Araxis di Mario Vespasiani, in mostra gli arazzi della speranza

Dall'8 agosto al 30 settembre 2020 in mostra nel Piceno «una sorprendente serie di arazzi concepiti da Mario Vespasiani durante il lockdown insieme alla musa Mara, per rimettere al centro della creazione artistica il calore del rapporto umano»

In mostra nel Piceno Araxis di Mario Vespasiani, «una sorprendente serie di arazzi concepiti durante il lockdown insieme alla musa Mara, per rimettere al centro della creazione artistica il calore del rapporto umano». Da ieri, 8 agosto, al 30 settembre sono esposti nelle Marche, a cura del Lab Contemporary a Ripatransone e Grottammare, in provincia di Ascoli Piceno. «In base alle recenti norme anti-assembramento, le mostre aperte dalla giornata di sabato 8 agosto, senza la cerimonia di inaugurazione e dureranno fino a tutto il mese di settembre», si legge in una nota. «Per via delle caratteristiche degli spazi espositivi le opere sono state installate in modo tale da essere osservate dall’esterno, tuttavia è possibile prenotare una visita, ricordando l’obbligo della mascherina nel rispetto delle normative vigenti». La mostra ‘Araxis – opere tessute’ «è curata da Mara, protagonista del dialogo e del confronto con l’artista durante l’ideazione», si legge ancora.

Araxis di Mario Vespasiani, in mostra gli arazzi della speranza. Nella foto Mario Vespasiani con la musa Mara

ARAXIS E MARIO VESPASIANI: IL TEMA. I nuovi lavori di Mario Vespasiani sono stati immaginati durante la grande emergenza sanitaria che dai primi mesi del 2020 sta sconvolgendo il mondo e derivano dall’eccezionalità di un momento che, a fronte della tutela della salute, ha impedito alla quasi totalità della popolazione italiana di svolgere i più vari impegni giornalieri, modificando decisamente le relazioni e le più semplici abitudini quotidiani. Le rigide restrizioni hanno però sollecitato altri spunti e stimolato nuove considerazioni sullo stare insieme, tra familiari spesso distanti tra loro, come all’interno del proprio ambiente domestico, rivedendo spazi ed esigenze e tutta quella serie di libertà individuali date per scontate, ma di certo non troppo apprezzate da una società che ha fatto della velocità, dell’accumulo e poi dello scarto, i suoi tratti distintivi. Mario Vespasiani in quei mesi di pausa forzata non ha prodotto una sola opera e ha preferito non inondare i suoi canali social con immagini e dirette web come invece hanno fatto i suoi colleghi tra presentazioni ed autopromozioni. Ha bensì rispettato nel silenzio il dolore e il disorientamento di tutti quei cittadini di ogni nazionalità che sono stati toccati dalla pandemia, anche solo a livello psicologico, per riflettere sul tipo di emozione da elaborare e comunicare successivamente, per sottolineare uno focus sulle urgenze ed una presa di posizione riguardo l’importanza dell’arte nel quotidiano. Dallo stare insieme con le stesse persone – per quelli che dovevano essere pochi giorni e che sono diventati mesi interi – alla condivisione delle medesime aree domestiche, sono state concepite delle opere inaspettate, per simboli, materiali e tecnica. Mario Vespasiani, sperimentatore incessante ha voluto questa volta misurare la sua abilità nell’accostamento cromatico al procedimento dell’arte della tessitura.

Araxis di Mario Vespasiani, in mostra gli arazzi della speranza

ARAXIS E MARIO VESPASIANI: LA MOSTRA. La mostra Araxis – opere tessute è la dimostrazione di come l’attitudine visionaria dell’autore sia in grado di espandere su più fronti l’impronta pittorica che risiede prima di tutto nella mente e poi nella mano. Nonostante le limitazioni del periodo, Vespasiani ha evidenziato la capacità di saper rigenerare il medium e di toccare ambiti non ancora pienamente sviluppati. Con la preziosa consulenza dell’ing. Stefano Franca, l’artista ha difatti progettato opere di medio e grande formato, che possono essere esposte su entrambi i lati, dove vengono messi in risalto i differenti aspetti della lavorazione. Gli arazzi per Mario possono considerarsi una tradizione di famiglia, in quanto durante al creazione ha tenuto presente gli otto grandi teli fiamminghi del XVI secolo dedicati al suo più celebre antenato, l’imperatore Vespasiano, raffigurato nella conquista di Gerusalemme, oggi conservati nel Museo di Marsala.

