Antonio Di Nunno, 5 anni fa moriva il sindaco della svolta avellinese

Oggi, 3 gennaio, ad Avellino messa in suffragio officiata da don Emilio Carbone presso la Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli alle ore 18. Il ricordo pubblico dedicato all'ex sindaco di Avellino dal capo redattore de Il Mattino, Aldo Balestra

Antonio Di Nunno, sindaco dal 1995 al 2003, promotore della nuova cittá progettata al termine della lunga fase di ricostruzione seguita al terremoto del 23 novembre 1980

Antonio Di Nunno moriva 5 anni fa, il 3 gennaio 2015 a 69 anni. Amministratori locali, esponenti politici e istituzionali, amici, colleghi giornalisti, commemorano nell’intimità del proprio ricordo la sua figura di uomo libero, intellettualmente onesto, appassionato e schietto servitore delle istituzioni. Il 3 gennaio di cinque anni fa l’Irpinia perdeva il sindaco della svolta avellinese, capace di lasciare una traccia indelebile nella storia di Avellino, come prima di lui seppe fare solo Nacchettino Aurigemma. Giornalisti entrambi, Aurigemma e Di Nunno si sono fatti strada nella professione e nella vita in punta di penna, giungendo a scrivere per la loro città pagine decisive. Se Aurigemma archiviò la lunga stagione del dopoguerra tra il 1970 e il 75, approvando in pochi mesi consuntivi arretrati da anni (era un’epoca sideralmente diversa da quella attuale) e realizzando con l’architetto Marcello Petrignani la matrice urbanistica avellinese per il successivo trentennio, Di Nunno non gli fu da meno. Tra il 1995 e il 99 consentì al Comune di assorbire debiti fuori bilancio prodotti dagli espropri per l’emergenza e la ricostruzione post sisma pari a oltre 110 miliardi delle vecchie lire, elaborando nel contempo con l’architetto Augusto Cagnardi una visione sostenibile e moderna di Avellino, destinata a scandirne lo sviluppo probabilmente per altri vent’anni dopo la sua morte. Eppure, non potè realizzare interamente la sua visione, per i problemi di salute che ne condizionarono il percorso, a partire dalla seconda metà del 2000. Nel gennaio 2015 morì in conseguenza di una malattia che lo aveva colpito irreparabilmente ben quindici anni prima del suo decesso. Un attacco ischemico dalle cui conseguenze non si riprese mai del tutto, stava per ucciderlo la mattina in cui con l’allora Assessore Antonio Gengaro stava recandosi a Salerno per partecipare ai funerali di Fiorentino Sullo. Un anticipo del poderoso attacco ischemico che lo avrebbe colpito pochi minuti dopo lo dirottò provvidenzialmente in ospedale, su insistito consiglio dello stesso Gengaro. Nel fare il suo ingresso al Moscati, il male lo colse mentre gli correva incontro il suo medico, il primario Giuseppe Galasso, poi suo successore alla guida della città. Per mesi Antonio Di Nunno fu costretto a stare lontano dal Comune, per una convalescenza che affrontò con determinazione e caparbietà. Il Sindaco tornò in sella per completare il suo programma di riforme, preferendo la trincea dell’amministrazione locale ad un comodo seggio alla Camera dei Deputati, dove non volle andare nel 2001, benchè ripetutamente invitato. In un tempo in cui il suo schieramento politico in irpinia dominava incontrastato i collegi uninominali, non volle abbandonare la fascia di sindaco per conseguire una facile vittoria agognata da molti altri. Non è questa la sede per tracciare un bilancio politico e amministrativo del suo percorso, ma vale almeno la pena ricordare alcuni dettagli della sua personalità allora passati in secondo piano. Chi lo ha conosciuto nel quotidiano dei suoi uffici di sindaco, anche ad una certa distanza, ricorda che Di Nunno durante il suo primo mandato preferiva viaggiare con la sua auto e a proprie spese anche quando doveva recarsi fuori città per doveri istituzionali. Nei primi cinque anni da sindaco utilizzava solo il suo telefonino personale gravando sulle proprie risorse. Non di rado invitava a cena consiglieri e assessori dopo sedute complesse dell’assemblea cittadina, pagando ogni volta il conto personalmente. E chi conosce indennità amministrative dell’epoca e l’ammontare del suo stipendio prima di mettersi in aspettativa alla Rai, sa che ogni mese percepiva al Comune meno di quanto avrebbe guadagnato con il suo lavoro di giornalista. La sua sobrietà era un tratto naturale del suo agire, che lo rendeva impermeabile alle insidie del potere. Capace di decidere con autorevolezza e determinazione, moltiplicava comunque gli sforzi in consiglio comunale per allargare il consenso sulle scelte. Di rado imponeva la logica dei numeri, mai si sottraeva al confronto sui temi più impopolari. Antonio Di Nunno è stato sindaco di Avellino dal 1995 al 2003, offrendo una lezione di stile che meriterebbe di essere trasmessa alle nuove generazioni. Incarnava l’etica della responsabilità, il volto autentico della politica dossettiana. Giornalista Rai presso la redazione napoletana del Tg3, da cinque anni riposa nel cimitero di Ariano Irpino, paese natio di sua madre.

