Ciriaco De Mita: Governo M5s-Pd svolta per l’Italia se fa ripartire la politica

L'analisi dell'ex Segretario della Democrazia Cristiana sullo sbocco della crisi e le prospettive del cosiddetto governo giallorosso. La riflessione tracciata dalle sue dichiarazioni riprese dalla stampa nazionale e l'auspicio di un ritorno dei cattolici democratici sulla scena istituzionale del Paese

Ciriaco De Mita

Il Governo M5s-Pd è per Ciriaco De Mita un’occasione per l’Italia, se farà ripartire la politica anteponendo i programmi ai nomi. Alcuni giorni dopo la sua lezione a Soveria Mannelli, il pensiero di Ciriaco De Mita viene riscoperto dalla stampa nazionale. L’Avvenire, il quotidiano dei Vescovi (con un articolo firmato da Angelo Picariello) e La Repubblica, leggono l’analisi dell’ex segretario della Democrazia Cristiana come una bussola nella confusione in cui il Paese è finito tra una Seconda Repubblica mai maturata ed una Terza solo evocata. De Mita non si schiera dalla parte di Pd e M5s, ma sottolinea le potenzialità e le prospettive che un dialogo costruttivo tra forze politiche diverse può generare, consapevole che «ci sarà da lavorare per riportare la politica al centro e dar vita ad un vero e proprio programma di governo», spiega in una dichiarazione riportata da La Repubblica, con citazione morotea: «Ricostruire quello che Moro chiamava il volto umano della Repubblica» è il monito. La figura di Aldo Moro è presentissima nelle riflessioni di Ciriaco De Mita, che con il costituente di Maglie collaborò a lungo nella Democrazia Cristiana che tra la fine l’inizio degli anni ’60 e la fine dei ’70 visse con preoccupazione i segni di cedimento della democrazia della rappresentanza, oggi palesi in tutta la propria drammaticità. Su L’Avvenire De Mita si astiene da dare consigli ai partiti, tantomeno lo fa con Sergio Mattarella, il Capo dello Stato a cui lo lega una antica amicizia politica e stima umana e personale. Tuttavia mette in guardia dai veti. «L’errore è stato parlare dei nomi, prima dei programmi», osserva, commentando le difficoltà che in queste ore i gruppi dirigenti di Pd e M5s scontano nel saldare l’alleanza per far ripartire il Paese.

Sergio Mattarella e Aldo Moro

Su L’Avvenire si evoca la stagione della “non sfiducia” tra democristiani e comunisti nel 1976, sfociata poi nel tentativo di dare un governo politico tra Dc e Pci, facendo riferimento al tweet di Pierluigi Castagnetti dei giorni scorsi. Nel 1978 il “governo della svolta”, per citare un’espressione attuale, fu affidato all’esponente più lontano da Enrico Berlinguer e Aldo Moro, cioé Giulio Andreotti, benché i comunisti preferissero l’allora Presidente della Dc. Ma Ciriaco De Mita, che in quel governo entro come Ministro (senza portafoglio) per gli Interventi nel Mezzogiorno, segnala sul quotidiano dei Vescovi Italiani che quella stagione non è paragonabile. Oggi non ci sono i partiti, cioé non c’è quel punto di contatto e incontro tra istituzioni e cittadini che questo governo dovrebbe tentare di ripristinare. «Ci sarà da lavorare per riportare la politica al centro, per dar vita a un vero e proprio programma di governo», spiega ancora su L’Avvenire.

Sergio Mattarella tra i banchi della Camera accanto a Ciriaco De Mita

Per l’ex segretario della Democrazia Cristiana, M5s e Partito Democratico possono quindi servire ad una causa storica, fermando il processo di involuzione democratica in atto progressivamente da decenni. Così facendo, conclude auspicandolo, non si preparerebbero ad occupare il potere, ma favorirebbero l’apertura della società italiana alla politica. Il riferimento è ai cattolici, da troppo tempo silenti, come più volte il Cardinal Gualtiero Bassetti ha ripetuto nei suoi ammonimenti, citando Don Sturzo. «Soprattutto le esperienze del cattolicesimo popolare dovrebbero cogliere quanto sia delicato il momento che viviamo» e «sentire il dovere di organizzare una presenza autonoma e forte», ha dichiarato a L’Avvenire De Mita. «Alle prossime elezioni ci sarà bisogno di una forza politica che riempia il vuoto di rappresentanza di quella parte di società che aspira al cambiamento, ma rifiuta le avventure».


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