Ramificazioni, ecco il cd di Domenico Cipriano e Carmine Ioanna

In questi giorni è distribuito nelle edicole un progetto che va oltre l'esperimento, proponendo l’evoluzione di un percorso intrecciato tra note e versi in otto tracce

In questi giorni è distribuito nelle nostre edicole un cd dal titolo “Ramificazioni”. Più che di un esperimento, si tratta dell’evoluzione di percorso. Nel disco trovano posto otto tracce in cui si fondono la poesia di Domenico Cipriano e la musica di Carmine Ioanna.

Carmine Ioanna

L’ascoltatore è accolto dal suono di una fisarmonica. È forte il richiamo alle sonorità dell’argentino Astor Piazzolla e al suo modo di virare il tango su ritmi e invenzioni jazzistiche. Di jazz si tratta e ne siamo coscienti già dal primo ascolto del prodotto, realizzato dall’etichetta Abeat Records. L’intuizione prosegue lungo tutto lo sviluppo dell’opera e rende chiara la frase estrapolata da una recente intervista di Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera a Paolo Conte, il quale così ci illumina: «La fisarmonica a quei tempi mi sembrava uno strumento troppo popolano, legato al ballo liscio. Solo dopo ne ho scoperto la dolce poeticità». La musica non è un semplice tappeto sul quale far accomodare in bella mostra i versi di Cipriano. Carmine Ioanna inserisce vari strumenti, così, tastiere, percussioni e sax tenore, oltre alla già citata fisarmonica, imbastiscono un tessuto fine e raffinato, autonomo ma non indipendente rispetto alle parole. Dal punto di vista poetico, i versi di Domenico Cipriano sono un insieme di testi editi e inediti, sommati, intrecciati, avvinti intorno a temi assimilabili. Questi temi sono domestici, sia nel senso del richiamo a figure familiari (dalla moglie alla figlia, passando per la madre, amici e conoscenti), sia riguardo ai luoghi. La forma espressiva non è univoca: nel linguaggio è utilizzato con la stessa potenza l’italiano e il dialetto nell’inflessione di Guardia Lombardi. Se possibile, il dialetto scolpisce maggiori atmosfere e suggestioni dirette al cuore dell’ascoltatore grazie alla cernita di un lessico ricercato quanto popolare, frutto di un sapiente recupero di termini a rischio di desolata dimenticanza. Solo l’utilizzo rende viva una lingua. Al contempo, il dialetto si esplica nella forma orale come capace di musicalità ed espressività superando le invitabili distanze. Già a pochi chilometri alcuni termini diventano inintelligibili, non per questo chiunque è meno in grado di apprezzare il senso riscostruito dal contesto. Cipriano si applica molto nel rendere comprensibile ogni sfumatura di sillaba e passa, nella esatta declamazione, da un italiano scandito con piglio da corso di dizione all’enfasi dialettale col gradimento di un ragazzino che parla come pensa e sogna. Alle orecchie avvezze a certa musica, sembra di captare l’imitazione di uno dei più grandi jazzisti italiani. In realtà è proprio il sardo Paolo Fresu a impreziosire con la sua tromba (e non solo) le tracce “Nicola” e “Sofia e la memoria”. L’impatto è forte, il segno è inequivocabile. L’ultima traccia, “Via Roma”, ci dà il senso poetico-musicale dell’intero progetto. L’incipit mostra la strada: “La poesia / non cercarla nei libri, / nelle carte ammuffite / della biblioteca, / ma nelle gambe incrociate / storte sulla sedia, / nelle voci curvate dei vecchi / o accavallate / mentre giocano a carte”. Da qui si sviluppa una sorta di festa di paese, fatta di ricami tra parole e musica, quella fisarmonica che torna possente e invade di ricordi o ne crea, per chi quei momenti non li ha vissuti. Tutto intorno si sviluppa un mondo, ma più che una cartina geografica, appare una mappa sentimentale, dove è difficile camminare dritti sul limite tra storia e nostalgia. E le botteghe di un tempo, quelle gravitanti intorno alla Via Roma del titolo, sono il pretesto per leggere la modernità con occhi disincantati. In controluce si svela la “via nova”, quella strada nuova che esce dai vicoli, che connette – creando ramificazioni – un posto all’altro senza far perdere nulla all’unicità dei singoli protagonisti. Tutto questo non fa più paura.

Francesco Di Sibio


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