Famiglietti: aprire un cantiere del Pd e del centrosinistra

L'ex parlamentare invoca un passo indietro da parte di tutti, per superare le divisioni interne a Via Tagliamento: "E' necessario ritirare il ricorso in Tribunale e riorganizzare gli organismi di partito".

Luigi Famiglietti

«Va aperto un vero e proprio cantiere del Pd e del centrosinistra. Le divisioni interne al partito irpino possono essere superate con il buon senso. Il ricorso in Tribunale deve essere ritirato e gli organismi dirigenti riorganizzati. Soltanto così si può aprire una fase nuova». A parlare è l’ex deputato democratico, Luigi Famiglietti.

Che idea si è fatto sul futuro del centrosinistra, analizzando i dati elettorali delle ultime regionali?

«Il centrosinistra c’è. Le elezioni regionali di Abruzzo e Sardegna ci hanno dimostrato che esiste ancora uno spazio politico in Italia  per una coalizione progressista. Non si può dire che versi in condizioni positive, ma ci sono ampi margini di recupero. Lo svuotamento dei consensi del Movimento Cinque Stelle, sposta nuovamente l’epicentro della competizione tra gli schieramenti di centrosinistra e centrodestra». (Leggi l’articolo)

In che modo è possibile ripartire?

«Da alleanze elettorali costruite su programmi condivisi e su figure autorevoli, in grado di rappresentare tutti i partiti e le istanze del territorio. In questo modo si può diventare competitivi, anche se non necessariamente vincenti».

Come andrebbe riorganizzato il Pd, in vista delle prossime sfide?

«La legge elettorale condiziona comunque le nostre scelte, nel momento della verifica del consenso. Siamo, quindi, costretti a ragionare come se ci trovassimo di fronte ad un sistema proporzionale, nel quale sono le alleanze e le coalizioni a giocare un ruolo di primo piano, più che i singoli partiti».

Considera la politica delle alleanze un problema da gestire?

«Il Pd è nato con una vocazione maggioritaria. Nella stagione dell’Ulivo e dell’Unione è stato pagato un prezzo politico, a causa della eterogeneità della coalizione. Un limite che ha avuto la sua ricaduta sulla tenuta dell’alleanza e dei governi. Ed è per questo motivo che successivamente si è immaginato un partito che fosse il più possibile autosufficiente. Ma l’attuale sistema elettorale, come dicevo, richiede scelte di tipo differente. Anche se poi nella nostra area politica non ci sono altri partiti di dimensioni ragguardevoli».

E, quindi, come andrebbe recuperato il consenso?

«E’ necessario ricostruire un orizzonte politico nella società, recuperando il rapporto con il mondo cattolico e con l’associazionismo solidale. In una parola: dobbiamo tornare in sintonia con i cittadini, ripensando anche agli errori commessi».

A quali fa riferimento?

«Uno per tutti, il referendum sulle trivellazioni, che sicuramente fu frainteso, ma anche caratterizzato da un’eccessiva improvvisazione. Al centro della nostra attenzione debbono esserci temi fondamentali come il disagio sociale, l’ambiente, il lavoro. Va aperto un vero e proprio cantiere del Pd e del centrosinistra, per dare forma e contenuto ad un’alternativa a questo governo».

Pensa che nel Pd irpino ci siano le condizioni per aprire una fase nuova?

«Dovremmo comprendere prima chi dovrebbero essere gli interpreti del nuovo percorso. Il punto di partenza non può essere certamente il congresso provinciale farsa, a cui abbiamo assistito lo scorso anno. Non considero, poi, un elemento positivo che il segretario provinciale sia il capolista di una delle compagini in corsa per le primarie. Va recuperato il buon senso. Non di meno dico che anche dalla nostra parte sono stati commessi passi falsi. Penso al ricorso in Tribunale. Non si può affidare alla magistratura la risoluzione dei problemi politici, interni ad un partito».

La sede del Coordinamento provinciale PD ad Avellino, in via Tagliamento

E’ ancora possibile superare tensioni e divisioni?

«Lo è sicuramente. Anzi è l’unica strada percorribile. Da una parte, quindi, va ritirato il ricorso e dall’altra rivisti gli organismi. Il passo successivo è il lavoro sul territorio e la proiezione di questo impegno nelle istituzioni locali».

Quali sono le priorità del territorio su cui concentrarsi?

«La questione delle infrastrutture necessarie per lo sviluppo, bloccate dal governo, è di primaria importanza. Su questo punto però il Pd è assente. Dobbiamo avviare un confronto con le forze sociali, anche se esse stesse hanno perso peso e capacità di rappresentanza, ma è necessario aprire un dialogo. Dovrebbero essere passi del tutto naturali per noi. Ed ancora: dare spazio ed attenzione alle vertenze per il lavoro».

Dica pure…

«Penso all’ultimo caso, quello della Novolegno. L’ennesima chiusura di uno stabilimento, che rende la situazione occupazionale sempre più drammatica. Bisogna trovare il giusto equilibrio tra il diritto al lavoro e quello alla salute. Sulla vicenda dell’ex Irisbus, invece, attendiamo riscontri da parte del governo. Le promesse di Di Maio sono cadute nel vuoto. Ancora un esempio dell’inadeguatezza di questo esecutivo, le cui scelte scellerate stanno persino aggravando lo scenario. Non si può pensare di risolvere i problemi economici solo con il reddito di cittadinanza e “quota 100”, la cui attuazione peraltro resta fumosa. La recessione richiederà una manovra aggiuntiva che peserà sulle tasche degli Italiani, a cominciare da un possibile aumento dell’Iva».

Il segretario nazionale uscente del Partito Democratico, Maurizio Martina

La riorganizzazione del Pd passerà attraverso il risultato delle primarie.

«Non posso che augurarmi un’ampia partecipazione alla consultazione. Sarebbe un segnale di inversione della rotta. La migliore guida che il Pd può attendersi è quella di Martina, che ha già dimostrato di avere l’equilibrio necessario per riprendere il cammino. Per il partito regionale, invece, spero in un buon risultato di De Caro».

Definiti gli equilibri interni si dovrà lavorare alle liste elettorali per le amministrative. Cosa si aspetta per il Comune di Avellino?

«Grande senso di responsabilità da parte di tutti. Dopo le primarie, comunque vadano, si deve azzerare e ripartire insieme, se vogliamo essere credibili. Ad Avellino è possibile vincere. E lo stesso vale per i principali Comuni al voto. Ma è impensabile andare divisi all’appuntamento con le urne».


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