Arminio: l’Ue a Matera premia la paesologia. Irpinia distratta

INTERVISTA ALLO SCRITTORE, POETA E PAESOLOGO FRANCO ARMINIO. Mentre Matera alza il sipario su uno dei più amati siti dell'elenco del Patrimonio Unesco e accende i riflettori su tutta la Basilicata, l'Irpinia arranca nella costruzione di ponti e dialoghi con la Capitale della Cultura Europea. Antesignano della dottrina del recupero della vita nei luoghi dimentichi dai fumi delle grandi città e della scansione tecnologica della vita, Arminio apprezza il riconoscimento europeo della paesologia

Con l’accensione dei riflettori internazionali su Matera 2019, si apre per l’Irpinia l’occasione di alzarsi dal ripiegamento su se stessa e tentare di catturare pochi raggi della luce riflessa che si irradia in tutta la parte orientale della provincia. In queste ore, associazioni e amministratori stanno cercando di ridurre al minimo le distanze che intercorrono fra i piccoli paesi che occupano la cerniera fra la Campania, la Puglia e la Basilicata e la Capitale della Cultura Europea 2019, per entrare nella raggiera del circuito turistico della cittadina lucana. Gioca in solitaria invece, lo scrittore e paesologo Franco Arminio, che in Basilicata ha precorso i tempi e ha fondato il Festival di Aliano, ma è anche il promotore del Progetto Pilota delle Aree Interne. Strenuo sostenitore della valorizzazione e recupero delle aree interne, ha fondato da poco la Casa della Paesologia a Bisaccia, suo paese natale, che considera un laboratorio di pensiero e un contenitore in grado di accogliere e sintetizzare esperienze vissute altrove. Conversazione con lo scrittore che ha descritto le Aree Interne come la dimensione autentica anche per l’uomo tecnologico.

Matera capitale europea della cultura 2019

Arminio, con la celebrazione di Matera e dell’entroterra lucano, si afferma anche la sua dottrina filosofica e sociologica sulla valorizzazione delle aree interne, che ha precorso i tempi e costruito una nuova branca umanistica, la paesologia. Quante affinità insistono fra Matera e l’Irpinia?

“Siamo terre affini, senza dubbio. Soprattutto la parte orientale della provincia: immagino Calitri, Bisaccia, Aquilonia, che in realtà sono pezzi della Lucania, come testimoniato dalla cultura alimentare, dall’antropologia e dal dialetto. Il minimo comune denominatore è senza dubbio la cultura contadina, che è stata premiata proprio con il riconoscimento di Capitale della Cultura Europea”.

La costruzione di ponti per accorciare le distanze chilometriche si rende una necessità.

“Le relazioni che si vorranno instaurare dipenderanno dalle aperture e dalla capacità di dialogare da parte dell’Irpinia, ma anche di Matera stessa. Bisogna ammettere che la cultura del Sud non è particolarmente collaborativa: le regioni stesse hanno creato dei confini che sono dei freni, ma sono solo fittizi, perchè non ci sono interruzioni geografiche. Tutt’altro. L’Abbazia del Goleto ha diversi elementi in comune con le chiese rupestri materane”.

Il riconoscimento assegnato a Matera però arriva da lontano, e l’Irpinia è in forte ritardo rispetto ad una possibile programmazione di eventi da collegare a Matera.

Il borgo storico di Calitri

“I sindaci dovrebbero capire invece che è possibile agganciare la scia che inonderà Matera per il 2019, ma anche negli anni a venire. Bisogna creare ponti e relazioni, concordare un turismo all’altezza della situazione. La stessa Regione Campania dovrebbe spingere per stringere accordi con la Basilicata, e affiancare un pezzo di Irpinia nella costruzione di ponti”.

L’amministrazione calitrana è partita nel 2017 con la stesura di un accordo fra il Comune e la Fondazione Matera 2019, ma anche con l’Università della Basilicata, assumendo il ruolo di ‘porta irpina’ alla Città dei Sassi.

“Calitri è una porta per tutta la regione, non solo per l’Irpinia, che è una terra di cerniera fra Matera e Napoli, e può sfruttare tutta la sua centralità geografica. Questa è l’occasione per pianificare l’espansione delle mete turistiche provinciali che oggi rappresentano appena lo 0,78 per cento del flusso turistico regionale. Una condizione davvero mortificante per noi”.

