“Veloce come il desiderio” di Laura Esquivel

Ilde rampino recensisce per Nuova Irpinia il romanzo rosa della scrittrice messicana pubblicato nel 2001

“Veloce come il desiderio” di Laura Esquivel. La dolorosa incapacità di non poter parlare, ascoltando il silenzio per trovare le risposte, mentre intorno a lui sua figlia Lluva impara a poco a poco l’alfabeto Morse per comunicare con lui, vivendo momenti di intensa commozione, inseguendo le “parole viaggiatrici” che diventano ottime conduttrici di energia amorosa che riesce a trasformare la realtà e lo perdona per quel segreto mai rivelato: la morte del suo fratellino. E’ la vicinanza del cuore nei confronti di suo padre Jubilo, densa di affetto e nostalgia: “là dove andrai ci sarà qualcuno ad aspettarti, come tu aspettavi me”, di tenerezza per quell’uomo, orgoglioso di essere sempre se stesso e di esprimere la gioia: Jubilo aveva la capacità di rendere felici quelli che lo circondavano e il dono speciale di ascoltare gli altri. Il suo amore per Lucha aveva creato molte tensioni, soprattutto da parte di sua madre, secondo cui le nozze tra un indio maya e una donna bianca rappresentavano un pericolo. Egli era legato alla tradizione antica, ai simboli maya in cui sua madre e i suoi antenati credevano e che costituivano il retaggio del suo passato, ma profonda era la forza emotiva del suo animo: avvertiva le vibrazioni delle cose ed entrava in armonia con esse. Il suo grande sogno era di diventare telegrafista, perché riusciva ad intercettare i messaggi delle persone, prima che si convertissero in parole. Non riusciva a sopportare le ingiustizie e l’abuso di potere di don Pedro, il titolare dell’ufficio in cui egli lavorava, soprattutto nei riguardi di sua moglie Lucha.

Durante la sua vita egli credeva che il possesso di molte cose renda l’uomo schiavo di esse e l’unica forza vitale era l’amore, che, durante il matrimonio, aveva fatto superare in qualche modo le difficoltà della mancanza di denaro, dei sacrifici. Per Jubilo l’uomo ricco è quello capace di essere felice, ma la moglie gli rimproverava la mancanza di ambizione. Un fraintendimento provoca un periodo di allontanamento tra lui e la moglie, egli si sente privato di ciò che più amava  al mondo: la sua mano, che era il mezzo per entrare in contatto con l’altro era come abbandonata a se stessa. Jubilo comincia a rifugiarsi nel bere per cercare di colmare il suo vuoto, ma sarà proprio quello a provocare qualcosa di irreparabile e a dividerli per sempre. Quell’ attimo di sonno in cui egli ”non aveva sentito suo figlio morire” segnerà una frattura irrimediabile tra loro. Per Lucha, la morte di Ramiro rappresentò la distruzione e la perdita di ciò che aveva di più caro al mondo: la sua famiglia e l’amore per Jubilo, ma egli si sentiva disperso in un mondo che non era più il suo e in quel momento non poteva prendersi cura neanche di se stesso. Suggestiva è la descrizione degli ultimi momenti della vita di Jubilo: egli aveva sempre creduto che la trasmissione dell’energia non si interrompe mai e solo quando la sua amata Lucha giungerà, dopo trent’anni in cui le loro strade si erano disperse, egli si arrenderà alla morte.

A cura di Ilde Rampino

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