Vini d’Irpinia, Mastroberardino: un patto tra Regione Campania e imprese su marketing e crescita

INTERVISTA A UNO DEGLI ESPONENTI DI PUNTA DEL COMPARTO VINICOLO IRPINO E CAMPANO. Concorde con la cifra proposta da Paul Balke per la costruzione della più grande industria dei servizi legata al comparto del vino, Matroberardino individua i nervi scoperti delle politiche di indirizzo interne

La stampa estera chiede all’Irpinia di rompere gli indugi e far conoscere al mondo l’eccellenza dei suoi vini, a cominciare dal Taurasi. Lo ha fatto in una intervista a nuovairpinia.it Paul Balke, scrittore e giornalista olandese esperto del settore e innamorato di Piemonte e Irpinia.

Se Paul Balke ha descritto il contesto vinicolo irpino con le lenti dell’obiettività spurie dai legami e dalle radici, focalizzando l’attenzione sui punti di forza e le grandi criticità su cui è necessario lavorare in Irpinia, Piero Mastroberardino risponde per il territorio. Il suo sguardo trasmette la consapevolezza dell’identità e della storia vitivinicola della provincia, le sue parole gli rendono il merito di una conoscenza della terra anche maggiore rispetto a quella delle viti che alimenta. Basti pensare che la Soprintendenza Archeologica nel 1996 si  rivolse alla famiglia Mastroberardino, nella persona del Cavaliere del Lavoro Antonio Mastroberardino, il papà di Piero, per cercare di ricreare i vigneti esistenti a Pompei prima dell’eruzione del Vesuvio. Conosce il valore dei frutti della terra, per questo sa che il nervo scoperto è la formazione all’imprenditorialità: “Non basta formare i giovani ad essere enologi e agricoltori, ma è necessario impartire loro una formazione all’imprenditoria e alla gestione del piano finanziario dell’impresa”.

Professor Mastroberardino, lo scrittore e giornalista olandese Paul Balke ha dettato il paradigma per lo sviluppo della più grande industria di servizi dell’Italia meridionale legata al Taurasi Docg: il prodotto, una strategia di marketing, la logistica e una buona comunicazione. Lei è d’accordo?

“L’interesse della stampa estera è fondamentale per rendere attrattivi i territori, che però da soli non sono ancora preparati a mantenere viva la fiamma dell’attrazione internazionale e son lontani da certi riflettori. Paul Balke si è espresso sul Taurasi, che da solo ha la forza di costruire un terroir, ma va detto che l’Irpinia ha tantissimi ammiratori sparsi nel mondo. Certo, fare rumore e mantenerlo per rendere accattivante il territorio è sempre positivo”.

Il Consorzio di Tutela Vini d’Irpinia può farsi interprete del messaggio di Balke? 

“Il Consorzio ha svolto un lavoro imponente. Da circa un anno e mezzo abbiamo ottenuto l’incarico ministeriale e l’interesse sulla crescita riguarda non solo i soci, ma tutti i piccoli e grandi produttori. Ad oggi è impegnato in attività di vigilanza e promozione, per consolidare la sua credibilità e un piano di comunicazione- interno ed esterno. Anche quest’anno si ripeterà Ciak Irpinia, e altre iniziative che ci consentono di avere una grande attenzione. Di certo il marketing non può farlo da solo”.

Chi deve sostenere la strategia di marketing?

“Senza dubbio la Regione Campania, con attività a supporto del turismo enologico, attraverso degli standard che vengono ribaditi di anno in anno, per offrire la consapevolezza al consumatore sulla qualità delle coltivazioni campane”.

Continui.

“L’Irpinia è un territorio privilegiato perchè ha tre DocG, certe condizioni climatiche e ambientali, ma anche una data qualità dei suoli, senza contare poi la storicità delle coltivazioni. Nell’800 la provincia di Avellino aveva 20mila ettari di vigneto, a fronte dei 25mila complessivi della Campania”.

Interno della Camera di Commercio di Avellino in piazza Duomo

Oltre alla Regione, anche i privati dovrebbero provare a legare le produzioni al territorio. 

“I privati e la Regione sono i principali protagonisti della promozione territoriale. L’Irpinia deve essere valorizzata nella sua naturale vocazione, che è quella rurale e agricola. Anche la Camera di Commercio deve fare la sua parte con l’incremento delle filiere enoturistiche che sono trasmettitori naturali di conoscenza. Infine il territorio deve metterci del suo, così come i privati. Ciascuno per la propria competenza”.

