“La casa dei fiori selvatici” di Mathangi Subramanian

Il primo romanzo della scrittrice indiana, insegnante e poi analista politica per il New York Council è stato pubblicato in Italia da Editrice Nord a marzo di quest’anno.

“La casa dei fiori selvatici” di Mathangi Subramanian. I bulldozer che cercano di distruggere le abitazioni del quartiere “Swarga”, il termine sanscrito che significa “Paradiso” è l’immagine simbolo di questo bellissimo romanzo, attorno a cui si sviluppano le vicende di cinque ragazze nate nello stesso anno e in quella stessa baraccopoli, figlie di donne forti e disperate, consapevoli che “le nostre abitazioni potranno anche cedere ma le nostre madri no”, che formano una catena umana per difendere quella che è la loro casa, il loro mondo, le loro madri aggrappate alla vita con tutta la forza che avevano dentro di sé, nonostante le sofferenze e i soprusi che venivano perpetrati nei loro confronti. La difficoltà per le donne di conquistarsi un proprio posto nel mondo non fa loro paura, anzi si danno forza tra loro, riflettendo sulle mille ragioni che venivano messe in campo per ritirare una bambina da scuola, anche se nessuna era mai valida. Simbolo dell’irriducibile determinazione delle donne è Deepa, una ragazza cieca ma che lotta continuamente per apparire come le altre. Non si sente assolutamente diversa e canta, si diverte, divenendo l’anima del gruppo, nonostante i suoi occhi riuscivano solo a vedere i margini delle cose. Deepa era la regina indiscussa della baraccopoli, andava benissimo a scuola e nessuno si accorgeva della sua condizione, non aveva mai paura e le altre la proteggevano e la difendevano da tutti. In occasione dell’Annual Day la vestivano in modo elegante e lei riesce a ballare come le altre, anche se, in fondo al suo cuore, serba una grande mancanza, ha bisogno di sua madre, la cui infanzia era stata molto triste. ”La ragazza delle ombre” in realtà possiede una grande forza e il padre la accoglie nonostante sia cieca, diversamente dall’atteggiamento che hanno gli altri padri.

Molto significativo e intenso è il personaggio di Anand che si sente una ragazza costretta in un corpo da maschio, ma viene sempre sostenuta dalla madre nel suo percorso di cambiamento che la accompagna pian piano a sentirsi pronta a rinascere e chiudere con la vecchia vita, diventare cristiana con Dio che custodisce il suo segreto più oscuro e che gli consente di poter essere finalmente Joy. La sofferenza si è pian piano sedimentata nel cuore dell’”ajji” di Banu, la sua nonna, che ha dovuto vivere la condizione della donna considerata sempre “moglie di” o “madre di”. L’”ajji” di Banu era diversa dalle sue sorelle e viene fatta sposare ad un uomo di un altro villaggio e dopo il matrimonio, lei non è mai tornata a casa; suo marito faceva un lavoro particolare, stirava per gli altri, e spesso lavoravano insieme. Lei era colpita dalla sua gentilezza, molto rara tra gli uomini e tra di loro era nato un legame sereno, lei non gli chiedeva niente, ma si rendeva conto che c’erano dei segreti, come quello che poi scoprirà su di lui. Lei comincia a disegnare dei “kolam”, disegni con un significato augurale davanti alle porte delle case e col passare del tempo diventa molto brava: vive il rapporto col marito in grande serenità, accettando la sua diversità ed è consapevole che, dopo tutto quello che era successo erano felici, perché “lei aveva smesso di essere la moglie non voluta e lui il marito forzato”. Trasmette la sua forza interiore anche a sua nipote Banu, che rivela una vera e propria passione per il mestiere di costruttore e, aiutata dalle altre ragazze costruiscono strutture in cui poter organizzare qualcosa di diverso da quello che offriva il quartiere.

