Governo M5s-Pd: cena con Di Maio, Zingaretti: no al Conte bis

TRATTATIVA ENTRATA NEL VIVO: SI PARLA DEL NOME DEL PREMIER E DEL COMMISSARIO ITALIANO A BRUXELLES. «Positivo e costruttivo» il primo incontro tra le delegazioni parlamentari dei Democratici e dei Pentastellati. Ma la cautela domina uno scenario, nel quale il terzo incomodo stimola le divisioni interne. E c'è chi rievoca il parallelo con il "patto delle sardine" del 1995

La crisi di governo certificata dalle parole del Premier Giuseppe Conte, nel corso della conferenza stampa a Palazzo Chigi. Ha indicato nella Lega l'unica responsabile della fine della collaborazione gialloverde

Metti una sera a cena tra Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti con il Governo M5s-Pd piatto unico. Una serara cordiale che gli osservatori al termine del convivio, confermato e documentato da fonti di entrambi i partiti, leggono con prospettive diverse. A sorpresa i due leader si sono visti prima del previsto, lontano dalle delegazioni impegnate sul programma, sostanzialmente per discutere delle due posizioni chiave: il presidente del Consiglio e il Commissario europeo in quota italiana. Nicola Zingaretti ha declinato la proposta di un nuovo incarico a Giuseppe Conte, i 5s hanno negato di aver ipotizzato Paolo Gentiloni a Bruxelles. Risultato per i commentatori principali: “Governo appeso a un filo” per La Repubblica, “Divisi sul Conte bis ma la trattativa parte” per il Corriere della Sera. Rigoroso il Fatto Quotidiano: “Prima l’incontro tra i capigruppo di Pd e Movimento 5 stelle. Poi, in serata, la cena tra Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti, durante la quale il leader M5s ha chiesto che i democratici accettino la riconferma del premier Giuseppe Conte. Sono ore delicate di trattative e il ‘clima’, dicono le parti, ‘è positivo e costruttivo’. Anche se rimangono alcuni nodi delicati da sciogliere”.

Nicola Zingaretti

LEGA IN PRESSING: DI MAIO PREMIER. L’incontro tra Zingaretti e Di Maio segna l’avvio concreto della trattativa tra Pd e M5s. Ora si discute di incarichi fiduciari. La cena arriva a poche ore dal primo colloquio per un Governo M5s-Pd definito dalle parti costruttivo. I guastatori sono all’opera, facendo il gioco della Lega, che ormai ha messo sul piatto la resa programmatica e la fiducia a Luigi Di Maio come premier. Ma i pentastellati nel pomeriggio hanno chiuso il secondo forno. Accordo in disvussione soltanto con i Democratici. Al Carroccio non resta che giocare a far fallire la trattativa tra Pd e M5s. C’è una parolina magica che dal Carroccio viene evocata per far saltare il governo tra M5s e Lega ed è Renzi. Gli annunci di massima mobilitazione per far saltare un governo che «farebbe tornare Renzi e Boschi», come ripete continuamente, evocano personalissimi e tatticismi di bottega nei due partiti. In questo scenario, il primo incontro tra le delegazioni parlamentari delle due forze politiche si è conclusa in meno di due ore su un avvicinamento delle parti. Il cantiere è aperto. E più si entra nel merito del programma, maggiore è il nervosismo di chi usa il grimaldello mediatico per sabotare l’operazione. Un audio catturato durante una lezione racconta di un Matteo Renzi furioso con Paolo Gentiloni, accusato di aver tentato di sabotare l’intesa. Viene ripreso, malgrado non aggiunga nulla di nuovo, a ciò che parlamentari vicini a Renzi avevano già detto giovedì pomeriggio, quando avevano attaccato Zingaretti. Sull’altro fronte, Alessandro Di Battista aggiunge nuove condizioni al taglio dei parlamentari, aprendo ad una nuova trattativa con la Lega, che quella condizione, la revoca della concessione alla società Autostrade per l’Italia, non l’ha mai presa in considerazione. Le delegazioni in questo guado restano caute. Attraversano il fiume con calma e circospezione, consapevoli che ciascuno deve temere soprattutto il fuoco amico. Ma il Pd in queste ore sembra aver rotto gli indugi. Lo dimostra un passaggio di Maria Elena Boschi pronunciata in serata su La7 durante il programma In Onda, all’indirizzo di Alessandro Di Battista: “Da parte nostra c’è massima serietà, spero che Di Battista non lavori per far saltare una nuova possibile maggioranza, che potrebbe dare una chance diversa al nostro Paese”.

Luigi Di Maio

TAVOLI TEMATICI, I DEMOCRATICI STILANO IL PROGRAMMA INTEGRANDO ALLA PROPRIA PIATTAFORMA I 10 PUNTI INDICATI DAI 5S. Il coordinatore della segreteria nazionale Pd Andrea Martella, ha fatto sapere che da domenica pomeriggio si riuniranno i tavoli di lavoro per il programma del governo. “Sei tavoli, coordinati dai membri della segreteria con la partecipazione dei capigruppo nelle commissioni di Camera e Senato, integrati da parlamentari, stileranno il documento da sottoporre al Movimento Cinque Stelle. Regole, Europa, Sviluppo Sostenibile, Economia, Lavoro e Welfare, Sapere e Ricerca, i tavoli allestiti.

Il Palazzo di Montecitorio in una suggestiva immagine
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GOVERNO M5S-PD, L’ESITO DEL PRIMO CONFRONTO. Graziano Delrio e Andrea Marcucci, presente anche l’ex Guardasigilli Andrea Orlando, hanno parlato al termine dell’incontro inaugurale di «clima costruttivo e positivo» registrato al tavolo con Francesco D’Uva, Stefano Patuanelli, Francesco Silvestri e Gianluca Perilli, rispettivamente capigruppo e vice nelle due Camere per i gruppi pentastellati. Ma sanno che fino a martedì la strada da percorrere è ancora lunga. E come sempre accade quando prevale la distensione tra forze belligeranti per anni, all’interno c’è sempre chi è pronto a dare sponda al suggeritore (interessato) esterno di turno. Il precedente del 1995 fa scuola. A differenza della Lega che oggi ha silurato il governo pronta ad elezioni anticipate, allora Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini col Centrodestra non avevano alcuna intenzione di tornare dal corpo elettorale. A spingere per far cadere l’esecutivo era l’altro alleato, la Lega Nord di Umberto Bossi, che aveva deciso di uscire, passando per un governo di decantazione con centristi e sinistra. Il “Patto delle sardine” a casa di Umberto Bossi con Massimo D’Alema e Rocco Buttiglione (celebrato con un frugale pasto consumato con quello che il Senatùr aveva nel frigorifero, sardine in scatola e pancarré), fu avversato fino al momento di entrare in aula e votare la sfiducia al Cavaliere. La moral suasion allora fu messa in pratica (anche con una forte pressione mediatico-televisiva) da Berlusconi, che faceva leva sul dirigente leghista a lui più vicino, Roberto Maroni, giunto a incrinare i suoi rapporti con il segretario, prima di ricucire in seguito. Nonostante le pressioni, il liberal-democratico Lamberto Dini andò a Palazzo Chigi, lasciando il posto a Romano Prodi nel 1996, che sovvertì completamente i risultati usciti dalle urne appena 25 mesi prima.


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