La Via Crucis vivente di Vallata, un rituale che si rinnova da mezzo millennio

A Vallata è il giorno del 478esimo Venerdì Santo, al culmine dei riti che preparano la Pasqua. Dal 1541 i vallatesi sfilano per la cittadina rievocando le scene della flagellazione e della morte di Gesù. Secondo la tradizione locale, la riproduzione della Passione di Cristo iniziò quando la comunità ebraica del luogo decise di convertirsi al cristianesimo. Da allora si ripete, generazione dopo generazione. Sfilerà anche la spada di Ben-Hur, quella usata da Charlton Heston nel colossal cinematografico hollywoodiano girato in gran parte a Cinecitta. Come le altre armi utilizzate sulla scena, proviene da set o è stata fabbricata da artigiani del posto. Oggi la seconda e conclusiva “processione” di quest’anno. Tra tradizione e credo, folklore e forte spirito di appartenenza al territorio, la comunità vallatese si presenta all’esterno attraverso l’appuntamento che scandisce il tempo. La Pasqua e la “processione” (ai vallatesi non piace parlare di Via Crucis né di rappresentazione), è il periodo centrale per la vita del paese. Attesi circa 10mila visitatori per l’appuntamento che, da queste parti, rivendicano essere il più importante e significativo della provincia. I dettagli con il responsabile Comunicazione del “Venerdì Santo” di Vallata Francesco Cataldo.

A differenza della tradizionale Via Crucis, qui il programma si divide in due momenti distinti. Quali?

“La peculiarità nostra è che non facciamo la Crocefissione ma solo la flagellazione il Giovedì Santo. Venerdì la processione inizia alle 11 di mattina. Dura tre ore circa e il Cristo viene portato morto”

Si tratta di un appuntamento religioso?

“C’è molto molto folklore e tradizione. Ovviamente dipende anche da chi e come intende viverlo. Molte persone la vivono con devozione. Altre si soffermano su altro. Di suo la processione, che ha un origine storica e di conversione, è molto legata ad una tradizione locale”

In che senso?

“Ad esempio ci sono aspetti che non potremmo mai trascurare. Chi vuole partecipare in modo attivo deve essere di Vallata o figlio di qualcuno del posto. Tutti si fanno crescere la barba perché è requisito fondamentale per partecipare. Nel passato poi chi aveva alle spalle anni di partecipazione, poteva ambire a ruoli per così dire, di primo piano. Insomma si faceva ‘carriera’”.

Come vi preparate all’evento?

“Lavoriamo per tre mesi. Le armi non sono in fitto. Molte sono state realizzate a mano da artigiani locali. Altre sono state acquistate a Cinecittà. Tra le altre abbiamo la spada di Ben Hur. Molte sono in ottone fuso, di grande pregio”

Perché ci sono gli incappucciati? Cosa rappresentano?

“In qualche modo si coprono per non farsi notare. Cioè si vogliono rendere anonimi rispetto ai simboli che portano tra le mani i ‘misteri’, oggetti che simboleggiano momenti cruciali della Passione come il gallo. C’è anche un arazzo, il Gonfalone della morte, che risale alla fine del 1600”.

E’ sicuramente la “processione” più antica. Cos’altro la distingue dalle altre manifestazioni inerenti la Passione che ci sono in Irpinia?

“Non è recitata. Il giovedì c’è una voce fuori campo. Il venerdì ci sono i cantori della Passio Christi di Metastasio del 700. Versi che si tramandano oralmente da secoli. Secondo me è la più bella”.


LA TRADIZIONE ATTRAVERSO LA FOTOGRAFIA: LA MOSTRA DEL 2015

La mostra ‘Ecce Homo’ allestita nel 2015 in occasione del Ferragosto a beneficio degli emigranti di ritorno nel periodo estivo, ricostruisce l’ambientazione storica del 1541, l’anno in cui la comunità ebraica di Vallata si è convertita al Cristianesimo. Le immagini ritraggono circa 200 figuranti e mettono a confronto le foto scattate negli anni, a testimonianza del radicamento di un evento storico di portata regionale. Sono 15mila infatti le presenze registrate in paese lo scorso aprile, in occasione dell’appuntamento delle festività pasquali.