Antonio Di Nunno

LA MESSA NEL CENTRO STORICO. In occasione del quinto anniversario della sua morte, oggi don Emilio Carbone officerà una messa in suffragio per Antonio Di Nunno presso la chiesa di Costantinopoli, al Corso Umberto I ad Avellino. Come di consueto, sarà l’occasione per rivedere uniti tanti esponenti del mondo politico, culturale, professionale, ma anche gente comune e amici di Tonino Di Nunno. Tra questi, Aldo Balestra, che lo scorso anno inviò una nota agli organizzatori, la Redazione de L’Irpinia, con cui Antonio Di Nunno ha collaborato a lungo negli ultimi anni della sua vita. Il capo redattore de Il Mattino ha reso pubblico il suo intervento del gennaio 2019, che in questa sede riproponiamo.


Giornalismo e politica. La lezione di Antonio Di Nunno

di Aldo Balestra (*)

Chissà se Tonino Di Nunno, nella sua semplicità e sobrietà, ci avrebbe mai legittimato a parlare oggi della sua esperienza giornalistica e politica come di una “lezione”. Ma credo che non siano soltanto il gruppo di amici di Tonino (che si muove intorno all’associazione “L’Irpinia”) e i colleghi che hanno risposto con entusiasmo all’invito odierno, a ritenere che la sua testimonianza assuma proprio il valore pieno della “lezione”. E non solo per la difficoltà attuale di una professione che si interroga quotidianamente su requisiti, valore, spazi di movimento e capacità di incidere sui processi di formazione delle opinioni e delle valutazioni; e di una politica che, a cominciare dal livello cittadino, vive la consapevolezza del non-essere, della debolezza nel trovare credibili forme di aggregazione e rappresentanza in vista della necessaria esigenza di dare governi e speranze ai territori e ai suoi abitanti. Siamo convinti non solo noi, che quella di Di Nunno, che ricordiamo nel quarto anniversario della sua scomparsa, possa rappresentare un modello.

Il programma elettorale presentato da Antonio Di Nunno nella campagna 1995 in nome del Partito Popolare Italiano. Al secondo turno con la convergenza del Pds nacque il Centrosinistra ulivista nel solco dell’esperienza nazionale di Romano Prodi

Lo avvertono i colleghi che l’hanno conosciuto, certo. Ma anche i giornalisti più giovani, che non hanno vissuto il suo tempo, e che però oggi sono qui, curiosi, per scoprirlo, e che dopo questa serata saranno più appassionati e consapevoli sentendo raccontare del Di Nunno giornalista. E ciò in un’epoca in cui i “maestri” sono pochi, e le figure di riferimento pure, ed avanza piuttosto un preoccupante e dilagante “fai da te”. Anzi, a tal proposito, piace sottolineare come sia stata intuitivamente felice, e sincera, la scelta di ricordare anche il profilo professionale di Antonio, che rischia spesso di essere offuscato dalla valenza e notorietà della figura del Di Nunno amministratore pubblico, sindaco della città di Avellino negli anni dal 1995 al 2003. Che quella di Tonino sia stata “lezione” a tutto tondo, passando al profilo pubblico, lo avvertono infatti sempre di più cittadini che, al di là dell’adesione o meno al suo progetto di città, riconoscevano la consistenza della sua idea, la passione che la sosteneva, l’assoluta dirittura morale che l’hanno ispirata sino alla traumatica fine. E oggi, con il senno di poi, anche molti che erano legittimamente su posizioni diverse, rivalutano la coerenza e la profondità di quell’azione amministrativa, al di là degli errori che pur fanno parte dell’agire umano.

