Recensione della settimana. Il catino di zinco di Margaret Mazzantini

Un rapporto speciale tra nonna e nipote che scorre tra le pagine di questo libro, denso di profondità interiore che si esplica attraverso i ricordi, legati a particolari o ad oggetti, come “il catino di zinco”, ricordo vivo e presente ancora, legato alle sue memorie di bambina, che rappresenta il mondo di sua nonna, una realtà scarnificata dal dolore e dalle rinunce

La recensione della settimana di Ilde Rampino: IL CATINO DI ZINCO di Margaret Mazzantini. Un rapporto speciale tra nonna e nipote che scorre tra le pagine di questo libro, denso di profondità interiore che si esplica attraverso i ricordi, legati a particolari o ad oggetti, come “il catino di zinco”, ricordo vivo e presente ancora, legato alle sue memorie di bambina, che rappresenta il mondo di sua nonna, una realtà scarnificata dal dolore e dalle rinunce. L’infanzia serena, vissuta accanto alla nonna, considerata il perno della famiglia, che teneva il bandolo di una matassa che collegava passato e presente, come i grani di un rosario. La morte della nonna diventa un momento che rimette tutto in discussione e la protagonista comincia a sfogliare le pagine del libro della memoria, scorrendo, come in un film, le immagini delle visite che le altre vecchie, amiche di sua nonna, le facevano, per prendere un tè con i pasticcini: scaturiva allora la naturalezza e la sincerità di sua nonna che non badava all’apparenza, a differenza delle altre. I ricordi diventano a mano a mano più tangibili, andando indietro nel tempo, all’infanzia di sua nonna, all’odore raffermo di scuola, al rispetto che lei doveva a suo padre professore, ma soprattutto al difficile rapporto che aveva con sua madre. Era qualcosa di strano, la sensazione di estraneità che ella provava per sua madre, dovuta alla sua “assenza”: il rimpianto, unito al dolore della perdita di un amore giovanile, disperato e prepotente, che lei custodiva in segreto nel suo cuore, le faceva provare rabbia e indifferenza, fino a una sorta di odio. La nonna di sua nonna proveniva da una famiglia di proprietari terrieri, vi era tanta ricchezza, ma la loro vita era piena di solitudine: le sette figlie erano considerate dal padre come un peso. In questa esistenza vissuta, con la sensazione di essere inutili, si inserisce il professore che fu colpito dall’aurea di malinconia che pervadeva i lineamenti di Monda e se ne innamora perdutamente, perdonandole, durante gli anni successivi, le sue varie intemperanze e facendosi carico della famiglia. La morte del professore rappresenta un lasciarsi andare, una rassegnarsi a qualcosa che non poteva più cambiare e gli sarà tributato un grande rispetto, sarà pianto da tutti, anche dalla ”gente che gli voleva bene e che saliva dalla strada”. L’atteggiamento di “assenza” di Monda, alla morte del marito, si trasforma in cattiveria, che diventa in alcuni casi, crudeltà, quando uccide il coniglio, che era diventato una sorta di “amico” del figlio, perché lo sottraeva alla vita-castigo a cui lei lo aveva consegnato. Il personaggio della nonna si riveste di ulteriori sfumature, durante la guerra, quando viene colta dalla disperazione, ma non si chiude in se stessa, ma collabora con altre donne che vivono il dolore per la partenza e in qualche caso per la morte dei propri figli, fino a un gesto plateale, come raggiungere il figlio sul treno che va a combattere con gli altri giovani e scendere dal treno cadendo sui binari. Il paesaggio sembra incarnare il dolore della madre, che procede a tentoni nell’oscurità, chiedendo aiuto, i ricordi pian piano affiorano, finchè riuscirà a tornare a casa, accolta dallo sguardo trepidante del marito. Il suo dolore rimane inespresso ed ella invoca la Madonna, intesse un colloquio con Lei che si mosse a pietà e poi preserverà i suoi figli dall’atrocità della guerra: la nonna, che è “uno scampolo di guerra sopravvissuto al flagello”, difenderà tutti i suoi figli dalla cattiveria della gente, come il figlio più piccolo “sopravvissuto senza dignità di memoria”. La madre lo segue nelle sue peregrinazioni di notte , ma egli torna anche quando non vorrebbe. Col passare del tempo, il nonno e la nonna rimangono soli, l’una di fronte all’altro: durante la malattia di lui, lo specchio li distanziava dalla loro materialità corporea, scaturisce poi un’ intimità nel momento supremo, attraverso lo sguardo. Dopo la vedovanza lei inizia un’altra vita, comincia a viaggiare, ma serberà sempre con sé il simbolo del suo mondo, il catino di zinco e quando sarà colpita dalla malattia, comincia a sentirsi sola, stanca e vecchia, ha paura di essere abbandonata, la nipote la porta fuori, perché comprende che ella ha un bisogno disperato di sentirsi viva anche attraverso il dolore: pian piano si distacca dalla realtà, rimanendo in una “parvenza di ricordi”, finchè morirà in silenzio, ma serena.

ARTICOLI CORRELATI