Alluminio Italia cresce e si espande a Nusco. Martinelli: con Fecs costruiamo eccellenze industriali al Sud

LO STABILIMENTO ALTIRPINO E' UN POLO PER IL CONFERIMENTO DELL'ALLUMINIO NEL MEZZOGIORNO. Intervista all'imprenditore di Sant'Angelo dei Lombardi che annuncia risultati oltre le stime e nuovi investimenti all'orizzonte. "La pandemia ci ha insegnato che non possiamo dipendere dalla Cina e che l'Europa deve tornare ad avere la sua politica industriale forte"

Alluminio Italia cresce e si espande a Nusco. Dal 2019 ad oggi Alluminio Italia ha superato le stime di crescita annunciate dal piano industriale. L’azienda guidata da Giuseppe Martinelli imprenditore di Sant’Angelo dei Lombardi che grazie alla società con il Gruppo Fecs di Bergamo guidata da Olivo Foglieni, oggi è uno snodo di conferimento dell’alluminio per tutto il Mezzogiorno d’Italia. “L’appartenenza ad un gruppo mondiale come Fecs ci ha dato moltissimo in termini di finanza e know how. Ma l’esperienza del Covid e la mancanza di materie prime acclarata nel vecchio continente impone all’industria un cambio di passo: l’Europa deve tornare a produrre, basta assemblare” ha annunciato Martinelli. “E il Mezzogiorno è una fucina determinante per capitale umano e possibilità di investimenti”.

Alluminio Italia cresce e si espande a Nusco. Martinelli, Lei ha consolidato la sua azienda anche durante a pandemia, che però ha prodotto dei cambiamenti e rivoluzionato i mercati. Cosa è successo?

“Tutti i grossi gruppi europei hanno conferito tantissimo materiale in Cina (lingotti e rottami), sia prima che durante il Covid. Col riciclo di materia prima, una parte viene destinata ad altra entità e quindi di fatto scompare. Noi subiamo criticità per la materia prima non solo in termini di prezzo, ma anche in termini di volumi. Le aziende europee erano completamente ferme e i prezzi cinesi erano più competitivi dei nostri. Avendo destinato importanti quantitativi in Cina, il materiale che prima circolava oggi non circola più nella stessa quantità. Parliamo nel nostro caso, di produzione di lingotti dal 95% da materia di riciclo”.

Alluminio Italia cresce e si espande

Alluminio Italia applica il criterio dell’economia circolare.

“L’economia circolare che adottiamo consiste nel riutilizzo dell’alluminio all’infinito. Ciò significa che le parti di riciclo sono molto ridimensionate. Quindi rivedere i progetti vuol dire che dobbiamo rivedere le nostre aspettative industriali e ritornare a produrre in Italia. Non possiamo più andare in crisi perché non siamo autosuffcienti. Ce lo ha insegnato la mancanza di mascherine, ovvero un prodotto poverissimo. Nessuna grande azienda aveva componenti. Quindi la Cina ha messo in campo una forte speculazione su questa debolezza dell’Europa”.

In che modo deve cambiare la strategia industriale?

“L’Europa deve avere un ruolo di produttore non più di assemblatore. Noi ad oggi siamo assemblatori: la visione dovrà essere ribaltata. Ben vengano dunque i sostegni a pioggia, purchè ci siano garanzie di un sostegno alla filiera in un contesto nostrano, non sconosciuto. Le aziende che per il 90% non producono in Italia ma in Cina, non possono essere finanziate da contratti di sviluppo. Devono garantire un prodotto interamente italiano. Il Made in Italy non può valere per i prodotti che derivano dalla tecnologia. In questo momento la Cina sta speculando sulla crisi dettata dalla pandemia per conquistare il dominio assoluto dei mercati”.

Nonostante il fermo produttivo imposto dalla pandemia, lei ha registrato numeri importanti che rilevano una crescita.

“I numeri sono positivi, ma non mi cullo. Ogni giorno cerchiamo di migliorare l’asset produttivo, perché siamo convinti che le aziende hanno inefficienze che se recuperate consentono grossi ritorni economici. Abbiamo al nostro interno 28 unità lavorative, quindi in linea con quello che era stato previsto. Sono stati raggiunti i fatturati programmati nonostante il Covid: in due anni di produzione sono stati raggiunti importanti volumi produttivi. Lavoriamo intorno al 95% di quella che è la nostra autorizzazione produttiva. Ed è in corso uno studio per efficientare al massimo l’azienda, con un piano d’investimento di circa 3milioni di euro che andrà a cambiare l’assetto strutturale. E’ in procinto un cambio di forni, di maggiore portata, con tecnologia finalizzata ad un importante efficientamento di risparmio”.

Il conferimento di alluminio della Denso

Quello che poi è l’indicazione della transizione ecologica.

“Vorremmo applicare la 4.0 nella fonderia. Vuol dire gestire in maniera programmata e informatizzata tutte le fasi del processo. Riguarderà sia gli strumenti, che le macchine che movimentiamo, i forni. Tutto avrà una logica di convergenza nella Industria 4.0. Si tratta di una grande innovazione dal punto di vista degli aspetti produttivi, ma andremo anche a migliorare la vita dei lavoratori, a tutela e salvaguardia delle maestranze. Oggi dopo due anni di formazione sono diventati a tutti gli effetti un patrimonio dell’azienda”.

Che ricaduta c’è stata sul territorio?

