La lezione di Di Nunno e l’idea di una nuova Polis

A quattro anni dalla scomparsa del sindaco di Avellino e giornalista Rai, le testimonianze e le riflessioni degli amici, dei colleghi e dei protagonisti di una stagione politica ed amministrativa, nel convegno organizzato dal giornale L'Irpinia. Un punto di partenza per gettare uno sguardo critico sul futuro.

Il programma elettorale presentato da Antonio Di Nunno nella campagna 1995 in nome del Partito Popolare Italiano. Al secondo turno con la convergenza del Pds nacque il Centrosinistra ulivista nel solco dell'esperienza nazionale di Romano Prodi

In una stagione in cui la dimensione pubblica è in crisi, bisogna trovare riferimenti concreti a cui guardare, per ripartire.

E’ questo il contributo che viene dal convegno organizzato dal giornale L’Irpinia, che in occasione del quarto anniversario della scomparsa di Antonio Di Nunno, ne ricorda la figura di sindaco della città di Avellino e di giornalista, raccogliendo testimonianze e riflessioni di protagonisti della vita sociale, culturale, amministrativa, politica e del mondo dell’informazione, che lo hanno conosciuto da vicino. (Leggi l’intervista)

La dedizione e la passione sincera, unite alla conoscenza dei problemi e alla capacità di guardare in avanti, hanno reso Di Nunno, nella professione come nel ruolo istituzionale, un esempio di credibilità e rigore.

L’esercizio della memoria, dunque, non è solo uno sforzo per mantenere vivo il ricordo di una persona alla quale si è legati da affetto o dalla condivisione di un’esperienza o di uno slancio ideale, né unicamente uno strumento per la ricostruzione storica dei fatti e dell’identità di una comunità, ma una risorsa alla quale attingere, per aprire un varco nella sterile realtà del tempo presente.

Nel giornalismo, come nella politica o in ogni altro ambito della vita civile, ma ancor più nelle relazioni sociali ed interpersonali, si avverte un decadimento generale, un deficit etico e di contenuti.

Va, quindi, ricostruita un’idea nuova di polis, che superi egoismi, veleni, autoreferenzialità ed opportunismi, per aprirsi ad una rigenerata azione collettiva.

Ma non bisogna commettere l’errore di esprimere giudizi sull’oggi e sul passato, in maniera uniforme ed acritica, senza cioè analizzarne i dettagli e distinguerne le differenze. Altrimenti si rischierebbe di non cogliere energie e segnali positivi nell’uno o, al contrario, di trascurare aspetti deleteri nell’altro.

Tanto per esser chiari, anche negli anni dell’esperienza di Di Nunno, in cui si registravano fermenti interessanti e speranze, lo scontro con il sistema di potere non solo era presente ed evidente, tanto da determinare la fine di quel percorso (anche a causa di complicità che potevano apparire inaspettate), ma aveva ed ha condizionato costantemente le scelte ed i destini di una comunità e di un territorio.

Il riscatto sociale e civile, dunque, parte dall’affrancamento da vecchi gioghi e da nuove omologazioni.

L’attuale scenario politico nazionale e locale non è affatto confortante, ma soltanto una cittadinanza consapevole ed autocritica può determinare nuove condizioni di agibilità.

E’ sulla solidità delle proposte e sulla coerenza dei percorsi che andrebbero valutati progetti, rappresentanze politiche ed istituzionali e classi dirigenti.

Una città, un territorio che però non si riconoscano in una dimensione collettiva, difficilmente potranno vincere la sfida.

 

 

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