Araxis di Mario Vespasiani, in mostra gli arazzi della speranza

«TRA ALTO ARTIGIANATO E MANUFATTO ARTISTICO». Come forma di arte, l’arazzo si colloca tra alto artigianato e manufatto artistico, solitamente di ampio formato, riporta spesso scene dettagliate. Appesi alle pareti in pietra dei castelli, le cui sale erano difficilmente riscaldabili, univano alla funzione decorativa quella di isolamento termico durante l’inverno. Ma la loro fortuna nei secoli era probabilmente legata alla loro trasportabilità, caratteristica che permetteva di arrotolarli, rendendoli maneggevoli negli spostamenti tra una residenza e l’altra e pratici nell’eventuale a messa in sicurezza in caso d’incendio o saccheggio. Mario Vespasiani ha dunque colto nel tradizionale utilizzo dell’arazzo qualcosa di strettamente legato ai tempi eccezionali che tutti noi stavamo vivendo e il senso di calore e protezione che riuscivano a trasmettere, sono così diventati per lui emblemi di una maggiore consapevolezza, del proprio animo, del sentimento, in rapporto a quello delle persone che ci sono prossime.

UNA TRADIZIONE ANTICA. Gli arazzi sono stati prodotti fin dall’antichità ed anche se per via delle fibre naturali facilmente deperibili, molti sono andati perduti, ne sono arrivati a noi alcuni esemplari dall’antico Egitto fino alla Grecia tardo ellenica. Nei secoli, i temi più rappresentati hanno riguardato le illustrazioni cavalleresche a cui si affiancavano raffigurazioni sacre di episodi dell’Antico e del Nuovo Testamento. Dalla fine del Settecento, con il passaggio alla produzione industriale e il crescere del costo della manodopera l’attenzione verso gli arazzi incominciò a declinare, in quanto simili fondali tessuti non corrispondevano più ai gusti del tempo. Destinati al piacere di sempre meno committenti, iniziarono ad apparire arazzi tessuti a macchina o dipinti, dai contenuti prettamente decorativi. In generale i soggetti raffigurati sono disparati: sacri, se destinati alle chiese, storico-celebrativi o naturalistici se rivolti ai palazzi pubblici e privati. Per secoli hanno avuto una destinazione specificatamente sacrale, dal trecento in poi, gli arazzi entrano nelle residenze dei principi rivestendo un’importanza pratica come protezione dal freddo che da complemento d’arredo. In alcuni luoghi di culto venivano esposti solo in occasione di particolari ricorrenze. Hanno fornito i propri cartoni artisti quali Raffaello, Rubens e Goya, fino a Picasso e Miró. Tra le avanguardie dei primi del ‘900, il Futurismo si interessò a questa forma artistica con Prampolini, Balla e Depero, per poi decretarne la conclusione della stagione.

«UNA RAFFINATA IDEALE PROTEZIONE DALL’ESTERNO». Gli arazzi rappresentano dunque per Mario Vespasiani un’ideale protezione dagli assalti esterni e dunque Ar-axis perché assi centrali del ritorno in sé. Sono teli che edificano e delimitano un ambiente personale e sacro, dove attraverso i simboli e le figure più o meno riconoscibili, rimarcano l’importanza da destinare al momento presente, alla condivisione dell’istante e all’ascolto del profondo. Ogni opera esposta è rigorosamente un pezzo unico, che riporta impresso sulla trama nome e titolo, è realizzata intrecciando migliaia di fili colorati, esaltando la cifra espressiva cromatica che ha reso celebre l’autore.