Una sorta di angelo custode che si prende cura delle ragazze è la maestra Janaki  Ma’ham che vive da sola, è indipendente e circonda con un abbraccio di affetto anche le loro madri, di cui conosce la storia e il dolore inespresso. La sua infanzia è stata difficile, come quella di tutte le donne;  sua madre l’aveva lasciata sugli scalini dell’orfanotrofio poche ore dopo averla partorita e il suo unico gesto d’amore era stato affidare la sua vita al buon cuore delle altre persone. Talvolta pensava al vuoto che si era formato nel cuore di sua madre quando aveva rinunciato a lei, ma, vivendo a stretto contatto con le suore, aveva deciso di crearsi una vita diversa, aveva cominciato a rendersi conto che la cultura era la cosa più importante per potersi affrancare dalla condizione subordinata a cui erano condannate le donne. Leggeva continuamente, non poteva fare a meno di studiare e di imparare a memoria e cercava di far comprendere alle sue alunne l’importanza che le ragazze avessero un’istruzione. Le sue parole:’”diranno che vi dovere sposare ma non è vero” era la chiave per accedere a un nuovo mondo e a una nuova realtà che le avrebbe rese capaci di poter fare quello che volevano. La discriminazione nei  loro confronti doveva far scaturire il desiderio di progredire e faceva loro comprendere che potevano diventare molto più di quanto chiunque altro poteva pensare di loro e anche se “la libertà è dei maschi, il coraggio appartiene alle femmine”.

Ma a volte il dolore può anche distruggerti dentro, annullare la propria capacità di agire e sentirsi viva, come era avvenuto nel cuore straziato della mamma di Padma che aveva perso un figlio e viveva come astraendosi dal mondo. Sua figlia le trova un lavoro come donna delle pulizie e la accompagna sempre, perché è preoccupata per lei e vorrebbe che prendesse in mano la propria vita, ma sa che è difficile, perché le loro madri consegnano al marito tutto ciò che guadagnano,  vengono anche picchiate ma non reagiscono, mentre gli uomini ciondolano in giro ubriachi chiedendo alle donne qualcosa da mangiare o soldi. Padma promette a se stessa che “un giorno fuggirà da tutto questo, se ne andrà in un posto in cui non ci sono padri e nemmeno negozi di alcoolici”. Le ragazze di Paradiso forse hanno il loro destino segnato, non esprimono ciò che sentono agli altri, perché “è più facile guardare le ferite che si possono vedere, rispetto a quelle invisibili agli occhi”: non escono spesso, poiché hanno troppi pasti da preparare e troppi occhi che le guardano. Un giorno, mentre aspetta sua madre che finisce di lavorare, Padma nota su un tavolo un fascio di lettere: si avvicina e, spinta dalla curiosità, comincia a leggerle; sono ammucchiate là, perché il loro destinatario è sbagliato o che si è trasferito. Padma comincia a rispondere ed entra in un mondo inventato da lei, ricostruisce, attraverso le lettere d’amore smarrite, storie immaginarie, sciogliendo legami interrotti a causa della distanza per permettere ad una ragazza di salvare la propria reputazione e incontrare l’uomo che sposerà davvero. Ma il destino è in agguato e trova una lettera che riguarda il padre;  leggendola. scopre con sgomento che egli ha una famiglia che ha abbandonato e che ora deve sostenere economicamente e che lei e sua madre non contano niente. Improvvisamente qualcosa si spezza in lei e  rifiuta di dare al padre ciò che la madre ha guadagnato per il suo lavoro. Un atto di forza e di ribellione verso un sistema ingiusto che pone la donna in una condizione subalterna, ma saranno proprio loro, le “ragazze di Paradiso” e le loro madri a far fronte comune contro la volontà del governo di abbattere il loro quartiere, capeggiate dalla nonna di Banu che fa interrompere  la demolizione con un atto di consapevolezza e coraggio, con riservatezza, come ha fatto tempo prima, prendendo una decisione importante per la sua vita. senza farsi scoprire.

A cura di Ilde Rampino

ARTICOLI CORRELATI