“Giuditta e il Monsu” di Costanza DiQuattro

La storia di un rapporto di affetto profondo tra due bambini, Giuditta e Fortunato, che pian piano si trasforma, irrimediabilmente, attraverso la condivisione di gesti e di passioni, nella Sicilia dei primi del 1900, in una famiglia dell’antica aristocrazia, in cui tradizioni e riti ancestrali, come quelli di cordoglio e di “cunsulo”, ne definivano l‘essenza

“Giuditta e il Monsu” di Costanza DiQuattro. La storia di un rapporto di affetto profondo tra due bambini, Giuditta e Fortunato, che pian piano si trasforma, irrimediabilmente, attraverso la condivisione di gesti e di passioni, nella Sicilia dei primi del 1900, in una famiglia dell’antica aristocrazia, in cui tradizioni e riti ancestrali, come quelli di cordoglio e di “cunsulo”, ne definivano l‘essenza. Dopo la nascita di tre femmine, “tragicamente femmine” del marchese Romualdo Chiaramonte, uomo algido e distaccato, la notizia che sua moglie ha appena dato alla luce ancora un’altra bambina lo lascia senza parole, in un atteggiamento di orgoglio ferito. Ma il caso sembra offrire un’altra possibilità, quando viene lasciato davanti alla porta un bambino, subito accolto e battezzato con il nome di Fortunato e affidato alle cure di Nicola, il monsù e della moglie, Donna Marianna che ne diventeranno i genitori.

L’infanzia dei due bambini, compagni di giochi e di avventure, trascorre serena, caratterizzata dalla risata fragorosa e felice che suggellava la loro amicizia, nonostante profonde differenze di carattere tra i due: Giuditta allegra e disinvolta, con un carattere volitivo, che rivela un grande amore per la cucina, Fortunato più timido e riflessivo, con un atteggiamento più accondiscendente, interessato ai libri e alla scrittura, tanto che decidono di scambiarsi i ruoli, ognuno dedicandosi alle proprie passioni e aiutandosi nei compiti loro
affidati. Il desiderio di avventura e di incoscienza di Giuditta la mette talvolta in pericolo, come quando convince Fortunato ad esplorare una grotta: il ragazzo ha paura di essere scoperto e punito, ma alla fine riuscirà a salvarla, mentre rischia di annegare nel fiume e in quel momento Fortunato sente che è diventato un uomo.

Giuditta impara a preparare l’impanata, un cibo tipico siciliano e pone attenzione e cura, come una sorta di rito e si sente molto diversa dalle sue sorelle Amalia e Rosalia che dedicano la propria vita al matrimonio, mentre la sorella Ada decide di farsi suora, influenzata in un certo senso dal canonico Lopresti, che verrà subito allontanato. Egli era un uomo di rara bontà, ma senza slanci che tuttavia le aveva aperto il suo cuore e le aveva raccontato che, da bambino, si era aperto per lui un “mondo fatto di pagine rilegate” e che i libri l’avevano portato a Dio. Fortunato viene chiamato da Romualdo a sostituire suo padre, ormai vecchio e a divenire il nuovo “monsù”, e quando egli muore, il giovane rivede nella mente ogni ricetta e i mille gesti fatti insieme e si sente caricato di una enorme responsabilità. Col passare del tempo Giuditta e Fortunato cominciano ad avvertire l’ombra
di un sentimento, spesso erano chiusi nei loro silenzi, vivendo dentro il proprio cuore parentesi di emozioni :”tra loro correva solo la distanza di un bacio, la più lunga che l’essere umano possa percorrere”.

La scoperta del loro rapporto d’amore scatena la rabbia e la reazione di Romualdo che caccia Fortunato, colpevole di aver esposto la sua famiglia al pettegolezzo e alla vergogna, ma rende Giuditta ancor più decisa a vivere quel loro sentimento e i due giovani, incontratisi di nascosto, suggellano il loro amore. Ma ”il destino si prendeva gioco di due vite, unendo due strade segnate dallo stesso colore” e quando lei confessa a suo padre che “bisogna solo riparare”, quella parola scatena un coacervo di emozioni contrastanti e un
terrore per qualcosa che non sarebbe mai dovuto succedere, per un segreto inconfessabile. ”Io vi odio!!”, parole terribili e definitive che Giuditta rivolgerà a suo padre alla rivelazione dell’inenarrabile verità fino alla scoperta tardiva di una lettera che lei non leggerà, affidandola al fuoco in una sorta di rito purificatorio.

A cura di Ilde Rampino

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