Fine settimana di fibrillazione per la firma dell’intesa tra Italia e Cina sulla “Via della Seta”. Rimbalzo di opinioni tra entusiasti e scettici. Quel che è certo è che si ridisegna uno scenario economico globale dove i canali di transazione delle relazioni tra Stati si sviluppa e si arricchisce di nuove sinergie. L’Irpinia guarda e osserva con attenzione all’accordo con la volontà di capire cosa e come cambia l’economia locale. Dall’agroalimentare all’industria meccanica. Riportiamo l’analisi di Valentina Giacobbe, sinologa di Flumeri.
Visto dalla provincia di Avellino, l’accordo commerciale tra Italia e Cina che riflessi può avere per le imprese che operano in Irpinia? in che misura e cosa cambia?
«Come come nel resto d’Italia ci sono imprese locali che commerciano con la Cina. Al punto in cui siamo, cioè alla cornice di una intesa che va riempita di contenuti, da noi come nel resto del Paese si attende di vedere quali evoluzioni avranno questi accordi. Comunque, tutto è da guardare con ottimismo ed entusiasmo perché ritengo sia importantissimo essere i primi firmatari dell’accordo, significa porci in una situazione privilegiata per gli sviluppi futuri».
Cambiano gli equilibri economici dunque.
«Sicuramente la situazione geopolitica mondiale ed economica sta cambiando. La situazione europea, esasperata dalla Brexit, ci pone nella condizione di dover cercare ulteriori partner internazionali. L’Unione Europea ha iniziato a guardare ad Est siglando una serie di accordi con il Giappone a gennaio di quest’anno. Gli accordi con la Cina sono un’ulteriore prova dello spostamento della bilancia commerciale e politica ad Est. Si tratta di accordi già avviati dal precedente Premier Paolo Gentiloni e portati alla firma dall’attuale governo. L’export crescerà molto, parliamo di 7 miliardi destinati alle esportazioni verso la Cina. Questo è un volano per l’economia italiana e locale. La Cina ha una classe medio-alta in aumento disposta a spendere per il Made in Italy».
In cambio la Cina cosa ci chiederà?
«La Cina sta investendo moltissimo. Il ritorno viene stimato nell’aumento della capacità di influire sulle dinamiche mondiali. Si tratta di integrare l’ordine globale con le pratiche di governo e gli interessi nazionali».
In cosa cambieranno le relazioni economiche con la Cina?
«Ci sarà una forte partecipazione di aziende italiane nella realizzazione di infrastrutture. Sarà realizzata la viabilità che servirà ad unire i due punti estremi dell’Eurasia e Finmeccanica, tra le altre, sarà interessata. Molte aziende italiane hanno già iniziato a firmare accordi. Fondamentale è l’emissione dei “panda bond”, obbligazioni in yuan destinate agli investitori cinesi per finanziare le imprese italiane attive in Cina».
Nel dettaglio, cosa definisce l’Intesa?
«Per una questione culturale tipica di Pechino, il modo di concepire un negoziato è opposto rispetto al nostro. L’accordo è l’inizio, la negoziazione prosegue nel tempo. E’ un divenire. Ci saranno continui accordi. Rientra nella loro cultura e nel modo di fare affari e politica».
Agli Stati Uniti non è piaciuto il Memorandum…
«Collegare l’Eurasia significa rafforzarsi e incidere sugli equilibri geopolitici. E’ normale gli Stati Uniti guardino quasi con paura. L’Italia è la base USA nel Mediterraneo e gli americani hanno paura di perdere la forte influenza nei nostri confronti. Ma noi siamo liminali e la Cina sta investendo in modo importante. Questi accordi, unitamente ad una forte propensione al soft power in salsa cinese, farà la differenza sugli equilibri mondiali futuri».
Il ministro Matteo Salvini ha auspicato cautela rispetto alla sicurezza nazionale e alla nostra privacy…
«Credo si possa correre insieme, lavorare a brevetti in ottica di collaborazione senza temere nulla».
Cosa consiglierebbe alle nostre imprese. Ci sono margini per le piccole e medie imprese, oltre che per i grandi player pubblici?
«Tutto quello che riguarda lo stile e il gusto italiano ha chance, ma occorre prepararsi ai numeri che possono essere richiesti. Occorre osservare e cogliere le opportunità quando sono mature. Agroalimentare, moda, artigianato hanno possibilità».
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