“Consorzio Vini d’Irpinia pronto alla sfida sul marketing”

IL PRESIDENTE USCENTE DELL'ASSOCIAZIONE STEFANO DI MARZO PRESENTA IL BILANCIO DEL SUO MANDATO. Pronto a passare il testimone, ma rivendica la svolta del riconoscimento ministeriale e raccoglie la sfida lanciata dall'esperto internazionale Paul Balke: abbiamo le carte in regola per lanciare nel mondo l'immagine dei nostri DocG

Il Consorzio di Tutela dei Vini d’Irpinia chiude il primo mandato. Nato sotto la presidenza di Milena Pepe è stato poi diretto da Stefano Di Marzo, firmatario del riconoscimento del Ministero per le Politiche Agricole e primo presidente impegnato sul campo della valorizzazione, promozione e comunicazione. In vista dell’assemblea dei soci- convocata per il 20 febbraio prossimo in cui saranno rinnovate le cariche rappresentative, Di Marzo traccia un bilancio del primo mandato e conferma l’indirizzo indicato dal giornalista e scrittore olandese Paul Balke sulla necessità di amplificare il valore del Taurasi. “Quello che ancora non è emerso ai più è che l’Irpinia oggi è una grane fucina di sperimentazioni delle modalità espressive delle denominazioni: i produttori interpretano i vini con creatività, ed è questo che bisogna comunicare all’esterno e nella maniera giusta per portare le persone da noi” ha dichiarato a Nuova Irpinia.

 

Paul Balke

Di Marzo, il giornalista e scrittore Paul Balke ha generato un dibattito interessante sul territorio, non solo per i produttori e le cantine, ma per tutti i segmenti dell’economia che ruotano intorno al vino. 

“Paul Balke parla come un faro che indica la strada che è stata già battuta da altri territori. L’Irpinia è un giardino per certi versi e negli ultimi anni sono stati fatti passi da gigante, con un buon riconoscimento sui bianchi; mentre sul Taurasi bisogna ancora lavorare tanto, in quanto concordo con Balke sul fatto che un grande territorio enologico si afferma in maniera determinante con un vino rosso e il suo invecchiamento. In questo contesto la comunicazione è importante: fino ad ora la comunicazione esterna dell’Irpinia è stata affidata alle grandi aziende e alla filiera viticola, che ha intercettato la grande espansione degli ultimi dieci anni che oggi vanta più di 200 cantine. Molte di queste sono piccole, e non hanno la forza di investire su una grande campagna di comunicazione, ma si aggregano al disegno più generale portato avanti dal Consorzio di Tutela per costruire un brand di denominazione, che poi è il grande ombrello che avvolge l’intera filiera”.

Lei è il presidente del Consorzio di Tutela da due anni e mezzo. Quale traccia ha solcato?

“Abbiamo fatto uno sforzo enorme per riammagliare la filiera, acquisire le aziende e i vignaioli. Da un anno e mezzo abbiamo finalmente ottenuto il riconoscimento ministeriale e l’incarico di vigilanza. I nostri agenti vigilanti sono infatti sul mercato, e siamo stati attivi e presenti a molti eventi fieristici. Il Consorzio conta 530 soci, e ci siamo adoperati su diversi corsi di formazione, fra cui il corso di potatura, i trattamenti fitosanitari ed altri. La maggiore qualità dei vini irpini passa però per una maggiore crescita della filiera viticola”.

La centralità del Consorzio è la promozione.

“La voce univoca del Consorzio contente una rappresentazione collegiale del territorio di riferimento, che poi è il nostro fine: quello di promuovere la denominazione tipica, che è il valore in grado di legare a doppio filo le cantine, i produttori e chi le interpreta. Acquisita la piattaforma, oggi il Consorzio lavora per mettere insieme la filiera produttiva e istituzionale, che manca. Fino ad oggi sono stati fatti investimenti diversi e senza un coordinamento generale. Le stesse istituzioni devono sforzarsi sulla promozione del territorio di riferimento, e agganciare il coordinamento anche sulla costruzione dei percorsi e le direttrici strategiche di cui sono protagonisti attivi”.

La capacità di attrazione resta tutta la costruire, e nel resto della Campania si parla da tempo di enoturismo. 

