«Contagio economico del coronavirus, serve una cura da cavallo»

L'ANALISI DI GERARDO SANTOLI. Siamo in emergenza. Le mezze misure non servono più. Meglio una terapia d’urto, ma breve, che una lunga agonia di ambiguità

Confimprenditori propone una «Cura da cavallo contro il contagio economico del coronavirus». Nell’analisi che segue Gerardo Santoli osserva che l’Italia è in emergenza. «Le mezze misure non servono più. Meglio una terapia d’urto, ma breve, che una lunga agonia di ambiguità». Di seguito l’intervento.


Agire contro il contagio economico del coronavirus

di Gerardo Santoli | Confimprenditori

Gerardo Santoli, Vicepresidente di Confimprenditori

Come il medico pietoso che fece la piaga purulenta, se non si vuole negare l’esistenza di un pericolo sanitario molto grave (andando contro l’opinione di ogni scienziato e virologo), è il momento di intervenire drasticamente per ridurre la diffusione del nuovo coronavirus. Dopo la chiusura delle scuole, infatti, nessun intervento appare esagerato. Dopo il decreto del governo, è il momento di essere determinati. Come un bravo chirurgo che deve asportare un tumore potenzialmente letale, non bisogna fare sconti, non bisogna tentennare, non bisogna lasciare nulla di intentato. Certo, si può discutere sull’opportunità di voler chiudere le scuole e, soprattutto, sulla tempistica (non era meglio prenderla direttamente due settimane fa?), o sulla durata (bastano meno di 15 giorni?), ma è evidente che ormai siamo entrati in una strategia, drastica, di contenimento della malattia. Purtroppo ne risentirà la vita sociale, quella culturale, come anche e l’intera economia, che già navigava in acque difficili. E come rappresentanti di intere categorie economiche, certo non sottovalutiamo il problema. Ma pensare di vivacchiare o ignorare il problema significherebbe solo allungare il periodo di prognosi del Paese. E più letale la malattia. Oltre a rendere vani gli sforzi e le difficoltà già incontrate. Per cui non bisogna avere timore di prendere misure perfino più restrittive rispetto a quelle varate finora. Oltre alla distanza di un metro, le scuole chiuse, gli eventi pubblici sospesi, sarebbe necessario imporre il telelavoro ovunque sia possibile, contingentare e organizzare i flussi delle persone e gli ingressi (per esempio nelle metropolitane) e, perché no, obbligare all’uso della mascherina per tutti. In fondo, le precauzioni in questo momento non sono mai troppe. E dal momento che abbiamo intrapreso una terapia d’urto, senza lasciarsi andare al panico e all’allarmismo, è meglio applicarla nel miglior modo possibile. Con la speranza che questo la renda più breve e meno dolorosa. Meglio, infatti, chiudere l’Italia per un breve periodo, sospendendo tutte le attività, per provare a ripartire una volta per tutte quando sarà finita l’emergenza, che proseguire con misure contraddittorie e comunicazioni schizofreniche. Meglio una terapia forte, decisa, totalizzante, ma efficace e quanto più breve possibile. Perché l’alternativa è una lunga agonia debilitante, e, purtroppo, definitiva. Uno scenario che nessun medico consiglierebbe.

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