La prima meta lucana dopo la Città dei Sassi è Aliano, che ha costruito la sua visibilità grazie al Festival che lei ha ideato già da diversi anni, e che ha prodotto un forte incremento turistico.

“Il Festival di Aliano è la seconda meta turistica in Basilicata, ed è nato prima di Matera 2019. Oggi registra un flusso di turisti importanti, che arrivano da ogni parte d’Italia e d’Europa. Aliano è stato valorizzato grazie al Festival è vero, ma le persone vengono per ammirare il territorio, che è il vero protagonista”.

Capossela durante un concerto (foto di Michele Annechini diffusa dagli organizzatori)

In Irpinia l’evento Sponzfest legato a Vinicio Capossela ha costruito un flusso importante, che però non ha ancora generato il meccanismo turistico automatico utile ad attrarre presenze durante tutto l’anno.

“In Irpinia oltre a Vinicio non ci sono altri eventi, e manca un cartellone unico come espressione dell’intero territorio. La cultura politica vigente pratica ancora il protagonismo, persegue altre chimere. L’ambizione del posto fisso e l’assistenzialismo democristiano ha svuotato questi territori di protagonismo e si fa fatica ad immaginare di costruire da sè qualcosa. Noi abbiamo avuto anche dei grandi personaggi politici che hanno dettato la metrica socio- culturale, mentre Matera arriva da tutt’altra storia. L’Irpinia poi ha avuto il terremoto del 1980, che è un marchio forte”.

Continui.

“Siamo turisticamente marchiati. Quest’area è oggetto di interesse degli architetti, ma non di altri. A questo bisogna aggiungere che manca l’idea della ‘bella Irpinia’, ed è per questo che non possiamo competere turisticamente. Di certo non mi aspetto che di turismo si possa vivere, perchè nemmeno Roma vive di turismo, ma bisogna moltiplicare gli sforzi”.

In che modo?

“Intanto ci vogliono politiche di promozione intelligenti. I sindaci devono capire che è necessario dare valore alle risorse che abbiamo. Io non vedo un grosso lavoro in questo senso, nè promozione della rete dei castelli irpini, nè altro. Abbiamo tanti nomi illustri da spendere, ma nessuna amministrazione o associazioni disposta a lavorare per costruire qualcosa di duraturo”.

Bagnoli Irpino dall’alto

Si riferisce a Sergio Leone a Torella? A Ettore Scola a Trevico?

“Non solo. Benissimo la valorizzazione di Sergio Leone e Ettore Scola, ma non dimentichiamo che è il Comune di Bagnoli Irpino a tenere il filo per bussare alla porta di Matera, con Pasolini e il Laceno d’Oro. Sarebbe un percorso possibile, così come sarebbe auspicabile che Monteverde- che è stata nominata Città più Accessibile d’Europa- accenda i riflettori sul Castello Grimaldi- Ranieri e inviti ufficialmente Alberto di Monaco, per costruire un rapporto con Montecarlo”.

Il Principe Alberto di Monaco

A Bonito, l’associazione Boca e l’amministrazione comunale hanno allestito il museo dedicato alla famiglia Ferragamo, e hanno chiesto la collaborazione della Fondazione dedicata a Salvatore Ferragamo.

“E’ necessario un atteggiamento meno rigido e più creativo. Questo territorio ha bisogno di dinamismo e cose anche estemporanee. Io metterei a bando 100 case irpine sparse nei centri storici più suggestivi da affidare a 100 personaggi personaggi famosi. Il territorio sarebbe sotto i riflettori, e le contaminazioni con altre città sarebbe costante. Il problema è che manca una cabina di regia e la Provincia è stata declassata ad ente di secondo livello: spetta ai comuni esporsi”.

Lei è una voce autorevole della letteratura internazionale sullo spopolamento delle aree interne. Cosa vede dal suo personale osservatorio irpino?

“Ho girato un breve video su Lacedonia che andrà in onda sul Corriere della Sera, in cui propongo un racconto delle atmosfere sull’isolamento, il processo di degrado dell’Italia interna e la sfiducia che si respira”.

