“Il cercatore di luce” di Carmine Abate

Il quadro di una giovane donna che tiene il bambino stretto tra le braccia diviene il “topos” attorno a cui si delinea la vicenda di questo libro: attraverso le pagine si intravede un doppio piano della narrazione che si sviluppa attraverso la vita di Carlo, il protagonista, e il famoso pittore Giovanni Segantini

“Il cercatore di luce” di Carmine Abate. Il quadro di una giovane donna che tiene il bambino stretto tra le braccia diviene il “topos” attorno a cui si delinea la vicenda di questo libro: attraverso le pagine si intravede un doppio piano della narrazione che si sviluppa attraverso la vita di Carlo, il protagonista, e il famoso pittore Giovanni Segantini. La tensione che Carlo vive in famiglia a causa dei contrasti tra i genitori, che culmineranno nella loro separazione, la lontananza di suo padre e la segreta paura che un giorno non tornasse più da loro, lo rende triste e pieno di
solitudine: l’unico barlume di affetto proviene dalla Moma, sua nonna, figura fondamentale della vita, che racconta storie che riguardano soprattutto il rapporto, che risale all’infanzia tra i due ragazzi, Carlo e Giovanni e, come testimonianza di quell’affetto fraterno, gli regala un ricordo che ha sempre conservato: un piccolo libro ingiallito appartenuto a suo nonno, a cui la legava un amore inginito e mai dimenticato.

La Moma era “il suo libro parlante”: la verità della storia era racchiusa nell’emozione che gli suscitava e la nonna ne raccontava sempre, perché le storie sarebbero sempre state ricreate in lui e quando lei sarebbe morta, sarebbero continuate a vivere grazie alla sua voce. Una notte memorabile che resterà sempre nel cuore di Carlo è il momento in cui suo padre lo porta a vedere il gallo cedrone, un rito che si era ripetuto tantissimi anni prima quando anche lui era un bambino: nonostante il rapporto difficile con lui, Carlo conserva sempre il prezioso coltellino, il primo regalo che egli gli ha fatto e non dimenticherà mai che “i sogni belli non vanno mai scordati: sembra che svaniscano ma poi ricompaiono più grandiosi di prima”.

Moma, raccontandogli la vita di Giovanni, riflette sul fatto che non è facile dipingere il dolore, come del resto non è facile raccontarlo: la vita di Giovanni era stata segnata sin dall’inizio da frequenti dolori: sua madre rischia di morire di parto, ma riuscirà a far nascere e crescere il figlio, pur tra grandi sofferenze che la porteranno presto alla morte. La sua infanzia non è facile: a quattro anni corre scalzo, scappa continuamente, pressato dalla voglia di cambiar vita ad ogni costo e da una profonda esigenza di libertà. La strada diventa la scuola e una banda di ragazzini più grandi i suoi maestri: nessuno gli ha insegnato a
scrivere; arrestato e condannato al riformatorio, vive il caos che lo tormenta dentro.

Giovanni viene affidato alla sorellastra Irene, con cui ha un rapporto conflittuale, ma il tormento interiore si stempera a poco a poco con l’incontro fondamentale con la donna della sua vita: Bice che sarà il suo grande amore, ha creduto in lui, nel suo “Segante” sin dal primo giorno. Tuttavia essi non si sposeranno mai, ma la loro vita sarà allietata dalla nascita di quattro figli, di cui egli sarà sempre orgoglioso. Grande importanza avranno
alcuni luoghi significativi come la Scanuppia, una baita in montagna, Maloja, Malga Palazzo, posti in cui Giovanni e Bice si fermeranno, perché “ne sentiranno la voce, come un richiamo segreto” e rimarranno sempre come ricordo nei loro cuori, perché ”si torna sempre nei posti in cui si è stati felici o dove ti aspetta un nodo doloroso da sciogliere, un’assenza che altrimenti ti soffoca la vita”.

Giovanni disegna continuamente, per lui è quasi una febbre, un istinto irrinunciabile: egli dipinge ciò che vede davanti a sé e ciò che ha dentro, la prima cosa che colpisce nei suoi dipinti è il cielo, immenso con una luce meravigliosa, che sembra custodire i segreti, mentre i modelli gli servono per ricreare con naturalezza squarci di vita vissuta. Giovanni dipinge quadri per l’esposizione di arte, mentre Bice è accanto a lui come sempre e gli
legge un libro. Decide di andare in un luogo, in alta montagna, sempre più vicino al cielo, a Schafberg, a 2800 metri di altitudine. La sua ultima immagine lo vede intento a cercare nel riquadro della finestra l’ultimo torrente di luce, mentre indica la morte come “un’ombra di vento”; la sua esistenza si concluderà proprio in quel luogo, dove si trovava per dipingere il quadro centrale del “Trittico della Natura”, il suo quadro più famoso.

A cura di Ilde Rampino

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