L'artista

MARIO VESPASIANI | Il PROFILO. Mario Vespasiani nasce nel 1978. Inaugura la prima mostra non ancora ventenne e ad oggi ha esposto su tutto il territorio nazionale, in gallerie, musei, luoghi di culto e in contesti inusuali. Nel corso del tempo la sua ricerca ha interessato anche studiosi di discipline che vanno dalla teologia all’astrofisica, dall’antropologia alla filosofia. Si esprime attraverso un alfabeto simbolico che si fonda sulle rivelazioni della mistica cristiana e sulla pratica alchemica della pittura. Attento osservatore delle leggi naturali e degli insegnamenti della sapienza orientale, il suo lavoro va inteso come continuazione dell’opera creativa universale, da cui cogliere il sentimento spirituale. Espone giovanissimo ai Musei Capitolini di Roma con la mostra Gemine Muse, a 27 anni vince il primo Premio Pagine Bianche d’Autore, figura nel libro Fragili eroi di Roberto Gramiccia, sugli artisti italiani del futurismo ad oggi e sul Dizionario dell’Arte Italiana edito da Giancarlo Politi. Per essere stato tra i primissimi artisti ad aver impiegato la sua impronta pittorica ai nuovi materiali e alle recenti tecnologie, viene inviato nel 2012 dall’Accademia di Belle Belle Arti di Macerata a tenere una conferenza dal titolo: L’essenza e il dono. Arte, relazione e condivisione, dalla tela all’iPad. Nello stesso anno con le opere realizzate mediante l’iPad ed applicate su alluminio partecipa al Premio Termoli e di seguito alle storiche rassegne d’arte nazionali: nel 2014 al Premio Sulmona, nel 2015 al Premio Vasto, nel 2018 al Premio Marche. Durante la sua carriera le sue opere sono state poste in dialogo diretto con alcuni maestri dall’arte italiana, quali Mario Schifano, Osvaldo Licini, Lorenzo Lotto e Mario Giacomelli, in mostre intitolate La quarta dimensione. Ha esposto nel 2011 al Padiglione Italia della Biennale di Venezia curato da Vittorio Sgarbi nella sede di Torino e qui con Imago Mundi alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. Dal 2013 lavora a Mara as Muse, un progetto composto da dipinti, disegni, fotografie, libri e oggetti d’arte, che tratta del rapporto della presenza femminile nell’ispirazione artistica, la cui trilogia è stata presentata a fine 2017 alla Galleria d’Arte Moderna di Roma. Nel 2015 realizza delle opere in pura seta intitolate Storie di viaggiatori, territori e bandiere che espone come fossero vessilli, la cui performance si tiene nella Pinacoteca civica di Ascoli Piceno e in un happening sulla cima di un’antica torre. Nel mese di maggio esce Planet Aurum il suo primo libro interamente dedicato agli scritti e nello stesso anno la città di Fermo lo invita a dipingere il Palio dell’Assunta collegato alla personale Empireo. Nel 2016 è l’ideatore del festival sul pensiero contemporaneo La Sibilla e i Nuovi Visionari. Nel 2017 è stato in mostra a Venezia e Monaco di Baviera nella collettiva Our place in space promossa da NASA ed Esa che prosegue nel 2018 in un tour mondiale. Nello stesso anno organizza Indipendenti, Ribelli e Mistici, una rassegna di incontri interculturali che ha coinvolto numerosi studiosi provenienti da vari ambiti. Sempre nel 2017 il Museo Storico dell’Aeronautica Militare di Vigna di Valle ha celebrato il quarantennale con la sua mostra personale dal titolo Fly Sky and Air. Nel 2018 inaugura la mostra Lepanto dedicata alla famosa battaglia, nel Museo Diocesano di Gaeta dove è conservato lo stendardo della flotta. Nel maggio 2019 è stata presentata al Museo d’Arte Contemporanea di Roma (MACRO) la quarantesima pubblicazione dedicata al suo lavoro. Nello stesso anno si tiene la mostra Underworld dedicata al tema dell’inconscio visto attraverso la metafora delle creature marine, successivamente si sono svolte le personali dal titolo Il tempo dei trentasei giusti a Villa Caldogno nel vicentino e al Museo Michetti in Abruzzo, la mostra Eschatology, opere monumentali sul mistero ultimo. Nel 2020 durante l’emergenza sanitaria globale, si è dedicato al progetto artistico-sociale Per aspera ad Astra, attraverso il quale è riuscito a coinvolgere un pubblico internazionale mediante l’uso dei social network, invitando chiunque a descrivere il periodo del lockdown con fotografie di dettagli astratti del contesto quotidiano. Nel mese di luglio ha tenuto dei laboratori dal titolo: Cavalcare la tigre, incontri sull’arte e sul coraggio, diretti a stimolare il pensiero creativo ed etico degli adolescenti, i soggetti più colpiti a livello psicologico dalla pandemia.


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