“Musica mentre. Favola rock a Dublino” di Carlo Crescitelli

Un appassionato omaggio all’Irlanda, filtrato attraverso un senso di nostalgia, una narrazione che si esplica attraverso la descrizione di luoghi, persone che non sono altro che l’immagine di se stesso frammentata, che si delinea attraverso le passioni che agitano i cuori di chi ha amato e praticato la musica in qualsiasi luogo del mondo

“Musica mentre. favola rock a Dublino” di Carlo Crescitelli. Un appassionato omaggio all’Irlanda, filtrato attraverso un senso di nostalgia, una narrazione che si esplica attraverso la descrizione di luoghi, persone che non sono altro che l’immagine di se stesso frammentata, che si delinea attraverso le passioni che agitano i cuori di chi ha amato e praticato la musica in qualsiasi luogo del mondo. Una Dublino segreta, forse la più suggestiva, magica e misteriosa delle capitali nordeuropee, percorsa metro per metro attraverso le emozioni e vissuta nell’ inestimabile tesoro della memoria.

In questa atmosfera particolare si innesta la vicenda di quattro musicisti, tre uomini e una
donna, diversi in tutto, che non si ricordano neanche i loro nomi, quattro facce di una
medaglia preziosa ma che sembra inutile, che devono arrivare alla sera del loro destino, in
cui hanno la possibilità di poter esordire sul palco che avevano sempre sognato,
sostituendo band affermate per concerti per i quali gli spettatori hanno già pagato il
biglietto. Tra fumo che sa di erba e fumi di nebbia i quattro musicisti si tengono insieme
come i passati che hanno vissuto, perché sono una band in attesa del futuro che li aspetta
dietro l’angolo, devono per forza sorreggersi l’un l’altro perché la missione è difficile:
esibirsi al posto dei Genesis.

Bimba è piccola di statura, il nome vero nessuno lo sa o non se lo ricorda, non parla più, si
infila le bacchette negli stivali e comincia a “saltiballare”, un neologismo fantasioso e allo
stesso tempo denso di un significato eccentrico, creato dall’autore; Gino è sordomuto, con
una risata particolare, M’sieu con le ciabatte sporche e vestito in modo eccentrico – il suo
soprannome deriva dal termine che pronunciano ai clienti i fattorini d’albergo – utilizza una
sorta di dialetto africano occidentale ed ha uno stile particolare che affascina tutti. Lord è
un vecchio con la coda di cavallo e la barba bianca, ha provato tutte le droghe possibili da
giovane.

E infine c’è Polo, chiamato così per la maglia che indossa sempre, polistrumentista e artista incompreso. Essi vogliono sembrare delle vere rock star per convincere tutti di esserlo, andando alla ricerca del successo : essi formano un’unica banda, ma si rendono conto di essere tutti soli con le loro personali sconfitte, ma ”la musica ti aiuta a riempire il tuo niente”. Prova a scacciare l’ansia e l’insoddisfazione interiore, mischiando “alcool e coraggio” nei languidi pomeriggi di malinconia autunnale, con vaschette di imprevedibili spezie e un boccale in mano. Nonostante tutto, riescono a capirsi e sono consapevoli che per essere felice, devi accettare il mondo e la vita com’è e imparare a camminare da solo, perché “la vita è fatta di cose che accadono mentre ne progetti altre”.

I musicisti capiranno presto di dover fare i conti con la rabbia del pubblico e con una città
che appare ostile, tanto che a farsi strada pian piano sarà il presentimento che questa
occasione improvvisa potrebbe essere l’ultima delle loro vite. Vi sono tante profezie che
costellano la narrazione, annunciate da irresistibili veggenti, mentre la realtà sembra
essere attraversata dal Caos, ciò che confonde le carte a cui inutilmente cerchiamo di
dare un ordine, che però ha il nome di una persona vera che col caos della sua mente ha
segnato un pezzo della storia della musica rock.

Il lettore si immedesima con i personaggi, tra monologhi, riflessioni, conversazioni mute,
racconti che emergono dal passato, sbronze, fumate, suoni, in un alternarsi di umorismo e
tristezza, mentre la magia che invece spaventa è quella invisibile, incontrollabile.
Storie inframmezzate da citazioni musicali che fanno da colonna sonora che l’autore
descrive con tratti vividi: il “Mentre” era ciò che accadeva mentre la pandemia
imperversava e in seguito con i tentativi di riprendere quanto era stato interrotto, per
aprire un varco, riannodando progetti spezzati con vecchie passioni.

A cura di Ilde Rampino

ARTICOLI CORRELATI