Criminalità ad Avellino, Controvento: la politica chiamata a scelte radicali

L'Associazione: di fronte alla realtà fatta emergere dalle inchieste della magistratura è necessaria una generale e immediata assunzione di responsabilità

La crescita della criminalità ad Avellino impone per l’Associazione Controvento una assunzione di responsabilità alla politica, che è chiamata, scrivono gli attivisti in una lettera aperta, «a scelte radicali». Di seguito il testo integrale della riflessione sulla criminalità ad Avellino e sulle sue implicazioni nel tessuto sociale, che Controvento ha diffuso agli organi di informazione e alle forze politiche.

Uno scorcio di Avellino dall’alto

Nota della Associazione Controvento Avellino

I primi risultati dell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia che ha portato alla luce l’esistenza di un intreccio perverso tra camorra e politica nella città di Avellino non possono non allarmare chiunque intenda difendere la legalità e la democrazia. Gli arresti, gli avvisi di garanzia, i colloqui intercettati dagli inquirenti raccontano di una città che ha rischiato di essere stretta in una morsa perversa e di piombare nella fase più torbida e oscura della sua storia: gli ultimi inquietanti avvenimenti – bombe, avvertimenti, aggressioni, minacce e intimidazioni – ne sono terribile conferma. L’associazione “Controvento” è ora più che mai convinta che questo sia il tempo delle scelte radicali. La Magistratura e le forze dell’ordine continuino nel loro corso, fino alla certezza del giudizio. Ma non si può delegare soltanto a loro il ruolo di protagonisti.

Il Presidente dell’Associazione Controvento Generoso Picone. Con lui al tavolo Gennaro Bellizzi

Chi amministra la cosa pubblica ha il dovere – che già dovrebbe guidare i suoi comportamenti – di assicurare, senza equivoci e senza inutile retorica, l’assoluta trasparenza in ogni atto che produca e in qualsiasi gesto che compia.  Chi si cimenta nella pratica politica ha il compito prioritario, se non unico, di liberare i luoghi in cui opera dalle presenze di personaggi sul cui conto pesa il pur minimo sospetto di adesione all’azione dei clan malavitosi. Ciò non è avvenuto nei tempi recenti, che hanno visto invece stringersi intese e accordi di reciproca convenienza per spartirsi quel poco che resta della città di Avellino e della provincia irpina.

Non è avvenuto, segnatamente, per la Lega, che ad Avellino, secondo le prime risultanze delle indagini, era diventata il riferimento della camorra. Così mentre il suo leader Matteo Salvini veniva acclamato anche ad Avellino c’era chi si circondava e si giovava delle collaborazioni di boss e aspiranti tali.

Valga questa immagine per chi, in questi mesi, ha guardato alla Lega come all’occasione politica da utilizzare per difendere i propri interessi. A chi, anche e purtroppo negli ambiti della società civile, ha ritenuto che il neopopulismo sovranista salviniano potesse rappresentare l’ennesimo ombrello assistenzialista sotto il quale insediarsi. Antonio Gramsci definiva questi comportamenti con il sovversivismo delle classi dirigenti. Una lezione che ora sarebbe opportuno riprendere.


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