Dopo Covid-19, Simeone (Uil): serve un nuovo modello di sviluppo

LE AREE INTERNE PROTAGONISTE DELLA RINASCITA. Per il segretario della Uil Irpinia Sannio occorre ripensare l'assetto industriale strategico, a partire dalla redistribuzione delle attività su un territorio che oggi impone il distanziamento sociale

Il dopo Covid-19 per Luigi Simeone non si realizzerà semplicemente immettendo liquidità nel sistema economico, ma serve un nuovo modello di sviluppo. Per il segretario della Uil Irpinia Sannio occorre ripensare l’assetto industriale strategico, a partire dalla redistribuzione delle attività su un territorio che oggi impone il distanziamento sociale. In questo scenario, le Aree Interne possono giocare un ruolo decisivo.


Dopo Covid-19, da Crisi a Creso

di Luigi Simeone | segretario generale UIL Avellino/Benevento

Luigi Simeone, segretario della Uil di Avellino

Se non sarà più come prima, non si può affrontare la ripartenza con le stesse logiche di sempre! Dopo ogni tragedia o difficoltà ci si si può rialzare, e il nostro Paese non si è sempre contraddistinto per averlo saputo fare con efficacia. Siamo usciti da situazioni sociali ed economiche difficili, molte relative a singole realtà locali, altre all’intero territorio nazionale, e in un modo o in un altro siamo riusciti a venirne fuori, ma spesso lasciando per strada risorse, economie e uomini e donne che si sono ritrovati più deboli e più esposti alla povertà all’isolamento di quanto non lo fossero già. Questa del COVID-19 ha una caratteristica forse finora sconosciuta che non espone parti del Paese più di altre, se ciò è successo è stato per un fatto esclusivamente temporale e non strutturale, tanto che il discrimine è stato l’autorevolezza e la tempestività dei Governi sulla capacità di limitare ogni possibilità di contagio, certo abbiamo ristretto molto, in alcuni casi forse anche troppo, le libertà individuali, ma nella percezione generale e mediatica andava fatto e i cittadini si sono dimostrati anche solerti e attenti.

Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte ha tenuto a Palazzo Chigi una conferenza stampa con il Ministro dell’economia e delle finanze, Roberto Gualtieri e, in videocollegamento, il Presidente dell’Anci, Antonio Decaro.

Appare evidente che in questa nuova fase però, lasciando ad altri le valutazioni epidemiologiche, bisogna stare molto attenti, perché la ripartenza non avrà per tutti le stesse valutazioni, non ci saranno più quelli bravi che con autorevolezza e autoritarismo si sono distinti per le più o meno estese chiusure, ma bensì sulla caratteristica e sulla tempestività delle iniziative a sostegno di cittadini, lavoratori e imprese, impegnati in questa difficile fase le cui caratteristiche economiche sono ancora inapprezzabili. I tempi e i modi con cui si sosterrà la ripartenza saranno determinanti, non si tratta più di imporre divieti, ma di costruire occasioni, e qui il Paese non si può ripresentare con le differenze e le divaricazioni territoriali che conosciamo.

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La caratteristica dell’isolamento di aree del Paese si è mostrata in tutta la sua drammaticità, la crisi dell’offerta di Sanità, Trasporti e in ipotesi di riapertura anche della Scuola, mostra la inconsistente gestione del livello dei servizi, che non ci ha garantito di poter rispondere all’emergenza, che non ci garantisce di poter offrire trasporti di qualità e in sicurezza, come non ci consentirà di aprire le scuole in sicurezza. Recuperare subito i tagli su Ospedali e presidi sanitari, così come quelli su Trasporto su Ferro su gomma, e superare totalmente la logica del Dimensionamento scolastico che hanno negato la vita in tanti piccoli Comuni, costituisce la risposta alla lezione che il territorio ha avuto da un nemico invisibile, ma che ha affondato le sue radici nella irresponsabilità e nella insipienza gestionale per una parte del Paese abbandonata e lasciata alla sua inesorabile desertificazione.

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Non si tratta solo di drenare risorse, che pure sono importanti, ma che da sole non bastano come non sono bastate in altre tragiche occasioni, bisogna recuperare e ripensare a un modello di sviluppo, che partendo dalla infrastrutturazione e qualità dei servizi, possa offrire alle imprese il motivo e il sostegno di ripartire ma soprattutto di restare, evitando di finanziare le imprese più che il lavoro. La vocazione territoriale e la caratteristica dei nuovi investimenti, dovranno garantire la specializzazione e la qualificazione di diversi territori delle Aree Interne, abbiamo bisogno sicuramente di sostenere la riapertura di esercizi commerciali e artigianali, ma la partita la possiamo vincere se ci proporremo all’esterno e all’estero come poli, come filiere come comunità e non come la somma di piccole e singole iniziative. Uscire più ricchi dalla crisi? È possibile se valuteremo una diversa distribuzione territoriale e demografica, e se ridaremo fiato e sviluppo a quelli che abbiamo lasciato indietro, riscrivendo i sistemi di redistribuzione della ricchezza per accorciare la forbice tra imprenditori e lavoratori e tra le diverse aree del paese e della stessa Regione.


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