Distretto agroalimentare dell’Alta Irpinia, Tartaglia: opportunità per 2300 aziende locali

L'assessore del Comune di Bisaccia anticipa l'invio della proposta di istituzione del Distretto Rurale e agroalimentare di qualità alla Regione Campania. "Il territorio è maturo per la trasformazione delle materie prime in prodotti finiti, per creare nuova occupazione e consentire ai laureati di investire qui"

Distretto agroalimentare dell'Alta Irpinia, Tartaglia: opportunità per 2300 aziende locali

Un Distretto agroalimentare dell’Alta Irpinia. Il Comune di Bisaccia promuove la candidatura del comprensorio, spiega il vicesindaco Franchino Tartaglia. Con l’apertura dei termini regionali, Bisacca punta a coinvolgere i 25 Comuni del Progetto Pilota, oppure ad agire direttamente, a beneficio dell’alto numero di imprese rurali attive, che potrebbero trovare con questa iniziativa la chanche di una crescita del fatturato. “Il territorio è maturo per la trasformazione delle materie prime in prodotti finiti, per creare nuova occupazione e consentire ai laureati di investire qui”, propone. “È una opportunità per 2300 aziende rurali locali, considerando i numeri”. L’Alta Irpinia vanta 70mila ettari di terreni e 2300 aziende pronte alla filiera sotto un marchio di qualità. “Le nostre aziende agricole hanno raggiunto livelli di produzione e qualità altissimi, e sono pronte a cimentarsi nella trasformazione del prodotto, per arrivare sui mercati e imporsi come territorio: così si costruisce un distretto rurale e agroalimentare in grado di fare imprenditoria e garantire una occupazione a tutti i laureati della provincia”, aggiunge Franchino Tartaglia, annunciando la candidatura del distretto agroalimentare dell’Alta Irpinia alla luce dell’approvazione degli indicatori, i criteri ed i format per la presentazione delle proposte di individuazione dei distretti dalla Regione Campania. Il Comune di Bisaccia infatti, ha avviato la progettazione già da qualche anno, coinvolgendo anche il Gal Irpinia, ed esperti del settore, per mettere a regime i 101 km quadrati, 11mila ettari di terreno e 500 aziende agricole.

Francesco Tartaglia, Vicesindaco di Bisaccia

LA CANDIDATURA DELLA CITTA’ DELL’ALTA IRPINIA. Nella visione annunciata da Tartaglia però, il distretto rurale non può interessare un solo comune, ma deve coinvolgere l’intero comprensorio altirpino e adeguarsi ai confini dell’area pilota dei 25 comuni. “E’ arrivato il momento di ragionare sulla piattaforma dei 25 comuni, che prevede un’estensione di mille e 100 km quadrati, di cui solo il 40 per cento è alberato. bisogna ragionare su 70mila ettari di terreno da coltivare” annuncia. Nello stesso perimetro geografico di riferimento, sono registrati 13mila animali fra cui mucche e bovini, e 20mila ovicaprini. A seguire, il settore più importante è quello della cerealicoltura, poi castagneti e uliveti. “Ora ci toccherà riflettere su quale agricoltura vogliamo implementare sul nostro territorio, soprattutto se consideriamo che la Comunità Europea riserva appena il 3% dei fondi all’agricoltura biologica, e il 15% a quella tradizionale con l’uso del glifosato. Personalmente trovo scontato che un distretto rurale dovrebbe investire sul biologico e su un’agricoltura sostenibile che va oltre queste procedure”.

Fondi alle imprese con i Psr Campania 2014-20

Bisaccia si fa carico di guidare la strategia di interventi e di avanzare la proposta agli amministratori, per rafforzare il progetto di allestimento delle botteghe dei prodotti a marchio altirpino, nei tanti centri storici della provincia di Avellino. “Il risultato deve tendere a questo: tutte le aziende devono guardare al biologico, per costruire una filiera unitaria che contempli la produzione, la trasformazione e la commercializzazione del prodotto finito sul mercato a marchio tipico” argomenta l’assessore. Se si guarda alla produzione del grano, la costruzione della filiera chiama in causa la produzione di pasta, pane, farine e dolciumi. “Stimo lavorando per ottenere la certificazione del fieno Dop, ovvero un prodotto che conferisce riconoscibilità al territorio, e che viene venduto anche nelle province campane agli allevamenti di bufale. Sono certo che il concetto stesso di ‘distretto rurale’ possa in realtà prevede l’interconnessione con tutti i distretti campani” continua.

Grano Armando è coltivato su 12mila ettari di suolo italiano

LA STRATEGIA DEI DISTRETTI. Ogni distretto potrà concentrarsi sul completamento della filiera attraverso la fornitura di materie prime e la produzione di semilavorati, ma ogni azienda o distretto potrà collaborare con altri distretti: la produzione di grano e di fieno consentono di ampliare il raggio di esportazione. “Nessuna chiusura dunque, ma apertura e lungimiranza che consentono il giusto riconoscimento a tutti” ribatte. “La filiera del grano oggi è in grado di fornirci l’esempio su un piatto d’argento: produciamo grano e lo lavoriamo, viene stoccato e trasformato da Pasta Baronia ad esempio- in Pasta Grano Armando, che è su tutti gli scaffali commerciali. Stesso discorso vale per la castagna. I tempi sono maturi per compiere il passo successivo: la trasformazione, e avviare così l’ingranaggio che ci porterà alla realizzazione dei prodotti finiti competitivi sul mercato”.

Caciocavallo podolico

Un grande passo in avanti è stato compiuto dagli allevatori che hanno investito in laboratori di trasformazione casearia per sopperire al calo del prezzo del latte. “Abbiamo 45 caseifici riconosciuti, e prodotti considerati di qualità eccelsa come il caciocavallo podolico: scommettere su un distretto rurale sostenibile significa arrivare alla costruzione di un marchio della Città dell’Alta Irpinia e vincere la nostra scommessa”. Franchino Tartaglia avanzerà la proposta di un Distretto agroalimentare dell’Alta Irpinia già alla prossima riunione del Progetto Pilota, “altrimenti lo faremo autonomamente come Comune. Nei 25 comuni dell’area insistono 2300 aziende, e si tratta di un patrimonio da preservare e mettere a regime. Nel paniere dei prodotti non bisogna poi escludere il vino, che sta avendo una crescita esponenziale e che ha ancora un potenziale inespresso su cui poter lavorare. Vorremmo insomma, che chi si laurea in agronomia non vada a lavorare in Emilia Romagna ma resti qui a investire nella propria terra”. L’assessore lancia dunque un monito ai giovani, che qui si sono formati e arricchiti, a non disperdere altrove il patrimonio di conoscenze maturato. “La creazione di una filiera serve a valorizzare le produzioni ma soprattutto a consentire alle forze intellettuali di trovare qui appagamento: architetti, ingegneri ambientali, letterati ed altri devono investire qui, riappropriarsi dell’orgoglio di appartenenza alla terra e rivalutare il ruolo di imprenditore agricolo. Solo così potremmo davvero rinascere e dare un futuro a questa terra” conclude.


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