La Mennulara di Simonetta Agnello Hornby

Invito alla lettura per questa settimana. Storia di una donna e di come il suo sconvolgente segreto, mai rivelato a nessuno, abbia segnato il suo destino

LA MENNULARA di Simonetta Agnello Hornby è l’invito alla lettura per questa settimana. Un personaggio, denso di umanità, ma anche permeato di contrasti: avvicinandosi il momento della sua morte, viene chiamato il suo medico, il dottor Mendicò, che la conosce da anni e le è rimasto sempre amico; quando entra nella sua stanza, permeata da una religiosità quasi monastica, ripensa a quella donna, la Mennulara, che ha dovuto lottare tutta la sua vita contro la cattiveria della gente. Da quel momento in poi la sua vita verrà scandagliata fin nei suoi minimi particolari, è accusata ingiustamente di infamie mai commesse e sospettava di aver accumulato ricchezze in modo illegale. Domestica di una famiglia benestante, è riuscita a conquistarsi una certa autonomia, diventando amministratrice dei terreni della famiglia presso cui lavora, salvandola dalla bancarotta e riscuotendo la rendita delle campagne, dimostrandosi “femmina coraggiosa”che pagava il giusto ai contadini e perciò veniva rispettata. Questo suo atteggiamento le aveva creato molti problemi, ma soprattutto aveva attirato nei suoi confronti la rabbia dei figli del padrone, che, pur avendo scialacquato il patrimonio familiare, si preoccupavano soltanto delle dicerie della gente, per salvare le apparenze e avendo come unico interesse l’eredità. Profondo è l’attaccamento e il rispetto che la Mennulara provava nei confronti degli Alfallipe tanto da cercare di salvaguardare in un certo senso il concetto di famiglia, accogliendo la signora a casa sua e dando ai figli della padrona uno stipendio mensile che dovevano andare a prendersi per costringerli a far visita alla propria madre. Enorme scandalo aveva provocato il fatto che la famiglia Alfallipe decise di pagare le spese del funerale e ciò aumentò i contrasti tra i figli del padrone, che si sentirono defraudati dei loro diritti e soprattutto del loro denaro, contribuendo a diffondere pettegolezzi velati di invidia e una sorta di maledizione nei loro confronti, definendola “selvaggia era e selvaggia rimase”. Attraverso le reminiscenze dei vari personaggi, descritti con estrema accuratezza, si rivela la profonda complessità psicologica della protagonista, creatura inquieta nel corpo e nell’anima, cresciuta nella miseria e costretta, sin da bambina, a diventare responsabile, andando a servizio presso alcune famiglie e mantenendo così economicamente la madre e i fratelli dopo la morte del padre. Questa difficile condizione di vita le aveva trasmesso un forte senso di dignità e il desiderio di apprendere, ma soprattutto aveva imparato a difendersi dai soprusi. Tra le pagine del libro aleggia la presenza non troppo occultata della mafia che tiranneggiava con il suo potere i braccianti: significativo è il ruolo che avev la Mennulara, sfidandoli con lo sguardo, senza paura mostrando tuttavia rispetto: sarà notata da tutti, con un misto di terrore e di incredulità, al suo funerale, la presenza del capomafia Don Vincenzo, a difesa della sua reputazione, che avvalorerà maggiormente i sospetti della gente. L’influenza della Mennulara nella famiglia dei suoi padroni “ senza la cui approvazione non si prendevano decisioni” si rivela nel loro tentativo fallito di appropriarsi dei soldi che lei distribuiva mensilmente ai figli degli Alfallipe, il che scatenerà la loro aggressività. Ognuno cerca di scoprire qualcosa di losco nella sua vita e questa diceria comincia a diffondersi a macchia d’olio, insistendo sul fatto che lei ha avuto fortuna, non acume nella sua attività di amministratrice. Un elemento importante di questa vicenda è il valore che le famiglie benestanti davano all’apparenza, ad alcuni riti tradizionali, come il “passìo” per mostrarsi o ai “pomeriggi musicali” che si tenevano nei vari salotti, che non erano altro che occasioni per mostrare l’argenteria e sparlare della Mennulara, soprattutto quando dopo la sua morte arriva una lettera scritta da lei che forniva indicazioni su alcuni vasi di collezionisti, che crea sconcerto in tutti. Le uniche due persone che soffrono per la morte di Mennù, come veniva chiamata con un certo disprezzo dai suoi padroni, riferendosi al suo lavoro di raccoglitrice di mandorle, sono la vedova Alfallipe e sua figlia Lillà, che le era in un certo senso legata, poiché considerava la propria famiglia “senz’anima”. La Mennulara si rifiutava di parlare italiano, non aveva un’istruzione, ma voleva che gli altri si realizzassero: lei aveva cercato di farsi una cultura, ascoltando Orazio Alfallipe, il suo padrone,ma anche il suo punto di riferimento che aveva dato a lei, un’umile cameriera, la possibilità di amministrare addirittura le sue terre, dandole un ruolo importante. L’avidità e la brama di potere dei figli del padrone causa la distruzione dello studio del padre alla ricerca di vasi preziosi a  furibonde liti che sfioreranno anche in alcuni casi il ridicolo. Le confidenze a cui si lasciano andare i suoi vecchi amici, il dottor Mendicò e Padre Arena, rimandano al lettore l’immagine della Mennulara piena di rabbia verso Dio, profondamente sola e soggetta a subire angherie e soprusi, ma lei ha dovuto celare sempre i propri sentimenti: la Mennulara, con il suo sconvolgente segreto, mai rivelato a nessuno, aveva segnato il suo destino.

Ilde Rampino

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