Matteo Renzi, Presidente del Consiglio dal 2014 al 2016

Renzi gela la Lega: “Prima stop all’aumento dell’Iva e poi voto”. Tocca a Mattarella sbrogliare la matassa in cui la Lega ha incredibilmente impigliato la propria leadership, ma soprattutto il Paese. In pochi giorni il Carroccio ha mostrato agli italiani un volto ben diverso da quello che aveva fruttato il 34 per cento dei voti alle elezioni europee. Dominatore assoluto nel governo, ma anche nelle Camere, dove su Moscopoli e Decreto Sicurezza bis aveva costretto i Cinque Stelle ad una resa totale e incondizionata, in pochi giorni ha perso molti dei suoi punti di forza: il muro giuridico edificato lungo i confini marittimi per bloccare l’arrivo dei profughi in Italia; la premiership morale in un governo che appariva ormai assoggettato agli occhi della pubblica opinione. Ora è costretto a riconsiderare la sua stessa strategia. In queste ore il Ministro dell’Interno si dice pronto a lasciare il Viminale pur di poter ottenere elezioni immediate. Ma l’ex Premier ha fiutato il disagio del Paese per l’abdicazione e non molla la presa, contando anche su gruppi parlamentari favorevoli. Per ora il segretario Zingaretti resiste, ma si espone ad un grosso rischio, individuato dal suo principale alleato, l’ex Ministro Dario Franceschini, che lo ha messo in guardia al momento senza esito.

Alessandra Ghisleri, sondaggista italiana. È la direttrice di Euromedia Research

VENTO INCERTO NEL PAESE. La mossa della Lega sarà valutabile alla luce degli eventi parlamentari e istituzionali dei prossimi giorni. Tuttavia ci sono prime letture delle conseguenze in atto nella percezione pubblica. Colpisce l’analisi di una tra le maggiori sondaggiste italiane, Alessandra Ghisleri, secondo la quale la crisi di governo può cambiare tutto, anche i numeri delle tendenze registrate negli ultimi mesi. Per Ghisleri “gli italiani sono sempre più turbati a causa della crisi del governo” per ciò che potrà determinare nella vita della gente comune. Il 36% degli italiani si dice preoccupato e manifesta timore per due questioni in particolare: l’aumento dell’Iva e la possibile abolizione degli 80 euro in più nelle buste paga,  introdotti dal Governo Renzi nel 2014. Nel dibattito politico si è sempre voluto minimizzare l’impatto degli 80 euro, per contenerne i ritorni elettorali possibili a beneficio di una parte politica, il Pd. Ma questa misura riguarda le tasche di 10 milioni di lavoratori, persone che votano. Ecco l’intervento tempestivo di Matteo Renzi, che a differenza di Nicola Zingaretti siede nel Senato dove si discuteranno le mozioni di sfiducia contro il Ministro dell’Interno e il Premier. Pronto a rilanciare la necessità di salvaguardare gli 80 euro, in queste ore Renzi avverte che il voto non potrà esserci se non si disinseriscono le clausole di salvaguardia, bloccando l’aumento dell’Iva. Renzi legge l’allarme di una parte dell’opinione pubblica per una prospettiva di instabilità a sorpresa creata dal partito in questi mesi capace invece di affermarsi agli occhi degli elettori come la forza della stabilità e dell’ordine: La scelta della crisi fatta del Carroccio potrebbe nelle prossime settimane essere letta come il frutto di un mero calcolo politico. Su Iva e 80 euro si mettono in discussione gli interessi di consumatori e famiglie. Renzi prova a rilanciare la sua chance di leadership intercettando questi segnali.

Un momento del Consiglio dei Ministri convocato a Reggio Calabria nella sede prefettizia (Foto da governo.it). Con il Premier Giuseppe Conte, a sinistra il Ministro dell’Interno Matteo Salvini e a destra il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti

LEGA CAUTA. GIORGETTI (COME RENZI) EVOCA IL QUIRINALE. A trarre di impaccio il leader potrebbe essere il più stimato e considerato dirigente del Carroccio, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti. “Bisogna prendere atto della situazione e dare la palla al presidente della Repubblica, come dice la Costituzione”, ha dichiarato alla Rai, rispondendo alla domanda di un cronista.  “A noi sembra naturale e scontato andare a nuove elezioni”, perchè “prima le elezioni si fanno, prima ci sarà un nuovo governo legittimato dal popolo che deciderà cosa fare”, ha aggiunto. Una bella marcia indietro rispetto a chi aveva preteso il voto a metà ottobre per “ottenere i pieni poteri”.

