L’artigianato in Campania ha perso 2 miliardi col lockdown

L'appello di Confartigianato al Governatore Vincenzo De Luca e al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Il Presidente regionale dell'associazione Mocella: molte aziende potrebbero passare di mano o chiudere

L’artigianato in Campania ha perso 2 miliardi con il lockdown, fa sapere il presidente di Confartigianato Campania, Ettore Mocella.

Ettore Mocella, presidente di Confartigianato Avellino

«Parrucchieri, estetisti, bar, ristoranti possono riaprire subito. Sono nelle condizioni di riprendere e nella massima sicurezza, rispettando le misure imposte. Perché attendere ancora e penalizzare ulteriormente queste attività? Già hanno subito danni notevoli», scrive Mocella in una nota. «Aspettare altri giorni significa determinare la morte di tante imprese». Il presidente Mocella si appella a Governo e Regione: «Bisogna fare presto, altrimenti pensiamo che un quinto di queste realtà non alzerà più la saracinesca. Corriamo il rischio di trovarci in mano a multinazionali del food, dei bar e di perdere la tradizione locale, la trattoria, mettendo in pericolo quella filiera dell’enogastronomia che è fiore all’occhiello delle nostre terre e fa da traino al turismo». In questo scenario l’artigianato in Campania è allo stremo, prosegue, «rischiamo la dittatura del surgelato. Ci sono delle regole da rispettare e queste strutture sono in grado di farlo immediatamente. Non si capisce la ragione per cui bisogna ancora attendere».

PARRUCCHIERI ED ESTETISTI. «E poi c’è la cura della persona», aggiunge il presidente Mocella. «Parrucchieri ed estetisti su appuntamento, muniti di dispositivi di protezione individuale e di quanto necessario per proteggere la clientela, sono nelle condizioni di ricominciare. Non c’è motivo di aspettare fino a giugno, quando poi si consente di far salire fino a 15-20 persone su un bus. Finora queste aziende non hanno ottenuto aiuti concreti da nessuno. Hanno voglia di rimettersi in moto con le proprie forze, ma hanno anche necessità di liquidità attraverso risorse a fondo perduto». Per questo, «si deve ripartire dalla centralità del lavoro, che dà dignità alle persone e che è al centro della Costituzione. Il lavoro vero non lo creano lo Stato o l’assistenzialismo, ma le imprese».


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