Manager Asl e Moscati, stop alla scelta regionale. Sanità, blitz M5s

NEL 2016 LA CONSULTA AVEVA BOCCIATO IL TENTATIVO ANALOGO FATTO DAL GOVERNO RENZI. L'emendamento passato in Commissione Affari Costituzionali della Camera espropria delle prerogative il Governatore Vincenzo De Luca, che non potrà scegliere i direttori generali, ma dovrà attenersi ad una graduatoria di “merito” ministeriale e non più da una rosa di candidati come avviene oggi. La Lega si è astenuta, pur parlando di norma incostituzionale. Contro Pd e Forza Italia. Intanto, la Conferenza delle Regioni chiede lo stop ai commissariamenti

Sulla Sanità i Cinque Stelle continuano sempre più isolati la loro battaglia contro le Regioni. Dopo aver fatto le prove generali in Calabria, dove hanno espropriato delle prerogative costituzionali (come hanno vibratamente protestato i vertici calabresi) sulla nomina dei direttori generali, con l’emendamento fatto passare nella Commissione Affari sociali alla Camera inserito proprio nel decreto Calabria, si è tolta la possibilità ai governatori di nominare i manager. Non si toglie ai partiti la possibilità di scegliere, come si dice, ma ai governi regionali eletti direttamente dai cittadini. Il governatore non potrà più individuare la figura più idonea all’interno di una rosa di nomi ristretta, alle istituzioni democraticamente elette non è più riconosciuta la prerogativa di dare incarichi fiduciari in forza della potestà democratica. Quella rosa ristretta di candidati si trasforma in una graduatoria di un merito tecnico. Il presidente della Regione non sceglie il direttore generale delle Asl, che quindi non risponde nè al potere democratico, nè al territorio, ma incarna il primato burocratico nel settore più importante per il cittadino.

Il Pronto Soccorso della Città Ospedaliera ad Avellino, all’interno del complesso dell’Azienda San Giuseppe Moscati

Il testo dell’emendamento approvato dalla Commissione Affari Sociali il 15 maggio prevede, all’articolo 11: «Dopo il comma 5 è inserito il seguente: 5-bis. In deroga all’articolo 2 del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171, nelle more della revisione dei criteri di selezione dei direttori e comunque non oltre 18 mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, la rosa dei candidati è proposta secondo una graduatoria di merito, sulla base dei requisiti maggiormente coerenti con le caratteristiche dell’incarico da attribuire».

La disposizione transitoria viene adottata in attesa di riordinare in maniera complessiva il sistema di nomine dirigenziali della sanità, introducendo l’ennesimo elemento di confusione in un ambito tra i più conflittuali nei rapporti tra Stato e Regioni.

L’emendamento, proposto dalla deputata pentastellata M5S Dalila Nesci, ha visto l’astensione della Lega e il no di Pd e Forza Italia. Tutti, compreso il Carroccio, hanno contestato alla relatrice la palese incostituzionalità della misura. Sul piano pratico le nomine della Sanità passano dalla Regione al ministero, attraverso la costituzione di una commissione ad hoc scelta dal ministero della Salute, che è guidato da un ministro di nomina politica. Sulla norma pesa il recente pronunciamento della Consulta, che aveva già bocciatone 2016 la legge Madia- Lorenzin stabilendo che «per la nomina dei manager Asl occorre sempre l’intesa piena con le Regioni».

La sede della Consulta

Secondo la Corte Costituzionale è «non è costituzionalmente illegittimo l’intervento del legislatore statale, se necessario a garantire l’esigenza di unitarietà sottesa alla riforma. Tuttavia, esso deve muoversi nel rispetto del principio di leale collaborazione, indispensabile anche in questo caso a guidare i rapporti tra lo Stato e il sistema delle autonomie. Poiché le disposizioni impugnate toccano sfere di competenza esclusivamente statali e regionali, il luogo idoneo di espressione della leale collaborazione deve essere individuato nella Conferenza Stato Regioni».