Lei da dove partirebbe?

“Dall’integrazione di un piano di comunicazione ad un aspetto legato al recupero delle risorse naturali, che qui da noi sono state depauperate. Sarebbe opportuna una manovra a tenaglia per costruire credibilità e accreditare il territorio prima che il prodotto presso i consumatori medi, ma anche presso quelli più attenti e qualificati. Le risorse pregiate impegnano un altro segmento di pubblico”.

Balke ha suggerito di osare nell’innalzamento del prezzo a bottiglia, per qualificare il valore del prodotto sul mercato internazionale e catturare l’attenzione degli appassionati da tutto il mondo.

“E’ giusto applicare un innalzamento del valore offerto, che è ben lontano dai 120 euro immaginati da Balke. Basti pensare che qui abbiamo bottiglie con una storicità di 80- 90 anni, che non hanno prezzo e non possono essere messe sul mercato, visto che non potrebbero essere adeguatamente valutate . Le apriamo soltanto in occasioni davvero speciali, magari con i giornalisti più accreditati nel settore, ma non le vendiamo. E’ questa la nostra particolarità e la nostra unicità, che non esistono al mondo se non qui”.

Si richiede dunque uno sforzo corale per alimentare un valore che già esiste e di cui i produttori sono ben consapevoli. 

“Lo sforzo deve necessariamente essere corale per lavorare alla crescita del prodotto. Intendo l’offerta dei servizi, la ristorazione, le infrastrutture, la segnaletica, i punti di informazione, circuiti, percorsi, e tutte le attività sinergiche che esaltano il territorio in chiave paesaggistica. Bisogna marciare insieme per forgiare una imprenditoria matura che venga sostenuta dalle amministrazioni e dagli enti locali, e da tutti i soggetti del mercato”.

Lei ha già visitato il Piemonte? Come ha suggerito Balke, ha osservato i metodi adottati per il Barolo e le altre produzioni?

“Certo. In Piemonte però la percezione del valore dei terreni è superiore alla nostra, quindi sarà superiore il valore dell’intera filiera vinicola, anche se nelle crisi di mercato le oscillazioni possono abbattersi in maniera più violenta e drastica sui beni di maggior valore. La crescita deve essere armonica e solo così potremmo alzare il costo delle bottiglie”.

Qui, i vigneti di Castelfranci dominati da Montemarano in distanza.

Il prezzo finale del prodotto sul mercato è la sintesi di un corollario di elementi che concorrono parimenti alla definizione di un grande vino.

“L’etichetta deve esprimere una visione d’insieme, e non si possono avere nei o punti oscuri. Chi arriva da noi non viene solo per il vino, o solo per i formaggi, ma viene per godere di una esperienza di altissimo profilo, e una nota stonata si rivelerebbe soltanto controproducente con effetto contrario”.

Ha una sua proposta da candidare?

“Lavorare tanto sulla comunicazione interna e sulla cura interna del dialogo con l’intera rete dei protagonisti. Poi bisogna intervenire sul processo di formazione, che viene da lontano. Proporrei un forum pubblico-privato, in cui ognuno possa partecipare con grande umiltà e predisposizione all’ascolto, per poi giungere alla stesura di un disciplinare comune da cui strutturare una alleanza pubblico privata su tutti i temi che interessano il comparto”.

Propone un patto fra pubblico e privato?

“Gli imprenditori si devono impegnare per promuovere il territorio, e altrettanto dovranno fare le istituzioni, anche se questo impegno al momento non c’è. I programmi di sostegno alla filiera sono fallimentari, e si registrano ritardi nel trasferimento dei finanziamenti e nell’approvazione delle pratiche. Senza contare che sono state distribuite autorizzazioni a pioggia per impiantare vigneti, ma con l’assegnazione di appena 40 aree per ciascun richiedente”.

Che significa?

“L’assegnazione di un terreno di 40 aree equivale allo spazio di un giardino di una villetta che non consente di impiantare un vigneto. Questo comporta che molti decidono di aspettare invece di rendere produttivo l’intervento, e aspettano nuovi sostegni. Il Psr risulta fallimentare per la stessa logica e le produzioni restano ingessate. Si registra un ritardo abissale rispetto alle esigenze di mercato, e vacilla la politica che fa fatica a comprendere che rallentare un iter burocratico significa arrecare un grave danno a tutta la comunità”.