Dario Franceschini, Stefano Fassino e Graziano Delrio durante il, confronto a Cortona di Areadem, settembre 2018

NEL PD FRANCESCHINI MEDIA TRA RENZI E ZINGARETTI (CHE PER ORA DICE NO E RISCHIA DI ANDARE IN MINORANZA TRA I SUOI GRUPPI PARLAMENTARI). L’ex Ministro dei Beni Culturali torna nel frattempo in campo. Dopo le esternazioni di Matteo Renzi, preoccupato di salvaguardare la leadership del segretario nazionale, Nicola Zingaretti, memore di quanto accadde nel 2013 con Pierluigi Bersani. Da sempre sostenitore del dialogo con i 5s in funzione anti Lega, Franceschini accoglie lo spunto di Matteo Renzi, ma lo invita a rientrare nel solco di un confronto organico. Nel partito c’è una prima levata di scudi da parte dell’ex Ministro Carlo Calenda, così come del Popolare Pierluigi Castagnetti. Franceschini sembra consapevole che l’ex Premier non punta ad una alleanza con i Cinque Stelle, né ad intestarsi la responsabilità di una manovra finanziaria lacrime e sangue. Al contrario, a differenza di quanto avvenne nel 2011 con l’esperienza del Governo Monti, in questo caso non si tratta di tassare, ma di impedire con l’aumento dell’Iva l’inserimento della tassa recessiva per definizione, quella che colpisce i consumi, il Pil, la crescita in termini di sviluppo e posti di lavoro. Si tratta di una manovra spiegabile alla pubblica opinione, che l’attende. Il problema di Franceschini è di spiegarla al partito, trovando il modo di mettere insieme Renzi e Zingaretti, senza far sembrare il Governatore del Lazio un incrocio tra Pierluigi Bersani e Enrico Letta di qualche anno fa. Nelle evoluzioni della giornata il segretario del Pd prova a resistere alla opzione messa in campo dall’ex  Premier, ma tra i senatori Nicola Zingaretti rischia di andare in minoranza. Al di là dei numeri, tutti a favore di Renzi, trascinare il Paese al voto sulla spinta della Lega non convince le rappresentanze istituzionali dei Dem, che colgono anche nell’opinione pubblica sbigottimento per questa crisi sotto l’ombrellone. Cresce tra senatori e deputati del Nazareno la volontà di farsi trovare pronti all’appello che tutti si attendono dal Capo dello Stato nelle prossime ore.

IL MINISTRO DELL’INTERNO CONTESTATO IN PUGLIA A POLICORO E IN CALABRIA A SOVERATO. TENSIONE AL SUO COMIZIO DI CATANIA. Non si può certo dire ora quali conseguenze avrà sull’elettorato la scelta della Lega di affossare il governo. Qualche segnale negativo si registra nella piazza. Tensioni in Basilicata per il Ministro dell’Interno, più accentuate a Soverato, in Calabria, dove in provincia di Catanzaro prima dell’intervento il leader del Carroccio ha subìto la sfida di un gruppo di contestatori, quasi arrivato sotto il palco, arginato dalle forze dell’ordine, con la Polizia costretta a proteggere il Ministro con un cordone di sicurezza, tenendo la gente a distanza. È mancato anche l’audio per il danneggiamento dell’impianto. Un episodio, certo, che contrasta con il clima registrato nelle piazze intorno al leader della Lega. In precedenza altra contestazione anche a Policoro, in Puglia. Momenti di tensione anche a Catania, durante l’incontro di Matteo Salvini in Comune a piazza Duomo. Alla pattuglia di contestatori hanno risposto i sostenitori. Si parla di contatti, oltre che di grida e slogan.

