L'assessore Teresa Mele (a sinistra) con alcuni colleghi in occasione del brindisi di fine anno il 31 dicembre 2016. Accanto a lei: Anna Carbone, Maria Elena Iaverone, il Sindaco Paolo Foti e Costantino Preziosi

«C’è persino chi ha messo in dubbio che la programmazione del Pics e dell’Area vasta fosse ascrivibile all’amministrazione Foti. L’esecutivo purtroppo fu abbandonato al suo destino da chi avrebbe dovuto difenderlo, a cominciare dal Pd, finendo successivamente anche al centro di una volgare guerriglia sui social». E’ l’amara riflessione che Arturo Iannaccone, ex assessore ai Fondi europei del Comune di Avellino, propone mentre torna d’attualità il lavoro avviato dalla giunta di cui ha fatto parte, spesso finita nel mirino di polemiche e veleni.

Arturo Iannaccone, già assessore nella precedente amministrazione guidata da Paolo Foti

Nei giorni scorsi è stato sottoscritto in Regione il Programma Integrato Città Sostenibile. Un risultato importante. E presto dovrebbe riprendere l’iter del Protocollo d’intesa dell’Area vasta.

«Fortunatamente il Pics, con i suoi 18 milioni di investimenti, è stato definitivamente approvato. Un importante intervento di riqualificazione della città e di promozione delle attività produttive. Il Protocollo, invece, ha subìto ritardi dovuti a lungaggini burocratiche, che non sono imputabili ai sindaci dei 46 Comuni che hanno aderito, ma anche a causa di azioni interdittive incomprensibili e politicamente immorali, messe in atto da chi non vedeva di buon occhio l’Area vasta, temendo che potesse essere un successo dell’amministrazione Foti».

Un progetto che prevede un finanziamento di 100 milioni di euro. Quale fu la strategia di base?

«Abbiamo definito l’ambito territoriale seguendo gli orientamenti della Commissione europea sui programmi dedicati alle città e conurbazioni di medie dimensioni, prevedendo quattro asset di intervento, che ricalcano le misure previste dal Por, dall’innovazione all’ambiente, allo sviluppo urbano sostenibile. Ai finanziamenti diretti del Protocollo vanno poi aggiunti quelli delle azioni integrative e gli investimenti sulle tratte ferroviarie del nostro territorio, già garantite dalla Regione e da Fs, in funzione dei quali molti interventi sono stati strutturati».

Non sono però mancati critici ed avversari dell’Area vasta.

«Sì, è vero. Ma in molti casi si è trattato di critiche gratuite ed infondate. Tutte le meschinità però stanno venendo al pettine. In realtà, l’Area vasta di Avellino non era che un pezzo della strategia complessiva. Avevamo immaginato e mosso anche i primi passi, per delineare un Piano delle aree interne, insieme al Comune di Benevento, per poter incidere maggiormente in uno scenario dove i grandi numeri e le zone costiere la fanno da padrone».

A chi ha sempre sostenuto che il Piano degli interventi non avesse una cifra precisa, come risponde?

«La programmazione è stata costruita attraverso una consultazione di tutti gli attori del territorio. L’impegno è stato notevole. Il vero punto di forza del Piano è il modello di sviluppo integrato adottato. Senza contare che ci siamo aperti al confronto anche con gli altri comprensori, per giungere ad un coordinamento delle azioni di tutti gli strumenti di programmazione. Mi riferisco in particolare al Progetto pilota dell’Alta Irpinia, ma abbiamo dovuto registrare una netta indisponibilità. Insomma, atteggiamenti già visti»

A cosa si riferisce?

«Qualcuno, ancora una volta, ha voluto tenere sotto scacco il capoluogo, per evitare un confronto paritario e gestire il proprio orticello. Si sono scontrate due concezioni: da una parte una certa politica che vuole gestire direttamente finanziamenti e progettazioni, dall’altra gli enti locali che danno dignità alla dimensione istituzionale».

La ripresa del lavoro amministrativo della giunta Foti, peraltro necessaria a garantire una continuità alle attività istituzionali dell’ente, la considera comunque una sorta di riconoscimento tardivo della vostra azione di governo?

«In qualche misura sì. E’ singolare che le critiche più feroci negli anni scorsi siano venute proprio sul disegno complessivo e sulla presunta assenza di una strategia di rilancio del capoluogo. Adesso pare che la prossima campagna elettorale si giocherà proprio sulla ripresa della nostra programmazione».

Sul piano politico non c’è un passaggio di testimone?

«L’eredità non è stata raccolta perché ci troviamo ormai di fronte ad una terra di nessuno. I partiti si sono dimostrati incapaci di governare la dimensione comunale. Lasciamo però un segnale di autonomia rispetto a determinate logiche, che potrà essere fatto proprio da un progetto civico, l’unica risposta possibile al fallimento della politica. Anche noi concorreremo a questo processo, con Rete civica per l’Italia».

In che modo?

«Non solo presentando la nostra proposta, ma cercando di costruire un polo civico più ampio. Bisognerà prima definire il perimetro dell’aggregazione e la piattaforma programmatica. Soltanto dopo si potrà scegliere il candidato sindaco. Per quel che ci riguarda non abbiamo alcuna preclusione, ma siamo pronti ad indicare qualche nome».

 

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