«I Buoni spesa passano dai Comuni», Uncem: ecco come arriveranno

La nota dell'Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani: «Saranno i Sindaci a gestire gli aiuti e abbiamo fatto prevedere possano utilizzare, per supporto e operatività, i Consorzi o gli altri Enti che si occupano di socio-assistenziale». Protesta l'Unsic: confusione comunicativa del Governo

L’Uncem interviene sulla questione dei buoni spesa per spiegare che «i Buoni spesa passano dai Comuni» e le modalità con cui arriveranno ai cittadini. «I Buoni spesa passano attraverso la filiera degli enti locali», fa sapere l’Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani, che aveva rivolto al Governo una richiesta in questo senso. «Ringrazio il Ministro Boccia e il Capo Dipartimento Borrelli per aver accolto la nostra segnalazione, nell’Ordinanza sui buoni spesa, e di aver lasciato ai Comuni una buona autonomia nel gestire la ‘solidarietà alimentare’, i buoni spesa previsti sabato sera dal Governo con 400 milioni di euro». afferma Marco Bussone, Presidente nazionale Uncem.

Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte ha tenuto a Palazzo Chigi una conferenza stampa con il Ministro dell’economia e delle finanze, Roberto Gualtieri e, in videocollegamento, il Presidente dell’Anci, Antonio Decaro.

UNCEM: ENTI PICCOLI POTRANNO LAVORARE INSIEME E CON IL CONSORZI SOCIO-ASSISTENZIALI PER GESTIRE DOMANDE E ASSEGNAZIONI. «Saranno i Sindaci a gestire gli aiuti e abbiamo fatto prevedere possano utilizzare, per supporto e operatività, i Consorzi o gli altri Enti che si occupano di socio-assistenziale. Molti piccoli Comuni hanno la funzione sociale in forma associata, con l’Unione montana la Comunità montana». Nel merito, «l’80% del fondo, 320 milioni, è diviso fra tutti i Comuni in proporzione alla popolazione. Gli altri 80 milioni seguono la geografia della povertà, e sono distribuiti in base a un parametro che misura la distanza fra il reddito medio pro capite di ogni Comune e il reddito medio pro capite nazionale». Per questa ragione, «nessun Comune, nemmeno il più piccolo potrà ricevere meno di 600 euro. Le tabelle si possono scaricare dal sito Uncem.it: https://uncem.it/covid-19-agg-29-marzo-2020-lordinanza-sui-buoni-spesa-e-il-dpcm-sullanticipo-dellfsc-ai-comuni/».

Uncem, il logo dell’Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani

LA DESTINAZIONE DEI FONDI. I Comuni potranno usare questi soldi per l’acquisto di buoni spesa o per raccogliere direttamente generi alimentari di prima necessità da distribuire ai cittadini, fa sapere l’Uncem. «I Comuni possono aprire dei conti correnti dedicati per raccogliere le donazioni per la solidarietà alimentare. tutta la gestione è affidata ai sindaci, a cui vengono lasciate le mani libere: anche per l’acquisto dei buoni spesa, che potrà essere effettuato rivolgendosi direttamente agli esercenti e alla grande distribuzione». Per Marco Bussone, presidente dell’Uncem, «è importante permettere ai Sindaci, se lo vogliono – prosegue Bussone – di gestire in forma associata questa partita. I piccoli Comuni, in particolare con il personale in smart working, da soli non ce la fanno. I Sindaci possono usare il sistema del sociale, il terzo settore e anche le forme aggregative sovracomunali. Lo abbiamo chiesto e ottenuto per facilitare una missione complessa quanto urgente”.

MODALITÀ DI SELEZIONE DEI BENEFICIARI, CRITERI E COORDINAMENTO TERRITORIALE, BUSSONE: PROBLEMA NON È LA CIFRA: SIAMO AL LAVORO A FIANCO DEGLI ENTI. «Molti esponenti politici, nelle ultime ore, stanno stigmatizzando il provvedimento nazionale sulla solidarietà alimentare, perché secondo loro dotato di risorse non sufficienti», scrive in una seconda nota Marco Bussone. «Si tratta finora di 400 milioni di euro disponibili a livello nazionali, ripartiti agli Enti territoriali nell’Ordinanza oggi in Gazzetta Ufficiale, che i singoli Comuni possono implementare e per i quali è prevista anche un’implementazione con donazioni di privati, imprese e cittadini, associazioni. Il punto però non sono le tante o poche risorse. Il vero nodo che i Comuni stanno cercando di sciogliere è come gestire queste risorse. È infatti noto che i piccoli Comuni hanno gli uffici chiusi, il personale in smart working fuori dai municipi. Prima criticità, è appunto dove i potenziali beneficiari andranno a presentare la domanda. Secondo punto, sono i criteri e le modalità di assegnazione». Su questo fronte, spiega Bussone, «abbiamo suggerito ai nostri Comuni di lavorare insieme, a livello sovracomunale con le Unioni montane o le Comunità montane. E di agire insieme agli enti gestori dei servizi sociali, a Caritas o altre associazioni che da sempre gestiscono per l’acquisto l’assegnazione di pacchi alimentari ai non abbienti, utilizzando i negozi dei paesi, di prossimità. Ecco perché il punto non è la quantità di soldi disponibile. Chi dice che il problema è questo si informi meglio. L’operazione dei buoni spesa è molto complessa e servono indicazioni e criteri che i Sindaci stanno costruendo anche con il supporto di Uncem».

«SUI BUONI SPESA I PROVVEDIMENTI RIGUARDANO I COMUNI», UNSIC: ATTENZIONE ALLA CONFUSIONE. Sulla questione interviene anche l’Unsic, Unione nazionale sindacale imprenditori e coltivatori, organismo che attraverso i suoi 2.100 Caf e 600 Patronati è coinvolto direttamente nei servizi di assistenza ai cittadini. «I nuovi provvedimenti messi in atto dal governo a favore dei Comuni per far fronte ai bisogni degli strati sociali più deboli, pur confermando la volontà di essere attivi nell’emergenza coronavirus, nel contempo mostrano un disordine comunicativo che rischia di generare ansia ed equivoci», afferma Domenico Mamone, presidente dell’Unsic. «Innanzitutto in larga parte si tratta di un semplice anticipo di fondi ordinari, che non aumenta la disponibilità di cassa e di bilancio degli enti locali – continua Mamone. «Inoltre si sovrappone una varietà di strumenti, dal reddito di ultima istanza di 600 euro da richiedere all’Inps a questo nuovo programma alimentare che probabilmente ogni comune impiegherà secondo le diverse condizioni e capacità». Per Mamone «quest’epidemia sta mostrando le lacune storiche del nostro sistema di sicurezza sociale: il susseguirsi di provvedimenti indica questo. Di fatto, anche come organizzazione che coordina sportelli di servizio agli imprenditori, ai professionisti e ai cittadini, rileviamo che quei lavoratori che si trovano in condizioni di precarietà, inclusi moltissimi piccoli imprenditori e professionisti, non trovano davanti a sé un chiaro percorso di sostegno».


LEGGI ANCHE:

«Garantire salute e pane al Sud d’Italia», De Luca: ridare i soldi alle famiglie (anche a chi lavorava nel sommerso)

Un’impresa irpina su 2 è ferma per il Covid-19: a casa 32.840 addetti. Camera di commercio: diamo aiuto col credito

Buoni spesa dal Comune a Montoro con la rete solidale

Un fondo per la povertà in Alta Irpinia dall’Ambito A3

ARTICOLI CORRELATI