"Nell'Italia al bivio il Mezzogiorno rischia il declino", l'ex deputato Luigi Famiglietti lancia un monito: "Il Pd ritrovi unità tra la gente"

“Nell’Italia al bivio il Mezzogiorno rischia il declino”. L’ex deputato del Partito Democratici, Luigi Famiglietti, auspica che “il Pd che ritrovi unità tra la gente” e non teme una nuova scissione. L’ex premier e segretario Matteo Renzi ha ripreso la scena nazionale in risposta all’evoluzione della crisi aperta nel governo, spiega in questa intervista, alla vigilia di scelte cruciali, tra possibili elezioni politiche anticipate e una governo con M5s e Leu. Quanto alla vicenda irpina, lancia il suo monito per la apertura del Pd irpino alla partecipazione: “Troppi due commissariamenti in pochi anni, è tempo che venga fuori una classe dirigente espressione del territorio”.

In queste ore la crisi di Governo aperta dal Ministro degli Interni Matteo Salvini obbliga le forze politiche presenti in Parlamento a mettere in campo le migliori strategie per arginare quella che lui stesso ha definito la “capitalizzazione del consenso”. Quali sono gli scenari possibili?

“Lo scenario è ancora confuso, a causa della evidente forzatura della Lega che ritiene appunto di capitalizzare il consenso alla luce dei sondaggi, e di prendersi il Governo del Paese per avere le mani libere. E’ chiaro che siamo di fronte al fallimento del Governo 5Stelle-Lega e che è venuto meno il contratto che avevano sottoscritto. Salvini però non ha considerato che si potesse produrre un avvicinamento fra Pd e 5Stelle, come sta avvenendo proprio in queste ore”.

Il Premier Giuseppe Conte comunica nella conferenza stampa a Palazzo Chigi la apertura della crisi di governo indicando nella Lega l’unica responsabile della fine della collaborazione gialloverde

La riunione dei capigruppo di ieri ha confermato questo orientamento.

“Si sta creando un fronte numerico fra Pd, 5Stelle e Leu, ma si dovrà verificare in futuro se il fronte numerico coinciderà poi con quello politico: l’obiettivo è frenare l’avanzata delle Destre ed evitare che si vada subito al voto, per rispondere alle scadenze che l’Europa ci impone e per impedire l’aumento dell’Iva”.

Luigi Di Maio

Al Pd conviene tentare l’ennesimo governo istituzionale?

“Già in passato il partito ha messo la faccia su governi tecnici, come con il Governo Monti, ma alle urne è stato punito. Interesse prioritario oggi è la conquista della destra e blindare le elezioni del Presidente della Repubblica nel 2022. Non dimentichiamo che la Lega sta per chiudere l’accordo con Meloni e Berlusconi, e in caso di elezioni avrebbero quasi il 100% dei collegi uninominali”.

Però non si può giustificare la frenata alle urne per impedire alla Lega di conquistare da solo il Governo.

“Assolutamente no. Bisogna costruire l’alternativa in questo Parlamento e tornare alla situazione di partenza, quando dopo il voto del 4 marzo è sfumata l’alleanza fra il Pd e i 5Stelle. Il Parlamento resta invariato, ma si cambia alleanza, per approvare la legge di stabilità nel modo più indolore possibile e dando vita ad un Governo di servizio per il Paese, assumendoci anche i rischi di una punizione poi alle urne. Gli italiani dovranno tenere a mente che la Lega ha staccato la spina quando il Governo avrebbe dovuto prendersi la responsabilità di rispondere delle perdite create con Quota 100 e reddito di cittadinanza”.

Graziano Delrio allora Sottosegretario con l’ex Premier Matteo Renzi e il deputato Luigi Famiglietti

Cosa pensa delle indiscrezioni trapelate sulla fuoriuscita di Matteo Renzi dal Partito Democratico?

“Indiscrezioni che non trovano smentita, ma non credo che sia una cosa auspicabile per il partito in questo momento, in quanto c’è bisogno di unità. In queste ore c’è molto tatticismo, e Renzi è uscito dall’angolo per recuperare il suo ruolo sulla scena. Non ci sono alternative: o si va al voto o si costruisce una nuova maggioranza. E su questa linea si sono espressi anche Zingaretti e Goffredo Bettini, pronti a valutare se ci sono i margini per mantenere la legislatura con i 5Stelle. Sono ore in cui tutto può cambiare”.

I sondaggi riportano un crollo dei 5Stelle, che in questo frangente avrebbero tutto l’interesse a restare al Governo con un nuovo alleato.

“I 5Stelle sono in caduta libera, hanno interesse a costruire un’alleanza con noi ma hanno un problema di fondo con la loro base. Oggi più che mai devono assumersi delle responsabilità. Quanto all’alleanza, il Pd dovrà valutarne i rischi: con le elezioni rischierebbero di soccombere, mentre in caso di assunzione di responsabilità di Governo, dovrebbero ottenere la garanzia di un accordo durevole nel tempo, e con un atteggiamento diverso da parte loro. Ci sono ancore troppe incognite”.

Un momento della riunione di insediamento presso il Coordinamento provinciale del Commissario provinciale del Pd irpino, Aldo Cennamo. Nella foto, da destra a sinistra: Enzo De Luca, Gianluca Festa sindaco di Avellino, Giuseppe Di Guglielmo ex segretario provinciale, Michelangelo Ciarcia Presidente dell’Alto Calore Servizi, poi, Luca Cipriano

Come vivrà il Pd di Avellino questo passaggio? Gli iscritti saranno convocati per aprire una riflessione condivisa?