“Oggi il turismo muove milioni di persone, e l’enoturismo ha fatto un balzo in avanti, aprendo di fatto il territorio ad un turista consumatore alto-spendente che non si accontenta di acquistare una bottiglia pregiatissima e di alto costo, ma vuole conoscere, toccare e vedere i luoghi in cui si genere il grande agroalimentare italiano. I grandi territori applicano già una politica di questo genere e affrontano questo tipo di esperienze.

A quale raggio d’azione guarda il Consorzio per intercettare l’enoturismo?

“A livello generale possiamo affermare che la Campania registra 18 milioni di turisti all’anno, mentre la percentuale registrata in Irpinia ammonta allo 0,8 per cento. E’ evidente che bisogna avviare un ragionamento di natura logistica e di incremento dell’offerta dell’ospitalità.

Il Consorzio dialoga con gli imprenditori dell’accoglienza?

“A Bagnoli Irpino con l’associazione degli albergatori è stato fatto un corso sulle denominazioni irpine, per consentire agli operatori del settore di affrontare nella maniera corretta il patrimonio informativo sui vini. I primo soggetti ad assorbire l’impatto con il turisti sono i wine bar, alberghi e ristoranti. Senza contare che abbiamo urgente bisogno dell’intervento degli amministratori locali per uno sforzo collegiale sulla cura del territorio. Dovremmo prendere coscienza che il marciapiede è una estensione della nostra abitazione, perché l’enoturista è attento ai dettagli, e bisogna rendere il territorio al massimo della sua capacità di accoglienza”.

La promozione d fatto, è contenuta nella denominazione. 

“La ristorazione, la trasformazione dei prodotti, l’offerta turistica, gastronomica e storica: un territorio è attrattivo soltanto se coesistono una pluralità di elementi. Il cerchio si chiude solo quando il vino diventa uno fra gli attrattori, insieme a molteplici aspetti. Non è una forzatura in questo momento affermare che il vino sia l’elemento e il prodotto che meglio supera i confini regionali e nazionali, grazie ai marchi di qualità e alle denominazioni di tipicità; ma questo non basta perché deve fare da traino per il territorio. Ci vogliono ambasciatori che raccontano il territorio fuori e portano qui le persone: abbiamo la percezione del valore delle nostre risorse, e siamo vicini alla meta”.

Il 20 febbraio è prevista l’assemblea elettiva che rinnoverà il Consiglio d’Amministrazione del Consorzio e quindi anche il presidente. Cosa si aspetta? Si ricandiderà?

“Tutti i consiglieri presenti sono nelle condizioni di rappresentare al meglio il Consorzio, e la presidenza è soltanto un dettaglio. In questo momento c’è un percorso tutto da costruire, e va fatto con impegno perché l’obiettivo è quello della crescita ma anche consentire la giusta rappresentanza a tutti i soggetti coinvolti. Spero che ci siano le condizioni per garantire una sempre più ampia rappresentatività delle aziende e quindi del Consiglio, ma anche l’adesione di tutte le cantine e i produttori che sono ancora fuori. Il Consiglio è composto da 13 membri, un parterre forte, credibile e riconoscibile. I grandi player che sono presenti hanno la responsabilità di impegnarsi nel Consorzio perché hanno il polso del mercato estero del vino, mentre le piccole aziende sono l’anima del territorio e devono esporsi per caratterizzarlo al meglio”.

Qui, i vigneti di Castelfranci dominati da Montemarano in distanza.

Sono le piccole aziende a tratteggiare il profilo dell’autenticità del prodotto e dell’unicità del territorio?

“L’Irpinia è una fucina di sperimentazioni, che mi piace paragonare alla Toscana durante il basso Medioevo. La pluralità crescente che deriva dal territorio in questo momento è espressione della denominazione, e credo che questa sia la chiave di lettura più appropriata nell’interpretazione futura e da parte delle future generazioni di enologi. Oggi l’Irpinia è un mondo: i produttori interpretano i vini con creatività, che non sono soltanto il Greco e il Tufo, come si conosce oggi. Abbiamo il più grande vitigno del Sud Italia, l’aglianico che interagisce in un mood di rossi più oberato. Per questo uno sforzo nella comunicazione è importantissimo”.

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