«Ha un doppio significato ricordare a 43 anni di distanza il giorno in cui Aldo Moro fu sequestrato il 16 marzo 1978 in via Fani a Roma», spiega Enzo De Luca, componente della Direzione nazionale del Partito Democratico. «Accanto al dolore rinnovato per il sangue innocente versato quella mattina, per le vite spezzate da una spirale disumana di odio e insensata barbarie, cogliamo tuttora l’evidenza che il pensiero e l’esperienza politica di Aldo Moro non sono stati cancellati nella prigione dove fu rinchiuso per 55 giorni. Anzi, rischiarano il nostro tempo come una luce gettata nel buio della più profonda ora della notte», spiega De Luca.

Aldo Moro

«Ricordare quel giorno significa commemorare in primo luogo la persona di Moro – assassinato dopo una lunga prigionia il 9 maggio – e i cinque uomini della sua scorta, caduti sotto i colpi di una degenerazione ideologica, che ha armato per lungo tempo tante giovani e spietate mani contro la Repubblica nel nostro Paese. Con i Carabinieri e gli Agenti di Pubblica Sicurezza uccisi quella mattina ricordiamo tutti i coraggiosi servitori dello Stato – con e senza divisa – trucidati con spietata freddezza dal terrorismo e dalla criminalità organizzata nelle forme più diverse, durante la lunga stagione degli ‘anni di piombo’ e della eversione anti democratica». Nello stesso tempo, prosegue, «ricordare quel giorno ci riporta alla lezione dello statista Moro, alla sua preoccupazione per la tenuta della democrazia italiana, che ne accompagnò il percorso di costituente e filosofo della politica fino all’estremo sacrificio. L’avanzata dei populismi e dei sovranismi di oggi, alimentati dal disagio sociale e dalle incertezze globali, confermano quei timori che si rafforzano con il tempo, in particolare dopo un anno segnato tragicamente dalla crisi economica causata dalla pandemia».

La sede nazionale del Partito Democratico

«LA SUA LEZIONE PUÒ SALVARE LA DEMOCRAZIA ITALIANA». In questi 43 anni le idee di Aldo Moro hanno camminato sulle gambe di allievi, collaboratori, amici di partito, di chi ne ha condiviso i princìpi e la visione, sottolinea De Luca. «Attraverso i suoi scritti, i suoi insegnamenti, la sua costante costruzione di ponti, Moro è sopravvissuto ai suoi aguzzini attraverso la sua lezione democratica italiana ed europea, la sua capacità di previsione delle dinamiche geopolitiche intorno al Mediterraneo. I suoi valori e la sua concezione della democrazia e della politica sono presenti nel Partito Democratico oggi», sottolinea De Luca, con riferimento al neo eletto segretario Enrico Letta, ma anche al Ministro della Cultura Dario Franceschini. «L’attuale segretario del Pd è stato, come anche Romano Prodi, allievo e collaboratore di una figura di rilievo della Dc e poi del Partito Popolare come Beniamino Andreatta, che di Aldo Moro fu anche consigliere economico nella seconda metà degli anni ’60. La visione europea di Moro è stata più volte sottolineata dal Ministro Dario Franceschini, che anni fa a Bruxelles parlò della attualità di Moro a proposito della centralità che il Mediterraneo riveste nello sviluppo di un’Europa forte e sicura». Ma De Luca spiega che «il legame diretto tra Moro e la politica non si è mai interrotto anche subito dopo la sua morte. Difficile ricordare tutti i dirigenti politici o i rappresentanti nelle istituzioni influenzati dal pensiero di Aldo Moro, ma non posso fare a meno di citare Mino Martinazzoli, chiamato alla responsabilità di guidare la Dc in una fase drammatica, né posso dimenticare Leopoldo Elia, che definì lo statista un integratore della democrazia».

Enzo De Luca

«È ARRIVATO IL TEMPO DI RICOSTRUIRE LA POLITICA».  Ad oltre quarant’anni dal sequestro e dall’assassinio del Presidente della Dc, per Enzo De Luca non è più rinviabile «per la politica aprire il cantiere della ricostruzione», afferma citando Padre Francesco Occhetta. «La crisi della politica in questi anni ha minato la tenuta democratica del Paese, perchè sono venuti meno da un lato il necessario rispettoso dialogo tra le diverse forze, dall’altro la capacità dei partiti e dei movimenti di aprirsi alle istanze della società civile. Ciò ha determinato una sofferenza per le stesse istituzioni ed ha allontanato settori della pubblica opinione». In questo scenario, De Luca vede la possibile svolta con il nuovo corso politico, scandito dal governo di unità nazionale nell’ultima parte della Legislatura. «Enrico Letta nel suo intervento all’assemblea ha indicato la necessità di riorganizzare il campo del Centrosinistra, fondando su un rispettoso dialogo tra le diverse forze – compreso il Movimento Cinque Stelle affidato alla guida di Giuseppe Conte – la costruzione di una coalizione tra la gente sui territori». Da qui, dunque, «il Pd deve partire, ricercando l’unità di fondo tra le forze politiche del Centrosinistra e contribuendo a dare risposte urgenti e indifferibili alla condizione disagiata del Paese alle prese con l’emergenza sanitaria, ispirandosi alla straordinaria visione ecologica e sociale del mondo che il Papa Francesco ha affermato con le sue encicliche». In questa sfida, De Luca vede «la possibilità per l’Italia di aprire una prospettiva di protagonismo dell’Italia in Europa, grazie al Recovery Fund». E spiega: «Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), la programmazione delle risorse straordinarie, l’innovazione digitale e la transizione ecologica offrono l’opportunità storica di ricostruire il Paese dalle macerie lasciate dall’emergenza sanitaria, restituendo all’Italia il peso che da fondatore dell’Unione Europea merita». Le condizioni ci sono per il dirigente irpino del Pd: «Grazie al Governo del Presidente Conte, ai contributi dati dal Presidente del Parlamento Europeo David Sassoli e dal Commissario Paolo Gentiloni, l’Italia coglierà con il Premier Mario Draghi l’opportunità di investire sul suo futuro». Ma avverte che «senza la ricostruzione della politica sui territori e tra la gente non si vincerà la sfida della ripartenza in un contesto nazionale segnato dalle sofferenze, dai lutti provocati dal virus, dalla disperazione di intere generazioni alle prese con un evento epocale senza precedenti dal dopoguerra».


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