Antonio Di Nunno, già sindaco di Avellino dal 1995 al 2003. È scomparso il 3 gennaio 2015 a 69 anni

Il Di Nunno giornalista è stato per me, insieme al gruppo di Radio Irpinia, il riferimento di una professione a cui accostarsi con umiltà e consapevolezza. L’umiltà dovevi dartela tu, epperò non c’era possibilità di fare altrimenti, direi, al cospetto di figure come quella di Tonino, di percepibile e riconosciuto spessore professionale. La consapevolezza ti veniva dalla validità degli insegnamenti ricevuti, dalla pienezza avvertita in metodiche e comportamenti che sono l’essenza stessa dell’azione di chi, in qualsiasi campo, anche quello giornalistico, finisce per essere – come si dice oggi – “classe dirigente”. Antonio Di Nunno, nella sua carriera giornalistica, sublimata dall’esperienza nella sede di Napoli del Tg3, è stato dunque punto di riferimento: una guida competente e rigorosa, esigente e amante della verità. La verità, con una ricerca puntigliosa e metodica, frutto della consistenza della preparazione oltre che del rispetto delle regole d’ingaggio. “Roba” che resiste anche oggi, malgrado i continui e violenti attacchi, al tempo di una comunicazione più orizzontale e con sempre meno intermediazione. Una intermediazione diminuita spesso – va detto – per colpevole incapacità o evidente impossibilità della classe giornalistica, non in grado di resistere al dilagante tentativo di omologazione, frutto di un’indistinta capacità della Rete di ammantare di verità – grazie alla velocità e alla rapidità di diffusione virale – semplici frasi ad effetto, teoremi, spesso insopportabili falsità. Di Nunno ha sempre insegnato che senza preparazione culturale e professionale non poteva esserci competenza giornalistica. Che senza onestà di pensiero non poteva esserci credibilità, il valore maggiore a cui ogni giornalista non dovrebbe mai rinunciare. Il Di Nunno politico. Credo sia utile ricordare che ben prima della sua esperienza di sindaco di Avellino, di cui anche si discuterà questa sera, Antonio abbia considerato l’utilità dell’impegno politico nella sua città. Una militanza quasi naturale quando la casa-partito accoglieva giovani desiderosi di formazione del pensiero, conoscenza e approfondimento dei contesti locali e dei bisogni, di una prospettiva, di una capacità dell’esposizione di posizioni pur nel duro confronto di idee diverse.

Antonio Di Nunno nel 2011

Altri tempi, certo. Oggi, con la scomparsa della forma-partito nella tradizionale accezione, si avverte la difficoltà di immaginare percorsi di tal tipo. Eppure, la preparazione su un argomento, lo studio profondo dei processi storici, l’apertura a progressi culturali e svolte sociali, la curiosità ed insieme il coraggio e l’entusiasmo, il rispetto degli avversari, sono ancora valori fondanti di un’azione politica di qualità. Anzi, se ne avverte il bisogno, ancor di più, in tempi come questi: vincono gli slogan senza sostanza, s’impongono pensieri sparsi assolutamente virtuali, facilmente nel deserto dell’impegno si ottiene consenso. Una politica di qualità, ispirata a profondissimo rigore morale, praticato e non ostentato, alimentava, dunque, il filo della sua azione politica. Quando, fresco sposo, di ritorno dagli Stati Uniti, nel 1995, me lo ritrovai improvvisamente candidato a sindaco della città di Avellino, non ci fu bisogno di chiedergli “perchè”. Come scrissi per “L’Irpinia” quattro anni fa, ricordandolo in occasione della sua scomparsa, e ribadisco oggi qui, “sapevo che per Antonio lo spirito di servizio, l’attenzione, la dignità, la competenza, l’onestà che aveva dimostrato da giornalista li avrebbe trasfusi appieno nella città che amava e conosceva, e per la quale aveva un progetto grande di riqualificazione e di sviluppo dopo gli scempi del sisma”. Un’idea definitiva, tendente al bello, al moderno ed insieme alla tutela. Mi piace solo ricordare che quando lo intervistavo, da giornalista de “Il Mattino” – pur mantenendo il necessario distacco che egli ci aveva insegnato – gioivo dentro di me, da avellinese, nel sentir parlare in quel modo un amministratore di tal tempra emotiva, etica e politica. E mai Di Nunno, da sindaco, s’è intromesso nelle letture, a volte critiche, dell’operato amministrativo delle sue giunte. Mai ha cercato di “orientare” il racconto e mai s’è lamentato di qualche mia valutazione negativa. Ecco, nella saldatura moderna e intellettualmente onesta del suo essere stato politico prima, giornalista poi, ed ancora politico, mi piace cogliere stasera i tratti della “lezione” di Di Nunno. La cui attualità – e lo dico salutando la platea, scusandomi per l’assenza dovuta esclusivamente a cause di forza maggiore – va colta in pieno: modulandola ai tempi odierni, certamente, ma assolutamente intatta nella sostanza. La sostanza che non ha tempo, non ha latitudini, non ha colore politico.

(*): Redattore Capo de Il Mattino, Napoli


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