“La casa rossa” di Francesca Marciano

Ilde Rampino recensisce per Nuova Irpinia il romanzo di Francesca Marciano

A cura di Ilde Rampino

Una casa che racchiude il proprio mondo, in cui ogni cosa sembra scaturire dalle ceneri di un’esperienza terribile attraverso il dolore e il silenzio della protagonista, Alina, che avverte un profondo legame con quel luogo, in cui ”qualcosa è passato di mano in mano da una donna all’altra nella sua famiglia”, mentre ripercorre i momenti fondamentali della sua vita e quella di sua madre, Alba, che si era dovuta adattare a qualcosa di distruttivo, avvertendo in sé un disperato senso di solitudine, perché sua madre, Reneè non riusciva a fare la madre fino in fondo, mentre suo padre aveva bisogno di tenerla lì con sé. Ritornando con la mente al passato, attraverso i racconti di sua madre, i ricordi diventano palpabili, legati a modi diversi di interpretare le cose, quello razionale e quello popolare, quando in campagna si parlava in dialetto e le tradizioni erano vive, come il suono forte della musica per scacciare la tarantola.

L’assenza della madre di cui nessuno parla diventa per Alba qualcosa da affrontare da sola e per lei il silenzio era diventato un’arte, una forza che l’aveva fatta ripiegare su se stessa, fino all’ incontro con Oliviero e dopo la terribile disgrazia il suo scopo era stato soltanto dimenticare, cancellare tutti i ricordi di lui, come per chiudere definitivamente una parte della propria vita, in cui ella si era sentita sempre a disagio. Avviene una sorta di passaggio tra Alba e sua figlia, un flusso di emozioni e di tristezza che passa attraverso il ricordo dei cesti intrecciati, un modo per non perdere il contatto con l’infanzia e con le persone che ha conosciuto e nelle parole scritte di una storia in cui si ricrea un’immagine evanescente che la rende indimenticabile, un sentimento di nostalgia e al contempo di perdita irrimediabile che la segna profondamente. I pochi ricordi che Alina ha del padre sono sfuggiti alla rete in cui sua madre ha tentato di imbrigliare e scaturiscono vivi attraverso sensazioni e odori che ricreano il loro rapporto, terminato troppo presto. Alina era costretta a destreggiarsi e a trovare un varco tra la rabbia che sua sorella Isabella le scagliava addosso, facendola partecipe di cose che lei non voleva sapere e i pensieri furiosi e oscuri che offuscavano la mente e il cuore di Alba, sua madre. Nel cuore di Alina è sempre presente la ”scena indelebile” della morte del padre che ha provocato un senso di qualcosa che si frantuma nella voragine della sua assenza, che lei vive con dolorosa calma. Le due ragazze non riescono ad avere un contatto con la loro madre, non la sentono vicina, è come se avvertissero che ella vuole che dimentichino il loro padre e cominciano a considerarla “vittima e assassina allo stesso tempo”. I loro rapporti familiari sono densi di rancore, silenzi e dolore che non condividono, ognuna stretta nel proprio guscio per difendersi e la malinconia pervaderà sempre i loro cuori poiché hanno “ imparato a non amare più niente né nessuno”.

La loro vita precipita in un baratro, avvolta nel suo velo di indifferenza, da cui talvolta risalgono per illudersi di vivere pienamente, ma è solo un’illusione, anche se sentono forte il bisogno di amare e di vivere una passione. Sarà proprio ciò a rimescolare le carte di un gioco che sembrava fluire in modo sereno e avviene qualcosa che fa franare le loro certezze che culmina con l’arresto di Isabella e la sua prigionia che le immerge in un mondo angoscioso, in cui Alina non riesce a mescolare la sua relazione con Daniel che la rende allegra e il dolore per Isabella. La sua liberazione dopo tanti anni sembra spalancare la porta di un mondo sereno, ma avverrà una sorta di “accelerazione folle” quando Isabella tornerà a Casa Rossa: una corrente di emozioni distruggerà tutto attraverso inganni e tradimenti e causerà un ”salto nel buio”, in cui tutto non sarà più come prima.

 

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