Diego De Silva a Nusco, lezione alla politica che non legge

LO scrittore napoletano ospite del liceo classico Rinaldo D'Aquino nel palazzo Vescovile di Nusco, ha risposto alle domanda degli studenti, riuniti per la Notte nazionale del liceo classico

Diego De Silva ha risposto alle domande degli studenti, ospite dell’Istituto di Istruzione Secondaria Superiore di Montella «Rinaldo D’Aquino», in occasione della Notte del Liceo Classico. Nella cornice del Palazzo Vescovile di Nusco, accanto al Sindaco Ciriaco De Mita e alla dirigente scolastica Emilia Strollo, lo scrittore ha catalizzato l’attenzione di una platea di adulti, venuti a Nusco da ogni parte della provincia di Avellino per ascoltare il padre del personaggio Vincenzo Malinconico, ‘avvocato d’insuccesso’, semi-disoccupato e semi-divorziato. Scrittore, giornalista e sceneggiatore italiano, De Silva è un autore tradotto in molte lingue presente sui comodini di molti lettori del Belpaese. I suoi libri sono spesso accolti nelle case come l’opinione di un buon amico.

LETTERATURA E VERITÀ. De Silva ha esordito ringraziando per l’invito a Nusco ricevuto da Antonia De Mita, ideatrice e direttrice del Festival ‘Irpinia Madre Contemporanea’, artefice dell’appuntamento insieme alla scuola. E si è raccontato quasi mettendosi allo specchio del tempo, trovandosi di fronte ad un folto pubblico di liceali, oggi alle prese con il dilemma sulla strada da prendere dopo la maturità. Una condizione che continua a sentire familiare, visto che per anni ha percorso una strada nell’attesa della consapevolezza.   «Sono stato un avvocato per dieci anni, prima di cedere al desiderio profondo di voler fare lo scrittore», ha commentato, pur spiegando che tra i due universi un punto di contatto c’è. Tra la professione forense e la passione per la scrittura non esiste una intima contraddizione, ma una naturale relazione, il linguaggio. La narrazione, l’approccio linguistico, il racconto per immagini basato sulle parole, sono alcuni degli strumenti che un buon avvocato e uno scrittore devono adoperare nel proprio impegno quotidiano. Nei due casi la lingua (italiana) è uno strumento neutro, che assume una funzione e un senso a secondo di come viene utilizzata. L’avvocato e lo scrittore sono chiamati a stabilire nel primo caso una verità pur non avendo partecipato i fatti; e la verità nel secondo caso, a beneficio di chi non la conosce. In entrambi i casi si può mentire. La differenza sta nel fatto che la verità con cui deve fare i conti un avvocato è quella processuale, una ricostruzione che può somigliare ad una congettura. Nella letteratura la parola serve una verità che fa rima con libertà. La sincerità è la verità per lo scrittore.

Diego De Silva risponde alle domande degli studenti del Liceo D’Aquino a Nusco, accanto al Sindaco Ciriaco De Mita e alla dirigente Emilia Strollo

«SORPRENDERSI DI CIÒ CHE SI SCRIVE». Per Diego De Silva il pubblico di uno scritto, di un libro, è in prima battuta l’autore. In questo senso aiuta a conoscersi meglio. «La mia penna è più intelligente di me», scriveva Einstein. Leggere di se stessi aiuta a cogliere sfumature sulla propria interiorità, a scorgere errori di impostazione, a trovare la verità che solitamente giace sepolta sotto le contraddizioni convenzionali del proprio angolo di società. Spoglia dall’abito mentale il proprio io. Scrivere significa sorprendere se stessi. «Scrivo per cogliere la mia stessa opinione su un fatto», spiega. «Senza lingua non c’è un pensiero», senza la parola non c’è la vita, l’azione, il cambiamento. Scrivere è un atto rivoluzionario, ma anche, non solo. De Silva non ripudia il suo passato da avvocato, che associa alla politica. Richiede studio e aggiornamento, approfondimento e un alto livello di specializzazione. Ma quello che voleva e vuole è scrivere di umanità.