“Sarebbe il momento di cercare un confronto con la base, gli amministratori e gli iscritti. In provincia di Avellino si vive una situazione particolare, che ha visto il partito commissariato per la seconda volta in breve tempo. Personalmente, avrò sicuramente contatti con i rappresentanti dei partiti sul territorio per avviare una riflessione su quanto sta accadendo”.

C’è chi accusa il Pd di aver rinunciato al rapporto con la gente. Il prezzo lo paga la politica?

“La politica deve recuperare credibilità e serietà. I cittadini si stanno accorgendo del fatto che con i comportamenti adeguati si raggiungono risultati; con analisi e proclami ‘da bar’ no. Se si vincono le elezioni ma non si dimostra competenza i problemi si ingigantiscono. E’ necessario recuperare il dialogo con la gente, ma soprattutto si deve ridare dignità ai partiti, ricostruire le organizzazioni deputate a interagire con i corpi sociali per offrire soluzioni. C’è molto da lavorare si questo punto: negli ultimi tempi è maturata la necessità di ricostruire le comunità partito, ma le iniziative estemporanee, o le continue campagne elettorali, non portano a niente. Se il partito è stato commissariato per ben due volte significa che si continua a dare scarsa attenzione al collettivo, con una corsa esasperata all’individualismo”.

Poi c’è il Mezzogiorno. Viene evocata la nascita di un partito del Sud, per contrastare il primato economico e politico del Nord, ma anche come rivendicazione e riscatto. Lei cosa ne pensa?

“Non penso si debba immaginare un partito del Sud, ma un partito nazionale forte, che abbia al primo posto dell’agenda politica il Mezzogiorno. Non sostengo le tesi di rivendicazione storica alla Pino Aprile per intenderci, nè la nascita dei movimenti neoborbonici, nostalgici di una ritorno al passato che nei fatti non è mai esistito. Se siamo a questo punto, la responsabilità è imputabile ad una classe dirigente meridionale che si è accontentata delle briciole del Nord e non ha pensato allo sviluppo del Sud”.

«L’Autonomia differenziata minaccia l’Unità del Paese». Un Odg di Cgil, Cisl e Uil per i Sindaci. Il Quirinale

E ora deve fronteggiare il rischio del Regionalismo differenziato nel Mezzogiorno…

“L’obiettivo è frenare in ogni modo la deriva autonomista, per rimettere il Sud al centro dell’agenda, ma non con un’azione rivendicazionista: bisogna far capire al centro nord che lo sviluppo del Meridione è funzionale all’economia nazionale. Nel Partito Democratico ad Avellino”.

C’è anche un problema di classe dirigente politica nel Mezzogiorno? Si stenta ad affermare personalità nazionali addirittura anche nelle gestioni commissariali dei partiti, penso al Pd degli ultimi anni commissariato negli anni scorsi ad Avellino e a Napoli con dirigenti non locali. Che ne pensa?

“Effettivamente la maggior parte dei dirigenti politici del partito sono del centro nord e quindi spesso quando si è dovuto ricorrere a commissariamenti, sono stati individuati dirigenti non provenienti dal Mezzogiorno. Nell’ultima occasione però è stato scelto Cennamo che è un autorevole figura del partito di Napoli: del resto quando si commissaria una federazione è sempre preferibile individuare figure distaccate rispetto al territorio”.

Anche la Lega ha nominato un coordinatore lombardo alla guida del coordinamento campano, ignorando di fatto, le dirigenze locali. Il Sud è poco credibile?

“Passa un messaggio alterato rispetto alla realtà, di scarsa capacità degli uomini del Sud a guidare in questa fase i processi politici. C’è una scarsa conoscenza del Sud, dove molto può nascere”.

Perchè non si afferma una leadership meridionale?

“È stato fatto un grande errore del Pd, che ha tenuto tante energie positive e capaci ai margini. Questo è sicuramente un altro obiettivo importante in questa fase: individuare sul territorio figure importanti che rivestano i ruoli nel partito, fra iscritti e simpatizzanti, per costruire una vera rete politica che sia in grado di occuparsi delle periferie e riammagliare il tessuto sociale”.

L’aula di Palazzo Madama, sede del Senato della Repubblica

Lei è stato eletto nel 2013 e si è candidato nuovamente nel 2018. Immagina di mettersi in gioco per le regionali del 2020?

“Sono sempre a disposizione del partito, ma per ora non immagino alcuna candidatura. Del resto da quando è finita la campagna elettorale per le politiche non sono stato coinvolto nelle scelte del partito. Non ho partecipato all’ultimo congresso provinciale e poi non sono mai stato interpellato nè dal segretario provinciale, nè dalla Presidente del Consiglio Regionale che ha di fatto guidato la federazione nell’ultimo periodo, e sono tornato sul partito in occasione dell’arrivo del commissario Cennamo, che mi aveva interpellato prima di accettare la sua nomina e al quale ho manifestato la massima disponibilità a collaborare. Non sono stato coinvolto nel merito delle scelte politiche che sono state compiute, nè ho avuto l’onore di essere coinvolto nelle decisioni che hanno riguardato le amministrative per la città di Avellino – che peraltro non ho condiviso. Al congresso c’è stata una forzatura, e non ho più messo piede nella sede di Via Tagliamento”.


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