Bancarotta tra Ariano e Benevento, sequestrato a Capri immobile da 5 milioni

Decreto preventivo eseguito dalla Guardia di Finanza nell'ambito di una indagine della Procura sannita sul fallimento di una società immobiliare. Sono tre gli indagati

A conclusione di una indagine per bancarotta tra Ariano e Benevento, è stato sequestrato preventivamente a Capri un immobile del valore di 5 milioni di euro. A seguito di attività di indagine coordinata dai magistrati della Procura della Repubblica di Benevento, questa mattina i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Benevento hanno eseguito a Capri un decreto di sequestro preventivo di un immobile di prestigio, emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale sannita. Lipotesi di reato è bancarotta fraudolenta.

Procura della Repubblica di Benevento

Il provvedimento di sequestro, eseguito da militari del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Benevento, è stato disposto nei confronti di una società operante nel settore immobiliare, già con sede in Ariano Irpino e, successivamente, trasferita a Benevento poco prima del suo fallimento, dichiarato dal Tribunale sannita in data 31.05.2018. In tale contesto, sono state notificati avvisi di conclusione delle indagini preliminari nei confronti dei tre indagati, tutti detentori di partecipazioni e/o cariche sociali nella società fallita e nelle ulteriori imprese ad essa collegate emerse dalle investigazioni, tutti appartenenti al medesimo gruppo imprenditoriale familiare.

BANCAROTTA TRA ARIANO E BENEVENTO: LE INDAGINI. I tre indagati sono accusati di aver procurato con dolo o per effetto di operazioni dolose, il fallimento della società immobiliare, mediante una serie di operazioni volte di fatto a sottrarre al patrimonio della impresa ed alla garanzia dei creditori (con l’evidente danno degli stessi), un immobile di prestigio sito in Capri del valore di oltre 5.000.000 di euro, detenuto attraverso una partecipazione, poi dismessa, in una seconda società appartenente al medesimo gruppo imprenditoriale, gestito da un unico gruppo familiare. La Procura afferma in una nota che nel corso delle indagini «è emerso anche come la documentazione consegnata (tardivamente) dal fallito risultava frammentaria ed incompleta e comunque non idonea a consentire la ricostruzione del patrimonio della società, evidenziandosi vistose anomalie e dubbi sulla stessa veridicità dell’impianto contabile – sia pure parziale – analizzato». Infine, per l’accusa «le scelte imprenditoriali della società fallita erano state improntate alla costituzione, facendo nutrito ricorso al credito, di un patrimonio immobiliare rilevante e di pregio che, invece di essere messo efficacemente a reddito, anche al fine di rimborsare i finanziamenti ricevuti con gli interessi per il relativo acquisto, veniva destinato all’utilizzo da parte di altre società facenti parte del medesimo gruppo imprenditoriale».  

 

 

 

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