Diego De Silva a Nusco dialoga con gli studenti dell’Istituto D’Aquino di Montella

«SE VUOI ESSERE FELICE NON DEVI FERMARTI, MA SFIDARE LA VITA». Per De Silva la scrittura è attività continua esercitata con lo sguardo sempre vigile e attento a ciò che c’è intorno, dentro, attraverso. Per questo la narrazione fantastica e originale non deve ignorare la realtà di tutti i giorni. «Cercavo di prendere spunto dalle storie che mi passavano davanti. La parola è una chiave, la scrittura è uno strumento nevrotico. Oggi sono interessato alle congetture, spesso l’idea di un romanzo viene fuori anche leggendo l’articolo di un giornale».

«Non avevo capito niente», un premio Strega di Diego De Silva

«I GIOVANI LEGGONO IN UN MONDO CHE NON LEGGE». Sono tante le persone che non leggono, ha premesso lo scrittore, ma tra queste i giovani non sono tanti. «In Italia non si è mai letto tantissimo, ma nelle biblioteche e nelle librerie ci vanno i giovani. È falso dire che i ragazzi non leggono, la maggior parte dei consumatori di letteratura sono ragazzi. Gli adulti non leggono. La classe dirigente non legge. Con l’avvento delle tecnologie – e per fortuna gli e Book non hanno avuto successo – i libri non hanno perso significato», ha spiegato con soddisfazione. «Il lettore di narrativa vuole il libro di carta, che non è più comodo del libro digitale. Ma il libro riesce ad appartenere, testimonia un rapporto, una relazione fisica». Soprattutto, oggi si scrive tanto. «Si legge di meno, ma sui social si scrive tantissimo e, se si ha bisogno della scrittura come mezzo di comunicazione, è un modo di riconoscersi. Elimina la timidezza, l’angoscia, ma occorre essere consapevoli che poi il rapporto fisico poi deve avvenire. Perfino un social può essere utile: Twitter seleziona il pensiero, stretti in una gabbia limitata bisogna scegliere le parole, quindi per scrivere adeguatamente bisogna leggere». Diego De Silva ha ammesso di essersi arreso di fronte alla necessità di scegliersi un social media. Ha voluto Twitter, pochi caratteri, ma anche una sfida ad essere essenziali. L’importante è cimentarsi a mantenersi veri. Il monito ai ragazzi è orwelliano: «Rubate il vocabolario degli scrittori», perché il vocabolario deve arricchire il pensiero, visto che la mente elabora fidando sulle parole».

«LA POLITICA CAMMINA NELLA NEBBIA». Nel suo dialogo con i ragazzi, con gli studenti, l’insofferenza per la superficialità è emersa. In generale, Diego De Silva sembra pronto a perdonare tutto, anche la menzogna, ma non la sciatteria. Nella politica di oggi non si studia, non si approfondisce. «In politica ad esempio, nessuno sa come si fa, ma si cammina nella nebbia per affrontare i problemi». La parola è pensiero, l’azione nasce dalla parola, quindi l’azione può scaturire solo dal pensiero. Se la politica è azione, evidentemente, non può che essere pensiero. Un comune sentire con il suo anfitrione, il Sindaco di Nusco, fustigatore di quella politica che nello slogan estemporaneo consuma la vanità del potere senza una prospettiva (di cambiamento).

LO SCRITTORE. Diego De Silva è nato a Napoli. Ha pubblicato La donna di scorta (1999), Certi bambini (2001), da cui è stato tratto l’omonimo film (2004), Voglio guardare(2002), Da un’altra carne (2004). Suoi racconti sono apparsi nelle antologie Disertori e Crimini (2000 e 2005). Scrive anche per il cinema e collabora a “Il Mattino” e al mensile “Giudizio universale”. Tra gli scrittori italiani più popolari, ha dato vita al personaggio di Vincenzo Malinconico, ‘avvocato d’insuccesso’, semi-disoccupato e semi-divorziato, protagonista di quattro dei suoi romanzi. Molto apprezzati anche i suoi aforismi, raccolti nel libro ‘Superficie’ (Einaudi).


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