Lei è stato ascoltato come stakeholder dal comitato nazionale della Strategia per le Aree Interne con l’ex Ministro per la Coesione Sociale Fabrizio Barca. Cosa pensa della rotta che sta seguendo la sperimentazione in Alta Irpinia?

“Ritengo che la parte della costruzione del progetto stesso sia troppo lunga: parliamo di una sceneggiatura infinita e un film che non inizia mai. Il Progetto nel suo complesso ha un buon impianto, e non bisogna dimenticare che si tratta di un percorso nazionale, per cui io ho piena fiducia. Il problema è iniziare, mentre le discussioni si possono affrontare in corso d’opera, non il contrario, perchè le guerre di posizione ci sono sempre”.

La platea istituzionale del Progetto Pilota dell’Alta Irpinia in una assemblea tenuta presso la sede della Comunità Montana a Calitri durante la fase preliminare istruttoria iniziata nel 2015

A quattro anni dalla prima assemblea generale, il parterre di amministratori arranca a costruire l’idea di Città dell’Alta Irpinia e stenta a concertare una pianificazione allargata. 

“Il ritardo si registra in tutta Italia, e l’Irpinia è come le altre regioni. La costante è il ritardo, ma bisogna mettersi a lavoro per accelerare il passo. In Alta Irpinia non sono stato coinvolto, quindi non ho responsabilità dei processi, mentre in Basilicata sono il responsabile del progetto, ed è stato coinvolto il Gal Montagna Materana con 26 comuni. In Campania invece, il partner scelto è Invitalia”.

Qual è l’impronta che lei ha dato al progetto pilota lucano?

“L’agricoltura. In Basilicata come in Irpinia la vocazione è la zootecnia, e mi sorprende sempre non trovare più vacche podoliche a spasso per le strade. Il futuro qui è la produzione di qualità legata alla trasformazione con la chiusura della filiera”.

Lei sostiene che l’industria abbia snaturato la vocazione del posto?

“L’industria pure ci vuole, non sono contrario. Mi spiace il fatto che non si guardi alla realtà in maniera oggettiva. Le pale eoliche di Bisaccia sono la più grande industria della provincia, se non della regione, ma il territorio è grandemente povero. Questo è il paradosso. L’Irpinia d’Oriente è uno dei presidi industriali più grandi d’Italia, e se messe con criterio, le pale avrebbero costruito ricchezza. Le risorse ci sono, ma manca la capacità di sfruttarle”.

La sede dell’Ambasciata italiana a Washington

Lei insegna all’Università di Camerino ed è stato da poco negli Stati Uniti, dove ha relazionato davanti ad una platea gonfia di studenti avidi di conoscenza. Come si guarda all’Italia dall’altra parte del globo?

“L’Italia vive un momento di grande depressione, è sfiduciata e viene vista come un Paese invecchiato, impaurito, timoroso. Uno scenario che consente a Salvini di raccogliere la rabbia documentata dal Censis; ma è anche una rabbia demagogica quella che viene fuori, perchè la esprime chi in realtà non dovrebbe”.

La Cina sempre più interlocutore commerciale delle imprese italiane, non solo per le opportunità che offre in termini di nuovi sbocchi commerciali

L’America resta invece l’orizzonte a cui guardare di benessere e prosperità?

“Un tempo veniva considerata una meta ambita dagli italiani: basti pensare che intere città del Sud si sono riversate nel nuovo continente. Ma non è più così: il centro del mondo oggi è l’oriente, la Cina. L’Italia non esiste a Strasburgo, e non è determinante nel centro dell’Europa. E’ il Mediterraneo adesso a spostare l’ago della bilancia e il Sud Italia deve entrare in questa politica, intercettare i flussi commerciali con l’Oriente e i Paesi Arabi. I porti del Mezzogiorno devono concentrarsi sulle Vie della Seta e recuperare le rotte degli antichi romani”.

L’Irpinia occupa una posizione geopolitica ottimale.

“L’Irpinia non è periferica: è al centro di tantissimi processi, ma non vedo figure politiche irpine in grado di raccontare questa trama”.


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