“L’appuntamento mancato” di Francesca Sassano

Da poche settimane è tornata in libreria l'avvocatessa e scrittrice potentina con una nuova affascinante avventura ambientata nei quartieri napoletani

“L’appuntamento mancato” di Francesca Sassano. E’ l’ansia di una ricerca infinita, “dentro di lui tutto era in perenne movimento”,  del protagonista Ciro Coppa che deve svolgere un’indagine di polizia e torna a Napoli, la città in cui è nato, “una città chiusa nel suo ventre caldo”. E’ come un tuffarsi tra quelle strade, piene di umori diversi, nei bassi, attraverso cui trasuda la vita, ma egli ha la consapevolezza che “solo nei vicoli stretti trovi la gente vera”, la sua umanità viscerale e piena di contraddizioni. La sua vita da poliziotto è sempre a disposizione di tutti, appostato a contare i minuti, perché ”un poliziotto non è quello che insegue ma quello che arriva prima”. Napoli, scenario dolente e confuso, era il teatro in cui si svolgevano le sue giornate, sempre scandite dagli eventi degli altri, dalla violenza criminale, mentre le storie di ognuno con cui entrava in contatto erano rimaste singole ed impresse nella sua memoria. Ciro era di poche parole, faceva un enorme sforzo a seguire i monologhi degli altri e anche nel modo di vestire era scarno ed essenziale e ciò si identificava in un certo modo con la sua vita: non riusciva a trovare la donna giusta ed era convinto che tutte le donne avessero in realtà un unico scopo, quello di sposarsi ed perciò egli rifuggiva da ogni legame.

L’incontro con Alessandra, una giornalista che voleva scrivere per la cronaca giudiziaria, sembra scardinare le sue abitudini: quella giovane donna, nata nel quartiere della Sanità, in un mondo segnato dall’indigenza e dai malumori, era vissuta in una famiglia, in cui spesso si scambiavano parole incomprensibili e lei infilava la testa sotto il cuscino, perchè non voleva ascoltare. Viveva “una solitudine di spirito” e considerava la religione come qualcosa di lontano, che non le apparteneva, anche se ricordava i momenti in cui sua madre la portava a pregare davanti ad un’edicola marmorea dedicata alla Madonna. Avvertiva il suo contesto familiare come estraneo, i suoi genitori si erano separati e sua madre voleva rimanere a Roma: Alessandra era come se si sentisse divisa in due, ma aveva deciso di rientrare a Napoli perché doveva riappropriarsi dell’altra parte di sè, quella legata alla sua città e a soprattutto a suo padre. Lei desiderava sempre altro, ma non accadeva mai e si sentiva sola e ostinata nel suo desiderio di mettersi continuamente alla prova. Voleva scrivere delle storie che parlassero della gente di Napoli, ne voleva percepire i bisogni e delusioni, le scoperte diverse e sofferenti tra precarietà e povertà. Significativo e struggente è l’incontro con Maddalena, chiusa nel suo dolore, che raccontava di sua figlia Tina, bella e fragile, schiacciata dalle figure dominanti dei suoi genitori: quando suo padre muore, la ragazza vive un profondo tormento interiore che la porta a drogarsi e sua madre comprende che deve lottare per lei, nonostante il suo atteggiamento violento e quando verrà uccisa, decide di lasciarsi andare, perchè non vuole più vivere.

Attraverso le parole di Ciro, Alessandra comincia a conoscere una realtà diversa, entrando in contatto con le persone che egli incontrava, per poter carpirne particolari e segreti, come nell’incontro con Filomena, la ”zi’ maestra, la donna che tutti sanno chi è, perché è quella a cui si rivolgono tutti, sa ogni cosa, può parlare ed è ascoltata”, mentre “le stesse parole potevano avere significati diversi”: racconta della violenza della camorra e del fatto che prima vi era una sorta di equilibrio, in cui le regole venivano lievemente infrante e poi ripristinate, mentre adesso è cambiato tutto: “Oggi si uccide per niente”, sono le parole che ella pronuncia con rimpianto e dolore.

Ciro per tutta la vita aveva sempre fatto il contrario di ciò che sentiva e quando torna a Napoli, il passato comincia a venirgli addosso, si incuneava tra le fratture della sua vita: prova tristezza ripensando alla sua infanzia e non riesce a vedere la sua città come si è ridotta. Napoli era da sempre come una spugna che assimilava tutto, anche la diversità, diventando anche essa straniera e la camorra stava acquistando sempre più importanza, infiltrandosi in tutti i settori della società. Ciro era abituato a farsi scivolare tutto addosso e sembrava che tutto si muovesse solo in superficie: la sua vita “era fatta di partenze con biglietto di sola andata” e nei rapporti sentimentali, aveva un atteggiamento strano, continuava a sentirsi a telefono con le sue donne passate, rapporti fisici che non lasciavano tracce su di lui. Dopo l’incontro con Alessandra,  percepisce dentro di sé “un pericoloso senso di gioia” e per lui, la felicità era una parola straniera e comincia a prendere le distanze dal pensiero di lei, conoscendo altre donne, alla continua ricerca di un punto fermo.

L’indagine che gli era stata affidata e che riguardava il professor Corti, che aveva creato una fondazione che aiutava le popolazioni povere in Africa, accusato della sparizione di bambini e del traffico di organi , lascia in lui molti dubbi e interrogativi : egli è convinto che il professore sia innocente e si scontra con il Dottor Zani, il suo superiore, che gli ordina di ricorrere ad intercettazioni telefoniche, che egli considera in modo negativo, soprattutto perché era come “rubare istanti preziosi alla vita di due persone”.

Una figura che lo affascinerà per la sua forza interiore è Sara Devoto, la moglie di Corti,  che incarna per lui l’immagine del riscatto sociale napoletano, che dai quartieri degradati della Sanità, “solo con la testa”, era arrivata a possedere agiatezza e rispetto. Ciro vuole scoprire il  mistero che si cela dietro di lei. Insieme a suo marito aveva preso in affido un ragazzo, Lele, che aveva cominciato a drogarsi, aveva avuto comportamenti violenti nei suoi confronti, ma nonostante tutto lei non lo abbandonava. Suo marito, invece, si era rassegnato e gli rimproverava il fatto che “egli aveva tutto ma ha distrutto ogni cosa”.

Alla fine il professor Corti si costituisce, rivelando di aver ucciso un uomo: dopo l’incidente, avvenuto anni prima, in cui era morta sua moglie, incinta di suo figlio, egli era venuto a sapere che il colpevole, un magistrato, non era stato arrestato. Da quel momento, era cominciata in lui una perenne lotta contro i propri fantasmi e quando, per un assurdo scherzo del destino, scopre che proprio il figlio del magistrato gli impone di acquistare dalla sua azienda i lettini per i bambini, minacciandolo con una pistola, lui si difende e parte un A colpo. Si trattava di legittima difesa, ma Corti si sente colpevole, perché egli voleva ucciderlo e “ i demoni che si agitano dentro di noi vanno tenuti al buio incatenati con le buone intenzioni e non vanno mai sfidati”.

A cura di Ilde Rampino

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