Il Comitato ‘Acqua Bene Comune Aspettando Godot’ si è dichiarato soddisfatto dell’esito che ha avuto il confronto con alcuni sindaci della provincia di Avellino sul tema “Le comunità locali e la gestione delle risorse idriche”. Attraverso una nota rileva che sussistono punti di incontro con le rappresentanze istituzionali locali intervenute. «Il tema della discussione è stato incentrato sull’evidenza che i Comuni hanno la competenza della gestione del servizio idrico, ma spesso vengono tenuti fuori dalle scelte decisionali e devono districarsi tra guasti e carenze idriche», si legge nella nota. «I partecipanti si sono trovati d’accordo sul fatto che bisogna far sentire con più forza le esigenze delle comunità locali nella gestione dell’acqua, in particolare in seno all’EIC (Ente Idrico Campano) che, come ha detto Giuseppe Grauso del Coordinamento Campano Acqua pubblica, andrebbe riformato per dare più voce ai Comuni». Soprattutto il Comitato registra che «tutti gli amministratori intervenuti si sono detti a favore della gestione idrica pubblica nella nostra provincia e ritengono urgente far sentire con più forza la propria voce». A questo proposito si sottolinea, «sono state accolte con vivo interesse le proposte del Comitato circa un azione comune da portare avanti per sollecitare la progettazione e la cantierizzazione dei lavori dei fondi stanziati nel 2019 dalla regione Campania e la proposta di creare un protocollo d’intesa tra i Comuni Irpini a difesa dell’acqua pubblica». Il Comitato conclude la nota ringraziando: Giuseppe Grauso del Coordinamento Campano Acqua Pubblica, Rizieri Buonopane, Sindaco di Montella , Angelo Cobino, Sindaco di Grottaminarda, Roberto Del Grosso, Sindaco di Roccabascerana, Dario Fiore, Sindaco di Cesinali, Veronica Tarantino assessore al Comune di Ariano Irpino

IL FORUM E LE TESI DEL COMITATO. In vista della definizione della partita sull’affidamento del gestore unico, il Comitato ha promosso l’incontro per chiede ai sindaci di intervenire nel dibattito in corso, e incidere sulle scelte delle autorità regolatorie. Un intervento non più teso a gestire la carenza soprattutto nel periodo estivo, o i guasti di condutture e pompe di sollevamento. Gli amministratori possono incidere sul fronte della tutela e quindi della ottimizzazione della risorsa, ma anche sul fronte dell’investimento. Soltanto pochissimi Comuni della provincia di Avellino hanno investito in progettazione per l’ammodernamento delle reti idriche, mentre molti attendono gli interventi strutturali da parte dell’Alto Calore Servizi. Come è noto, le reti idriche irpine registrano dispersioni elevatissime che incidono fortemente sul bilancio negativo dell’ente gestore.

D’altro canto, e nel caso dei Comuni serviti da Acquedotto Pugliese, le amministrazioni stipulano convenzioni in maniera diretta con la società pugliese per le forniture idriche. Dunque la tutela e la conseguente valorizzazione spesso passa in secondo piano, ad accezione di pochi sporadici casi. Come è stato spesso ribadito dagli accademici invece, l’Irpinia gode di importanti riserve idriche che possono essere canalizzate e utilizzate per mitigare la grave penuria che va determinandosi. Da uno studio condotto dagli accademici della Facoltà di Scienze della Terra dell’Università Federico II di Napoli, è emerso che nel sottosuolo dell’Alta Irpinia insistono fonti idriche mai sfruttate. Questo comprensorio ha da sempre svolto un ruolo strategico per lo sviluppo sociale e economico del sud Italia, ma la distribuzione dei flussi idropotabili in uscita per 8,7 metri cubi al secondo, unitamente ai cambiamenti climatici e alla riduzione della portata delle sorgenti, oggi mette a repentaglio l’intero ecosistema. Per questo è necessario pianificare interventi per tutelare questo enorme patrimonio e trasformarlo in generatore di nuove economie. Si rilevano quantitativi idrici importanti in diversi comuni, che però non risultano collettati alla rete di adduzione dei sistemi acquedottistici. Su questa ipotesi si è esposto anche uno studio dell’Ato Calore Irpino nel 2011, approvato nella prima bozza del nuovo piano d’ambito dell’ex Ato nel 2012. Un monitoraggio delle fonti non censite per elaborare un piano di utilizzo per integrare quelle in via di esaurimento, e consentire alle falde di rigenerarsi. Un coordinamento sulle diverse questioni in campo non può più attendere, e i sindaci devono farsi promotori di un nuovo protagonismo, che consenta di coniugare tutela, salvaguardia, valorizzazione e crescita complessiva.
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