Lista di partito, senza primarie: è il percorso indicato da Chiara Maffei, membro dell’assemblea nazionale del Pd, per la sfida delle amministrative del capoluogo irpino. Esclusa l’ipotesi di un impegno personale, ma non quella di un candidato donna, come segnale di novità.

E’ favorevole alle primarie per la scelta del candidato sindaco di Avellino?

«Non ho mai molto condiviso le primarie. Sono state adottate in origine dal Pd, come strumento di partecipazione democratica dei processi decisionali, in un preciso passaggio politico. Nella pratica però sono emersi anche tutti i limiti di una consultazione, che non è istituzionalizzata per legge. Ritengo che debba essere il partito a selezionare la classe dirigente. A maggior ragione sono contraria all’individuazione del candidato sindaco, tramite le primarie. Ritengo invece necessario aprire un confronto interno e provare a decidere per il meglio».

C’è una sua disponibilità a mettersi in gioco personalmente in questa partita?

«No, lo escludo fermamente. Il mio impegno politico viene da lontano, ma cerco di dare un contributo di militanza e di proposta soprattutto come dirigente di partito». (Leggi l’articolo)

Quale dovrebbe essere, dunque, il profilo ideale del candidato?

«Una persona autorevole in grado di rappresentare il Pd nella sua interezza, che abbia una consolidata esperienza amministrativa, carattere, autonomia decisionale e capacità di aggregazione. Va però costruita attorno una squadra adeguata che supporti la figura apicale dell’ente».

In questa fase di stasi, un segnale di rottura potrebbe venire dall’universo femminile?

«Sicuramente ci sono donne che potrebbero rispondere ai criteri indicati e partecipare con grande dignità alla sfida. Non sono una fautrice del criterio di genere nella scelta dei candidati o dei dirigenti, ma effettivamente scommettere su un’adeguata figura femminile, in questo momento, potrebbe essere una marcia in più, un positivo segnale di novità».

A quanto pare, anche per la formazione della lista ci sono più opzioni in campo: civica o di partito?

«Non posso che auspicare che si vada verso una lista di partito, che valorizzi il progetto politico e quello amministrativo, superando le divisioni interne. Ma vedo che incontriamo ancora difficoltà a fare sintesi. Purtroppo così si agevolano gli avversari».

Che cosa propone?

«Occorre maggiore coraggio. Servono segnali forti e chiari di cambiamento. Le liste dovrebbero offrire ai cittadini presenze all’altezza dei compiti da affrontate. C’è bisogno di persone competenti, pronte a spendersi per la città ed in grado di raccogliere le istanze della comunità. Persone che si dimostrino politicamente coerenti e leali con il partito, non opportunisti o trasformisti. Non sono accettabili i cambi di casacca, che si vedono a tutti i livelli».

Ritiene ci siano le condizioni per costruire una coalizione ed insieme a quali forze politiche?

«Il nostro orizzonte resta il centrosinistra. Soltanto facendo fronte comune è possibile creare un’alternativa, sia locale che nazionale, che contrasti la deriva politica e sociale del Paese, la destra e l’antipolitica, con i loro disegni retrivi, che alimentano l’odio e l’esclusione dei più deboli. Lo stesso ragionamento vale anche sul piano locale. Avellino e l’Irpinia non possono permettersi esperienze amministrative improvvisate, propragandistiche e senza alcuna capacità di dialogo. Ma prima di aprire il confronto con gli altri partiti e movimenti, è necessario che il Pd faccia chiarezza al proprio interno e decida con serietà cosa intende fare per il futuro».

Come si possono superare le divisioni interne, che si trascinano da molto tempo?

«Serve uno sforzo da parte di tutti. Un atto di responsabilità. Dobbiamo mettere al centro le questioni concrete, archiviando il correntismo esasperato. Se considerassimo come priorità il bene comune, realizzeremmo anche il bene del partito. Ma ho l’impressione che non ci sia l’esatta percezione della situazione che stiamo vivendo ed una sufficiente consapevolezza di quanto è successo al Pd, della portata della sua sconfitta elettorale. L’autoreferenzialità rischia di imprigionarci e tenerci ai margini della scena politica. Finora è mancata autocritica».

Che modello di partito immagina?

«Un partito che sappia stare sui problemi quotidiani dei cittadini ed indicare soluzioni. Non è più tempo di parlarsi addosso e di sprecare energie in scontri interni, dimenticando che gli avversari sono fuori».

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