“Il territorio è predisposto per progetti sani e solidi, e che garantiscono un futuro. L’indotto che si riesce a creare sul territorio spalma 250mila euro al mese, fra stipendi ai dipendenti, logistica, consumi, manutenzioni. Una ricchezza che prima non c’era. Il nostro progetto ci ha dato garanzie enormi, e per questo incrementiamo la parte strutturale dell’azienda e quindi i flussi produttivi. Pensiamo di raggiungere una produzione mensile di circa 1800 tonnellate”.

Questa è una azienda che fin dalla sua apertura ha investito sulla salubrità ambientale.

“Abbiamo rivisitato l’Aia- Autorizzazione Integrata Ambientale- fatta su misura su Alluminio Italia. Ci siamo dotati di tutte le certificazioni: dalla Iso 9mila 1, Iso 14mila1 e in ultimo la 45mila1, ovvero una certificazione che procedura e disciplina la parte della sicurezza. Non abbiamo mai avuto incidenti durante le fasi lavorative”.

Giuseppe Martinelli al centro con Olivo Foglieni e Ciriaco De Mita a sinistra

L’aspetto determinante del successo di Alluminio Italia è il sodalizio bergamasco-irpino, che si sta dimostrando un metodo interessante di sviluppo per il Mezzogiorno.

“La fusione di energie produce sempre effetti positivi. Ho contatti quotidiani con il presidente Foglieni, perché dobbiamo condividere le varianti rispetto ai programmi che devono essere rimodulati. Uno sviluppo per il Mezzogiorno è possibile: se si lavora su una programmazione c’è spazio di crescita per tutti. Ma se si lavora a macchia di leopardo non si va da nessuna parte, perché le ipotesi di sviluppo rallentano e pregiudicano l’obiettivo finale”

Ci sono tanti giovani che hanno creduto nel suo progetto industriale.

“Ho sempre scommesso sui giovani, e ho trovato un riscontro molto positivo. L’importante è offrire delle garanzie di solidità. Lavorano in un’azienda che tutela il dipendente e da speranze certe per un futuro. Dobbiamo creare tutte le condizioni affinchè il dipendente venga messo nelle migliori condizioni per operare. Questa è la scommessa vincente di un imprenditore. Per il 2021 sono stati previsti investimenti per 800mila euro, a prescindere dai forni, e significa che questo aspetto è di prioritaria importanza. Un bravo imprenditore deve migliorare ogni giorno”.

Alluminio Italia cresce e si espande

Ha ampliato anche il portafoglio clienti, alzando l’asticella dei competitor.

“I miei competitor sono i grossi imprenditori e per questo devo azzerare le inefficienze. La sinergia con Foglieni ci ha consentito di dare e ricevere tanto. Il rapporto fra soci si consolida con i numeri e con l’affidabilità testimoniata dalle banche. Produciamo e vendiamo tramite il Gruppo Fecs a Fca, Teksid, Whirlpool, Bosh e altri clienti importanti. Abbiamo fondato il progetto sull’aspetto qualitativo, che fa la differenza e ci rende competitivi. Garantiamo uno standard elevatissimo di qualità e certificata, che ci rende credibili e autorevoli sul mercato”.

Alluminio Italia cresce e si espande

Una rappresentanza del nuovo consiglio direttivo dell’Asi di recente ha fatto visita agli stabilimenti di Nusco, insieme alla Sediver e alla Desmon. 

“Non solo una delegazione dell’Asi, ma anche diversi sindaci del comprensorio vengono a farci visita. Oggi siamo un fiore all’occhiello produttivo, anche per l’aspetto ambientale. Sono stati investiti circa 400mila euro in misure di tutela: non facciamo lavorare gli operai in fumo dannoso, abbiamo un ambiente adeguato all’uso. Anche questo costruisce credibilità”.

Quali sono state le vostre richieste?

“Non abbiamo la fibra, non ci sono le infrastrutture adeguate, non ci sono servizi. Per non parlare della penalizzazione delle infrastrutture ferroviarie, del tutto assenti”.

Chi conferisce qui a Nusco?

“Conferisce da noi tutto il centro sud: lavoriamo materiale destinato al nord come unico sbocco. Incameriamo 2mila tonnellate al mese di rottami di alluminio, che i termini economici rappresenta un costo per la logistica. La solidità dell’azienda è una ulteriore garanzia. Con la forza della vicinanza abbiamo creato un parco fornitori molto importante”.

L’imprenditore Giuseppe Martinelli

Ci saranno ulteriori espansioni?

“Pensiamo di incrementare gli investimenti tecnologici, cambieremo tutta la parte fusoria unitamente a tutto il parco movimentazione. È in programma un ampliamento dell’azienda, vorremmo costruire un nuovo capannone alle spalle. Stiamo consolidando ed efficientando il progetto originale in modo da farlo crescere. Vivere solo su questi numeri e quest’aria non saremo a lungo competitivi”

Quindi in che direzione sta guardano?

“Guardiamo al risparmio energetico e quindi all’incremento dei volumi. In proporzione la manodopera servirà di meno a produrrà di più. Con i dipendenti di oggi produciamo 1400 tonnellate di alluminio al mese, ma con gli stessi dipendenti e una fonderia innovativa ne produrremo 1800; con gli stessi consumi energetici si produce il 20% in più. Affiancare un cantiere predisposto alla lavorazione dei materiali. Aumentando volumi di produzione in fonderia dovremo aumentare i volumi di conferimento: passeremo dalle 2mila tonnellate al mese a 2mila e 600. Quindi più impianti significano più manodopera. Gli investimenti continuano e in maniera proporzionale dovranno ripagarci di ulteriori costi economici”.


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