Trombosi venosa profonda, procedura d’avanguardia su una 36enne al Moscati

Già dimessa la giovane donna di Montella giunta da un'altra struttura. L’intervento in Chirurgia Vascolare «perfettamente riuscito» è stato eseguito dal dottor Flora e dalla sua équipe, con la collaborazione del radiologo Giulio Lombardi

Una 36enne con trombosi venosa profonda è stata trattata in Chirurgia Vascolare con una procedura d’avanguardia presso l’Ospedale San Giuseppe Moscati di Avellino. La donna è stata dimessa in buone condizioni di salute. Si tratta di una 36enne di Montella, che era giunta da un’altra struttura sanitaria all’Azienda ospedaliera San Giuseppe Moscati di Avellino per una trombosi venosa profonda ed estesa. L’intervento, «perfettamente riuscito, è stato eseguito dal dottor Flora e dalla sua équipe, con la preziosa collaborazione del radiologo Giulio Lombardi», si legge in una nota della Direzione Generale. «La giovane paziente ha avuto un rapido recupero delle condizioni cliniche, con la scomparsa del dolore e la riduzione quasi totale dell’edema all’arto».

Loris Flora, Direttore dell’Unità operativa di Chirurgia Vascolare – Azienda San Giuseppe Moscati di Avellino

L’INTERVENTO. La donna, ricoverata nell’Unità operativa di Chirurgia Vascolare, è stata sottoposta a un intervento di ricanalizzazione venosa mediante un innovativo sistema di tromboaspirazione. Tale procedura quando, come nel caso specifico, la trombosi è molto estesa, si effettua in due fasi: la prima, durante la quale si inietta un farmaco per sciogliere il trombo, e l’altra, in cui si asporta il materiale trombotico con il posizionamento di uno stent venoso nel tratto iliaco femorale, con l’obiettivo di mantenere la pervietà della vena liberata dal trombo.

LA TECNICA. «Per rendere sicura tale procedura ed evitare la migrazione di trombi a livello polmonare – spiega Loris Flora, Direttore dell’Unità operativa di Chirurgia Vascolare – è stato utilizzato un filtro cavale di ultima generazione, che presenta la caratteristica di aprirsi dopo circa 60 giorni dall’intervento e di aderire alla parete venosa, in modo tale da non dover essere rimosso, garantendo il passaggio del sangue».


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