Il negozio di sari di Rupa Bajwa

Ilde Rampino recensisce per Nuova Irpinia l'appassionato testo di Rupa Bajwa, che ha ricevuto il Premio Autore Esordiente della XXIV edizione del Premio Grinzane Cavour

Il negozio di sari di Rupa Bajwa. Attraverso le pagine di questo libro, la scrittrice ci accompagna in un viaggio all’interno di un mondo sconosciuto, quello indiano, in cui i riti e le particolari usanze assumono una valenza densa di un significato ancestrale, che nonostante il trascorrere degli anni, conserva ancora una rilevanza significativa nella vita dei personaggi di una società che, pur evolvendosi, mantiene le proprie tradizioni a cui è difficile rinunciare.

Il negozio di sari di Rupa Bajwa

Le stoffe rivestono una grande importanza e il negozio di sari diventa il regno in cui le donne esibiscono la propria ricchezza acquistando il simbolo di uno status sociale, contrattando e mercanteggiando, ponendosi a confronto con le altre donne. Ilari non è più un abito da indossare, ma il perno attorno a cui ruota la considerazione da parte degli altri: ogni donna cerca di accaparrarsi il più bello, con i disegni più originali, per ostentarlo, come del resto, i vasi di cristallo da mostrare alla gente suscitando la loro invidia. All’interno di questo microcosmo di passioni e ambizioni, vi è Ramchad, il cui compito è mostrare alle donne i sari più particolari. Il suo lavoro al negozio di sari gli aveva dato una certa stabilità, tuttavia avverte una sorta di inquietudine e un profondo disagio che risale addirittura all’infanzia, dopo la morte improvvisa dei genitori in un incidente: si era sempre sentito amato e protetto da loro, si sentiva compreso e accettato, anche quando alla domanda dei genitori su cosa fosse per lui la cosa più bella del mondo, egli non aveva saputo rispondere. Dopo la loro morte, improvvisamente la sua vita era cambiata totalmente, era diventato silenzioso in casa anche se ciarliero con gli altri, andò a vivere con lo zio, ma solo anni dopo si rende conto che egli lo ha privato della casa e della sua dignità. Nel negozio Ramchad vive dei momenti di tensione per la paura di sbagliare e di essere licenziato, a volte per lui “era impossibile sentire i propri pensieri”, si sente continuamente inadeguato e vorrebbe fare qualcosa di diverso, staccare con la routine di tutti i giorni. Decide di dare una svolta alla sua vita: vuole farsi una cultura, compra dei libri e comincia ad imparare l’inglese. Un’ occasione decisiva si ha quando gli affidano un incarico prestigioso: portare dei sari in visione nella casa di una persona molto importante: suggestiva è la descrizione del diverso atteggiamento delle donne nel comprare i sari, che appare come una “esperienza estetica” attraverso l’accurato esame  del disegno, mentre toccano delicatamente la stoffa e osservano i fili colorati che si intrecciano meravigliosamente a formare delle immagini straordinarie. Ramchad osserva le donne, comprende la loro espressione, quei visi luminosi e gli sguardi accesi mentre erano indecise sull’acquisto di un sari, la vanità e l’amarezza della donna non bella che sperava che un sari più originale degli altri potesse aiutarla ad apparire più avvenente.  Un giorno ha l’occasione di essere invitato al matrimonio di Rina anche se in seguito ad un equivoco e comprende quanto la sua vita sia diversa da quella delle ricche famiglie indiane e comincia ad avvertire l’esigenza di migliorare la propria condizione della speranza di un’esistenza diversa.  La vita però lo porta a scontrarsi con la disperazione di una donna, Kamla, moglie di Chander che lavora con lui al negozio di sari. Vittima di un’esistenza grama, dopo la morte prematura della madre, Kamla era stata costretta a prendersi cura della famiglia: la condizione atavica delle donne costrette a subire le decisioni degli uomini fa nascere in lei una dolorosa rassegnazione alla notizia che si sarebbe sposata e costretta a trasferirsi. La violenza e la solitudine che deve subire continuamente per anni, mentre il marito la considera “un presagio funesto” la porta a rifugiarsi nel bere e di lì comincerà per lei ad aprirsi un baratro incommensurabile, perché il suo cuore era pieno “di un veleno amaro”. L’incontro con Ramchad avviene in un momento terribile per lei: percossa e violentata, è abbandonata a terra come uno straccio. L’uomo, alla vista della violenza si trova ad affrontare un angoscioso dilemma:”non poteva andarsene, ma non poteva restare”. Si sente racchiuso in un mondo a sé, avverte inquietudine per il dolore della donna e per la sua disperazione, è sconvolto da paura e rabbia: torna al negozio, ha sempre davanti agli occhi l’immagine disperata di Kamla e quando apprende la sua morte, è sconvolto dall’indifferenza degli altri, addirittura dallo scherno e dalle risate ironiche. Prova delle emozioni forti, è invaso dal terrore, gli occhi e la risata disperata e stridula di Kamla gli risuonano nella mente, si aggira tra i sari che si trasformano, fino ad assumere l’immagine di un sudario. Prende, istintivamente,  una  decisione che potrebbe portare a gravi conseguenze, riferisce la violenza subita dalla donna a una delle sue ricche clienti, ottenendo una risposta secca di diniego e di scandalizzata sorpresa. Il suo dolore represso, i ricordi delle sofferenze passate, la rabbia per le ingiustizie fanno scaturire in lui una profonda rabbia, che lo porta a una reazione che sembra spropositata e strana per lui nel negozio. Ramchad sprofonda in un senso di vuoto e apatia, da cui improvvisamente un giorno si risveglierà e sarà il vento che sembrerà ripulire tutto, anche i pensieri, ricreando  una normalità apparente.

A cura di Ilde Rampino


LEGGI ANCHE:

“Pensavo fosse un comico invece era Troisi”, Ciro Borrelli ad Avellino

 

ARTICOLI CORRELATI