Nei secoli una tradizione che si rinnova attraverso le generazioni a Vallata

di Redazione

In vista della settimana santa, Vallata diventa teatro di uno dei riti pasquali più antichi dell’intero Mezzogiorno d’Italia, e alza il sipario sullo storico Venerdì Santo. Segnalato dai media nazionali come l’appuntamento pasquale per eccellenza, l’evento è stato segnalato anche dal sito del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, come meta di straordinario interesse turistico. Vallata rinnova, dal 1541 una Via Crucis particolarmente suggestiva, con duecento centurioni romani, tele settecentesche, i “misteri” e i cantori della Passio Christi di Metastasio. Migliaia di fedeli, turisti e curiosi raggiungono il piccolo paese non solo dalla Campania, ma anche dalla vicina Puglia e da ogni angolo d’Italia. Il 24 e il 25 marzo, il borgo irpino celebrerà i tradizionali riti della Morte e Resurrezione di Cristo, nei giorni di Giovedì e Venerdì Santo. Il 1541 sarebbe l’anno della prima attestazione storiografica, secondo la quale la fiorente comunità ebraica, stabilitasi in paese e dedita al commercio di bestiame, lungo la rotta verso la vicina Puglia, si convertì al cristianesimo e come prima prova della conversione prese parte a tali rappresentazioni. La passione di Cristo viene ricordata con una commossa rievocazione, lontana dalle rappresentazioni sacre così diffuse nel medioevo. Il Venerdì Santo a Vallata rappresenta quel momento magico di incontro tra religiosità e tradizione; dove il momento religioso oltre a non essere ignorato dalla moderna realtà vallatese, è vissuto nel suo aspetto più mistico. La tradizione vuole che i giovani si vestano da soldato romano in costume da littore o da centurione, come prova di iniziazione attraverso l’esibizione fisica. Per questi giovani, la maggior parte ancora imberbe, che cominciano ad affacciarsi alla vita adulta, indossare una corazza e sfilare tra la folla, che assiste al lento dipanarsi della rappresentazione religiosa, rappresenta un’occasione in cui anche loro denunciano la propria esistenza alla comunità. Nota caratteristica era invece l’asta pubblica che si accendeva per portare l’aquila, perché rappresentava per i giovani il pezzo più ambito della rappresentazione, in quanto rappresenta il simbolo della potenza di Roma imperiale. Oltre ai simboli del potere romano, sfilano i cosiddetti “Misteri”, oggetti simbolici, e tele settecentesche, di antica fattura, rappresentanti le scene della vita e della morte di Cristo, con frasi del racconto evangelico di San Giovanni. Animano la processione due numerosi “Squadroni”, uno dei piccoli e uno dei grandi, formati da giovani del paese con armatura romana al completo, preceduti, il piccolo squadrone, dall’ Aquila latina con due alabardieri e dalla guida e, il grande, da Cesare Imperatore con Lictores, capo squadrone e Pilato. Partecipano alla Processione circa duecento figuranti. Il passo di tutti è cadenzato dal ritmo di un suono caratteristico di tromba e tamburo, che contribuisce a creare un ambiente di commossa riflessione sul grande mistero di dolore di Cristo. Questa meditazione è ulteriormente sollecitata da alcuni “cantori”, che in squadre di cinque o sei elementi, cantano i versi della “Passione di Gesù Cristo” di Pietro Metastasio, che il poeta compose nel secondo periodo della sua vasta produzione, periodo caratterizzato dal suo melodramma ispirato a sincera devozione e slancio mistico. I versi, per la loro scarsissima diffusione letteraria, sono stati per anni tramandati oralmente o attraverso incerti scritti; per cui avevano preso un forte accento dialettale risultando incomprensibili alla maggioranza degli astanti. Tuttavia, le suggestioni della musicalità, della gestualità e dei vocalismi riescono a creare un indiscutibile e meraviglioso effetto. Chiudono la processione il feretro del Cristo morto circondato dai medici del paese e l’Addolorata circondata da bambine con bandierine listate a lutto. L’appuntamento dunque è per il 24 marzo, quando all’imbrunire, dopo la funzione religiosa con la consueta lavanda dei piedi, si svolgerà la suggestiva processione “aux flambeaux” del Giovedì Santo, con cattura, condanna e flagellazione del Cristo. L’indomani, venerdì 25 marzo, alle ore undici prenderà il via la cinquecentenaria processione del Venerdì Santo o del Cristo Morto.


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