L’aula di Palazzo Madama, sede del Senato della Repubblica

LA CRISI RIDÀ CENTRALITÀ AL PARLAMENTO (AL SENATO): LO SCENARIO. Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha rinunciato a dimettersi nelle mani del presidente della Repubblica per lasciare spazio al Parlamento, dove comunque per prassi costituzionale la crisi sarebbe finita per rinvio del Quirinale. Stavolta (almeno ad agosto) la crisi si gioca in un Parlamento per la prima volta protagonista dal suo insediamento. Questa è già una notizia in una Legislatura che si era aperta con ben altri proclami. In realtà è una necessità per consentire alle parti di confrontarsi di fronte al Paese senza temere accuse di inciucio  Ma questo scenario non è favorevole a chi la crisi l’ha aperta. La Lega, dopo i titoli e le prime pagine di giovedì e venerdì in queste ore comprende che non sara facile mettere in pratica l’Opa su Governo e istituzioni. Teme il gioco di sponda tra Pd e Movimento Cinque Stelle contro il Carroccio. La risposta dei Democratici e dei Pentastellati è stata istituzionale. Il dialogo avverrà alla luce del sole nei prossimi giorni e settimane nelle aule parlamentari. Per ora giocano di rimessa, è vero, ma per usare una metafora calcistica possono approfittare dello sbilanciamento all’attacco dell’avversario, che nell’impeto dell’assalto ha trascurato la difesa. Rischia di perdere due pilastri del suo successo la Lega: il ruolo critico nel governo, che ha sottratto spazio alle opposizioni; il controllo diretto sulle politiche di contrasto alla immigrazione. Questi due strumenti, straordinariamente adoperati finora, potrebbero essere persi rapidamente, pregiudicando consensi. Nel primo caso, oggi non c’è più un governo nella pienezza dei suoi poteri al quale fare le pulci. Visto che il suo Premier è oggetto di mozione di sfiducia da parte del Carroccio, la Lega non potrà alimentare il conflitto per screditare l’alleato scomodo. Ma in questo modo, rischia di perdere il controllo del Viminale, finora vitale per le strategie comunicative. Il rischio è immediato e può realizzarsi in due modi. Subito, se passerà (lunedì nella conferenza dei capigruppo) la richiesta del Pd di discutere la mozione di sfiducia contro il Ministro (circostanza che riporterebbe al centro del dibattito l’inchiesta di Moscopoli, finora tenuta fuori dall’agone politico). A breve, se davvero Giuseppe Conte si dimetterà per mano della Lega. In quel caso, anche se si decidesse per elezioni in autunno, il Quirinale non potrebbe consentire l’esercizio degli affari correnti (con il controllo sulla macchina organizzativa del voto) ad un ministro che ha sfiduciato il suo stesso governo. Appare evidente il successivo appello alle forze politiche per un esecutivo di scopo (tecnico guidato da una personalità esterna senza ministri politici, oppure sostenuto da una maggioranza istituzionale, da Leu e Pd ai centristi, fino al Movimento Cinque Stelle, al netto di altri soccorsi, per esempio dalla diaspora in atto da Forza Italia).

Carlo Sibilia, Sottosegretario di Stato e deputato dell’M5s

CANDIDATURE, PER ORA POCHI ASPIRANTI. DOPPIO MANDATO 5S, DOPO UN SOLO ANNO DI LEGISLATURA IL PROBLEMA NON C’È. Sono pochi i potenziali candidati pronti a correre in caso di elezioni anticipate. Si cercano nomi per schieramenti non ancora delineati, peraltro in un quadro in evoluzione. Comprensibile la cautela dei papabili. Uscenti a parte, al momento non si registra un particolare entusiasmo tra candidabili o aspiranti potenziali. C’è troppa confusione e incertezza sul quadro politico, oggi ben diverso da quello scaturito dopo le elezioni del 4 marzo. Quell’equilibrio non c’è più, ammettono molti commentatori, che non sembrano a proprio agio nel ricostruire lo scenario nuovo: bipolarismo o tripolarismo? Con quale legge elettorale si voterà? Il taglio dei seggi parlamentari proposto dai 5s potrebbe essere il grimaldello per imporre un proporzionale puro in extremis. Nel frattempo in casa Cinque Stelle dovrebbe risolversi il problema della ricandidabilita per i parlamentari giunti alla soglia dei due mandati. In caso di voto anticipato, a Legislatura largamente incompleta, non ci sarebbe bisogno di una deroga per Carlo Sibilia ed altri. Non si può parlare di secondo mandato, non avendo maturato nemmeno la metà del quinquennio.


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