La burocrazia è un freno per lo sviluppo in questo momento?

“Siamo in una fase politica molto fluida, in cui non vige più il meccanismo delle clientele come si faceva un tempo. Oggi c’è una visione nuova e un approccio nuovo alle cose”.

Quindi…

“Le norme vengono scritte per essere manipolate opportunamente. Il Mezzogiorno ha sempre meno tempo per risollevare la testa, ma c’è una responsabilità nuova che deve rafforzarsi, che è quella della cittadinanza attiva. I cittadini sono le sentinelle attive e devo sollecitare la politica nazionale ed europea, ma anche quella locale. Niente favoritismi, ma un segnale che sollecita a fare gli interessi della comunità”.

Altro anello determinante per il comparto vinicolo provinciale è la formazione. 

La sede dell’Istituto Agrario Francesco De Sanctis di Avellino

Oltre all’Istituto Agrario- che peraltro si sta diffondendo in tutta la provincia- ad Avellino è in fase di completamento il polo enologico con la Federico II di Napoli e la Facoltà di enologia e viticultura. Lei cosa ne pensa?

“Lo sviluppo delle competenze tecniche non è stato affiancato dalla capacità di impegno delle risorse , nè dalla formazione sulla pianificazione degli investimenti. La cultura d’impresa è stata trascurata e in questo modo non si creano prospettive che garantiscono il decollo delle aziende”.

Gli stessi tecnici regionali hanno rilevato delle forti criticità nella concessione dei finanziamenti ai giovani che hanno concorso per le start up. E’ stato rilevato che molti, non avendo formazione d’impresa, non hanno saputo coniugare produzione e gestione, ritrovandosi indebitati con la Regione Campania. 

“I bandi regionali mancano della visione d’impresa e dell’imprenditoria. La valutazione del piano finanziario viene menzionata fra le ultime voci, perchè si privilegia l’età anagrafica, oppure il genere. Non ci si rende conto che fare impresa è tutt’altro e che il merito imprenditoriale è l’idea del business che implica il processo di costruzione del valore. Poi non mi meraviglio se si riscontra un alto numero di prestanomi: l’idea del progetto non viene considerata e questa è la vera stortura endemica che impedisce il funzionamento della filiera e la costruzione di una reale prospettiva di sviluppo”.

A breve ci sarà il rinnovo delle cariche all’interno del Consiglio d’Amministrazione del Consorzio di Tutela. Quale scenario si prevede?

“Sarebbe opportuno portare avanti una logica di continuità. Ma sarà bene accolto chiunque voglia impegnarsi nelle vicende del Consorzio, che assicuri costanza durante tutto l’arco del mandato e che voglia rappresentare tutti gli operatori di una platea oltremodo variegata. La dedizione delle persone valide è sempre gradita, e il mio seggio è a disposizione di chiunque voglia dedicarsi. I nuovi componenti dovranno trovarsi a prendere delle decisioni per conto della collettività e dovranno interpretarne la sintesi e le esigenze. Sarebbe giusto un avvicendamento per garantire la rotazione, ma è necessario mantenere la continuità di indirizzo nei processi decisionali”.

Intanto la platea dei produttori e delle cantine continua ad aumentare. Sarà difficile trovare la quadra e fare sintesi. 

“Se arriveranno 50 candidature sarà un fatto estremamente positivo. Bisogna andare oltre il CdA ma lavorare anche per comitati, per condividere attività e decisioni. La battaglia in difesa dell’areale del Greco di Tufo contro il biodigestore di Chianche ci ha uniti e reso più forti; c’è stata una svolta nella storia consortile e questa esperienza va valorizzata. Infatti siamo consapevoli oggi che il tema da affrontare non può essere la gestione dei rifiuti, ma la valorizzazione della risorsa ambientale che è una questione strategica generale”.


LEGGI ANCHE:

“Il Taurasi vino top al mondo”, parola di Paul Balke

Donne del Vino della Campania, eletta Valentina Carputo

Rifiuti, Mastroberardino blinda la “Verde Irpinia”: l’Ato rispetti la vocazione vinicola

Due vini irpini nella classifica di Forbes “migliori vini dell’anno 2018”

 

 

ARTICOLI CORRELATI