilde Rampino


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