David Sassoli

David Sassoli ad Avellino inaugura il ciclo di conferenze che l’Associazione ‘Democrazia Compiuta’ inizia oggi al Circolo della Stampa. Come spiega lo stesso nome della associazione, il tema è la democrazia, intesa non come un concetto polveroso adagiato su un vecchio scaffale delle tradizioni liberale, riformista e progressista continentale, ma come un’entità viva in costante evoluzione, necessità insostituibile della società moderna. In questo senso, l’oggetto delle conferenze è la democrazia come strumento per mantenere aperta, libera e sicura la società in cui viviamo, nonostante le crescenti spinte contrarie. Ecco la presenza oggi ad Avellino del Vicepresidente del Parlamento Europeo, cioè dei rappresentante di un’istituzione che più delle altre si trova al centro di queste spinte xenofobe, populiste, sovraniste, sorte sull’onda del disagio sociale, come reazione agli sconvolgimenti sociali prodotti dalla crisi economica, alla disoccupazione e precarizzazione del lavoro, all’ondata di profughi in fuga giunti in Europa da un Medio Oriente in fiamme ormai da oltre quindici anni.

Ida Grella, coordinatrice della Associazione ‘Democrazia compiuta’

“La democrazia (compiuta) al tempo dei social network”, è il titolo di questo primo appuntamento. L’iniziativa, in programma alle ore 17 presso il Circolo della Stampa al Corso Vittorio Emanuele II, vedrá la partecipazione di: Ida Grella, Coordinatrice della Associazione Democrazia Compiuta; Francesco Barra, Presidente onorario della Associazione Democrazia Compiuta; Andrea Covotta, giornalista Rai del Tg2, con le conclusioni affidate al Vice Presidente del Parlamento Europeo, Davide Sassoli. “In una fase della vita democratica del Paese per molti versi inedita, caratterizzata da un crescente distacco dell’opinione pubblica dalla politica e ora anche dalle istituzioni, il cambiamento del modo di comunicare e scambiare le idee impone nuovi modelli di informazione e diffusione delle notizie”, scrivono i promotori in una nota. E in questa prima conferenza la questione posta dagli organizzatori è la nuova forma di populismo, che una particolare e bizzarra piazza mediatica sta affermando.

IL TEMA DELLA DISCUSSIONE. I comunicatori, i giornalisti, gli osservatori della dinamiche mediatiche, i cosiddetti, massmediologi, hanno imparato in particolare in due esperienze elettorali, quella della Brexit nel Regno Unito, quella delle ultime presidenziali statunitensi, che la piazza creata dai social network è circoscritta ad un solo individuo bersaglio di input culturali e informativi semplici. Viene aizzato attraverso la somministrazione di informazioni più o meno verosimili contro il potere tradizionale, facendo leva sui suoi pregiudizi e sulle sue insicurezze, sul suo malessere sociale. Separati dal muro di una diversa capacità tecnologica, l’individuo con lo smartphone e il profilo sul social network da un lato, contro un’organizzazione informativa evoluta e protetta dall’anonimato, dall’altro, si incontrano su un web che nega se stesso nella cancellazione della interattività. Chi riceve le informazioni non può rispondere, ma solo indignarsi: la piazza digitale è simile ad un alveare, strutturata per celle, dove le api operaie agiscono in sincrono per input dei bisogni espressi dalla regina, che ha la fedeltà della singola, uniformata nel comportamento obbediente a quello dell’intera colonia.

LA DEMOCRAZIA IN PERICOLO. I social network in questo ragionamento non sono nè cattivi, nè buoni, meramente sono strumenti che possono produrre effetti negativi o positivi a seconda di come li si usa. Vista la capacità delle forze antisistema di servirsene con efficacia, sono quelle di sistema a dimostrare di non averne compreso fino in fondo la meccanica. Se la politica e l’informazione giornalistica sono il sistema, entrambe oggi pagano un prezzo altissimo alla incapacità di governare i social network. La politica sconta questo gap in termini di consenso, quindi di capacità di entrare nelle istituzioni. L’informazione con un arretramento nei consumi reali di famiglie e imprese, quindi sul piano economico. Tutto questo provoca una alterazione democratica. Se la politica tradizionale che sostiene la democrazia rappresentativa, la centralità del Parlamento, il primato degli accordi europei sulle contingenze nazionali, cede le istituzioni a chi sostiene la democrazia diretta, la inutilità del Parlamento, l’insofferenza per gli accordi comunitari e le regole internazionali, c’è una alterazione della vigente architettura democratica, in favore di un disegno diverso. Analogamente, se i giornali riflettono il sistema, ovvero, mediano l’informazione entro i limiti imprescindibili della veritá sostanziale dei fatti, allora vanno boicottati, per essere sostituiti dalla diceria, dalla informazione di seconda e terza mano, dal “mi dicono, non se sia vero, ma se lo fosse sarebbe grave, qui bisogna fare qualcosa…”.

IL GIORNALISMO EUROPEO HA BISOGNO DI AIUTO. Pochi giorni fa, il 27 novembre, David Sassoli era tra i relatori a Bruxelles di un convegno dal titolo: “Le sfide del giornalismo europeo”. Promosso dall’eurodeputata Isabella De Monte, ha visto la partecipazione, tra gli altri, del Presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, del presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti italiani Carlo Verna, del segretario generale della Federazione nazionale della stampa italiana Raffaele Lorusso, di Renate Schroeder, direttore della Federazione europea della stampa. Si è trattato di un importante e cruciale appuntamento, perchè ha sviluppato due temi: la libertà di stampa e la tutela della professione giornalistica, “oggi messi a dura prova dalla crisi dell’editoria, dallo strapotere delle grandi piattaforme di notizie online, ma anche dall’atteggiamento ostile nei confronti dei giornalisti di alcuni partiti e movimenti politici”, come ha spiegato l’organizzatrice dell’evento. Al centro il tema della libertà di stampa, “nella convinzione che non vi possa essere democrazia senza il pieno diritto a un’informazione libera e di qualità per i cittadini, ma anche gli aspetti più concreti legati alla professione giornalistica e alla crisi dell’editoria, che colpisce in particolare la stampa tradizionale, assottigliando i corpi redazionali e riducendo in modo sempre più preoccupante le tutele e i compensi dei giornalisti non contrattualizzati”. Ecco, se da un lato il populismo pretende una democrazia con poco e nessun Parlamento, dall’altro c’è chi con i social network pretende una democrazia della verità percepita, più che sostanzialmente basata su fatti. Di questo Democrazia Compiuta si occuperà oggi, mettendo al centro il vero punto di crisi del processo di integrazione europea.


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