“Pensavo fosse un comico invece era Troisi”, Ciro Borrelli ad Avellino

Un bellissimo e intenso testo scritto dall'autore irpino che ci aiuta a capire la dimensione umana e artistica di un attore originale e di grande spessore e che sarà presentato presso l’Accademia dei Dogliosi di Avellino il 12 novembre

Ciro Borrelli ad Avellino con “Pensavo fosse un comico invece era Troisi”. Una figura, quella di Massimo Troisi che è entrata nel cuore di tutti, con la sua semplicità, le sue battute esilaranti, ma soprattutto con quella vena di celata tristezza nei suoi occhi, che, nella recitazione si trasformava in un sorriso e creava vere e proprie parentesi di allegria, frammentate da silenzi improvvisi e pause ragionate. La sua determinazione nel voler utilizzare la lingua napoletana, lingua misteriosa e bellissima, attraverso cui voleva in un certo senso imporsi per poter descrivere con intensità la sua città, a cui si sentiva legato indissolubilmente, annotando pensieri su un foglio di carta come faceva da adolescente per trovare il proprio ruolo in una famiglia numerosa. L’ironia che caratterizzava i suoi testi e anche le sue riflessioni personali riguardavano anche la religione, con cui aveva un atteggiamento controverso e che trattava anche a volte in modo dissacrante – un esempio famosissimo era il famoso sketch “Annunciazione, Annunciazione!”, portato in scena con Enzo Decaro e Lello Arena, con cui aveva costituito il gruppo artistico della Smorfia.  Attraverso le testimonianze di amici o di chi era entrato in contatto con lui, nasce in noi  la consapevolezza del valore che Massimo Troisi dava alla vita, quanto la amasse, pur con le sue difficoltà, legate al rapporto con la sua malattia, di cui non parlava mai, se non gli amici veri; a volte era assalito da dubbi, ma tuttavia era sempre alla ricerca di innovazioni, come un tornado. Fondamentale per la sua crescita artistica fu il ritrovarsi con tanti colleghi nel Centro Teatro Spazio, che diventò a poco a poco una fucina di idee e di artisti, legati tra loro da sintonia e complicità, mossi anche dal desiderio di partecipare alla vita sociale della sua città, S. Giorgio a Cremano. Da lì inizio’ una carriera che lo portò a Roma e poi in seguito gli fornì lo stimolo per cimentarsi nel cinema, ottenendo grande successo. Attraverso l’analisi dei film interpretati da Massimo Troisi, scaturisce l’ambivalenza e il conflitto tra le due anime di Napoli, quella antica e tradizionale e quella più giovane e moderna; particolare è la figura della donna, dimessa ma anche forte, mentre egli sembra porsi sempre un passo dietro gli altri personaggi, per una timidezza innata che tuttavia lo rendeva grande. Profondo e significativo era il rapporto con gli attori dei suoi film, denso di amicizia, spontaneità, voglia di divertirsi, ma anche a volte di rigore: ricordiamo Marcello Mastroianni con cui ha recitato in “Splendor” e “Che ora è?”. I personaggi a volte acquisivano una valenza propria, come nel “Il viaggio di Capitan Fracassa, in cui la figura di Pulcinella, diversa dal consueto stereotipo e inventata di sana pianta era considerato da Troisi un personaggio assolutamente libero che lo affascinava moltissimo. La scomparsa di Massimo Troisi ha lasciato un grande vuoto e rimarrà per sempre l’immagine del protagonista de “Il Postino”, immerso in atmosfere e sfumature particolari, come i paesaggi selvaggi in cui era ambientato il film, una tristezza che sembra accompagnare il destino di Massimo, una sorta di lettera-testamento che ci ha lasciato, poiché lo considerava un vero e proprio ”inno alla poesia” realizzato con un’estrema umanità e forza di volontà. Un bellissimo e intenso testo “Pensavo fosse un comico e invece era Troisi”, scritto da Ciro Borrelli che ci aiuta a capire la dimensione umana e artistica di un attore originale e di grande spessore e che sarà presentato presso l’Accademia dei Dogliosi di Avellino il 12 novembre. L’autore ha risposto con disponibilità ad alcune domande sul suo “Pensavo fosse un comico invece era Troisi”.

Borrelli perché ha deciso di scrivere un’opera su Massimo Troisi?

“Innanzitutto per la passione e l’ammirazione che provo per Massimo Troisi, un artista che ci ha fatto ridere e piangere come pochi e che ci ha donato tanto in troppo poco tempo. Troisi, quando si spegne il 4 giugno del 1994, ovvero il giorno dopo la fine delle riprese di “Il Postino”, lascia un vuoto incolmabile, nel teatro, nel cinema e nel cuore degli ammiratori. Pur utilizzando spesso un napoletano quasi incomprensibile, lontano da quello dei grandi maestri come Totò e i De Filippo, Massimo è riuscito in un’impresa che ha dell’incredibile: farsi comprendere da tutti e, grazie alla sua acutezza intellettuale e alla sua singolare capacità di irridere ogni stereotipo, anche a farsi amare da tutti, sia da chi ha avuto la fortuna di conoscerlo sia da chi l’ha semplicemente ammirato attraverso il grande e il piccolo schermo”.

Come è strutturato il volume?

“L’opera si apre con una breve biografia dell’attore, cui segue il capitolo “Il pensiero di Massimo” che riporta dichiarazioni di Troisi, ma anche dichiarazioni su Troisi, rilasciate da uomini e donne dell’universo cinematografico e teatrale. Il secondo capitolo, intitolato Confidenze, raccoglie interviste ad autorevoli personaggi che hanno avuto la fortuna di conoscere l’artista, magari perché si sono ritrovati a lavorare al suo fianco. Al cuore di Massimo, cioè al problema di salute che ha condizionato l’attore per tutta la vita, è dedicato invece il terzo capitolo. L’ultima parte del saggio si occupa più propriamente della carriera professionale di Troisi: il quarto verte sull’impegno teatrale, dalle prime esibizioni all’oratorio parrocchiale di San Giorgio a Cremano fino ad Effetto smorfia , programma televisivo dedicato a Troisi, Arena e Decaro; nel quinto ed ultimo si esaminano tutte le pellicole di Massimo, sia quelle girate e sceneggiate da lui sia quelle in cui egli è soltanto interprete”.

Esiste oggi un suo erede?

“A questa domanda purtroppo devo risponderle negativamente. Se mi guardo intorno scorgo bravi interpreti ma nessuno paragonabile all’artista napoletano. Troisi, non era soltanto brillante, dotato, geniale; lui era di più, era unico. Non c’è nulla di lui che non sia eccezionale e inimitabile: la sua “maschera”, il suo sorriso, il suo sguardo intelligente e malinconico, la sua mimica, l’espressione del suo volto. Un volto così mutevole e istrionico ma al tempo stesso contraddistinto da un sentimento comico comune a tutti i personaggi da lui interpretati. Mi auguro invece che possa nascere un altro Troisi: ne avremmo tutti tanto bisogno…”.

Ilde Rampino


“Pesavo fosse un comico invece era Troisi” di Ciro Borrelli

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