L’esito del Referendum votato il 4 dicembre 2016 ha definitivamente sancito la competenza delle Regioni in materia di Sanità, di fatto cancellando la norma stabilita dai Ministri del Governo Renzi Beatrice Lorenzin e Marianna Madia, ma di fatto pregiudicando il nuovo intervento, che punta nuovamente a limitare le prerogative delle autonomie.

La sede dell’Azienda Ospedaliera San Giuseppe Moscati di Avellino

I RIFLESSI IN IRPINIA. La nuova disposizione, una volta in vigore, produrrà effetti immediati laddove si dovranno effettuare le nomine. È il caso di gran parte della Campania e dell’Irpinia. Per L’Asl di Avellino e per l’Azienda San Giuseppe Moscati, in particolare, dove sono in scadenza i mandati rispettivamente di Maria Morgante e di Angelo Percopo con i rispettivi direttori sanitari e amministrativi. Nella sostanza, il Governatore della Campania, come tutti i suoi colleghi nel resto del Paese, diventerà un mero notaio, in spregio ad una delle colonne delle autonomie locali italiane, lo spoils system, cioé l’insieme dei poteri che consentono agli organi politici di scegliere le figure di vertice come segretari generali, capi di dipartimento, segretari comunali. Di fatto si introduce un elemento di deresponsabilizzazione del governo regionale, contravvenendo agli equilibri stabiliti con la riforma dei sistemi elettorali maggioritari (legge Mattarella per il Parlamento e legge 25 marzo 1993, n. 81 per comuni e province), norme che dovevano sottoporre a giudizio diretto dell’elettorato il governo dei territori o del Paese. Quest’anno dovranno essere rinnovati gli incarichi di Direttore Generale presso le aziende sanitarie di: Avellino, Benevento, Caserta; Napoli 2 Nord; Napoli 3 Sud; Universitaria “Federico II”; Azienda Ospedaliera Universitaria “Luigi Vanvitelli”; IRCCS Fondazione Pascale di Napoli; Azienda Ospedaliera “Moscati” di Avellino; Azienda Ospedaliera “San Pio” di Benevento».

Il Governatore Vincenzo De Luca, Commissario per il Piano di Rientro della Sanità in Campania e, a sinistra, il consigliere delegato Enrico Coscioni

LE REGIONI CHIEDONO IL RISPETTO DEL PRINCIPIO DEMOCRATICO IN MATERIA DI PREROGATIVE SANITARIE: STOP LUNGHI COMMISSARIAMENTI. Le Regioni hanno già chiarito la propria posizione in sede di Conferenza lo scorso 9 maggio. Nel corso della Audizione della Conferenza delle Regioni presso la XII Commissione Affari sociali della Camera, in particolare in merito all’emergenza sanitaria in Calabria e sulle misure urgenti in materia sanitaria, la delegazione guidata dal presidente della regione Molise, Donato Toma ha evidenziato «le problematiche ancora aperte relative ai piani di rientro dal disavanzo sanitario e ai commissariamenti in sanità, che dovevano invece essere stabilite e concordate nell’ambito del nuovo Patto Salute 2019/2021, la cui sottoscrizione era prevista entro il 31 marzo scorso», si legge nella nota della Conferenza. «Abbiamo auspicato e sollecitato un’accelerazione da parte del Governo, che ha già ricevuto dalla Conferenza delle Regioni uno schema preliminare da alcuni mesi», ha proseguito Toma. «Infatti è indispensabile fare chiarezza e dare attuazione al principio di leale collaborazione sulla base di parametri oggettivi per disciplinare modalità, criteri e tempi su temi importanti, come l’uscita dai commissariamenti e dai Piani di rientro». Per quanto riguarda i commissariamenti in ambito sanitario, «abbiamo sottolineato anche la recente Sentenza della Corte Costituzionale (n. 199 del 2018) che rileva come l’anomalia della loro lunga durata destabilizzi in pratica lo stesso equilibrio del governo regionale». IN definitiva, conclude Toma, «non si possono esautorare funzioni importanti per così tanto tempo, creando un vulnus sui poteri e prerogative delle Regioni, a maggior ragione quando siamo di fronte a bilanci e punteggi Lea migliorati nel corso del tempo».


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