La speranza di giungere ad una democrazia compiuta in Italia non si è esaurita con l’assassinio di Aldo Moro, che dedicò a questo obiettivo tutta la sua vita fino all’estremo sacrificio. Sta alla responsabilità della politica di oggi riprendere la riflessione dello statista ucciso il 9 maggio 1978 dalle Brigate Rosse, per preservare la democrazia nell’interesse delle generazioni che verranno. La democrazia italiana è un bene da difendere ogni giorno, nella responsabilità individuale e collettiva di ognuno, ma soprattutto della politica, è l’alto messaggio lanciato dal seminario promosso dalla Associazione “Democrazia compiuta”, coordinata da Antonio De Feo.

Incentrato sulla attualità del pensiero di Aldo Moro, nel 41esimo anniversario della morte, il convegno è stato pensato “per ricordare e celebrare un uomo, un politico, uno studioso del diritto e un cattolico coerente”, ha scritto in una nota De Feo, che in apertura dei lavori, ospitati nella sala convegni del palazzo Vescovile, ha invitato “a vivere questo appuntamento non come un’apologia del passato ma come una pedagogia del presente, nella consapevolezza che esiste un’erotica dell’educazione, capace di rendere significativo il nostro tempo e le nostre scelte”. Ai contributi di idee e analisi offerti da Francesco Barra, da monsignor Arturo Aiello vescovo di Avellino, da Enzo De Luca, si è aggiunto quello di Nicola Mancino, che ha testimoniato nella sua responsabilità di senatore della Democrazia Cristiana, ciò che avvenne in quei tragici 55 giorni che portarono dall’avvenuto rapimento alla morte di Aldo Moro, per mano delle Brigate Rosse. Mancino ha rievocato la tensione di quei giorni, che i parlamentari vivevano in uno stato di riunione permanente, nel tentativo di trovare uno sbocco alla crisi. In quella prassi la differenza drammatica con l’impostazione attuale della dialettica parlamentare o consiliare ad ogni livello istituzionale, amministrata in maniera verticistica. Mancino ha ricordato il momento della condivisione con i senatori delle fotografie che ritraevano Moro ormai privo di vita, nelle ore seguite al ritrovamento dello statista ormai cadavere nella Renault 4 rossa. Ha rievocato l’alto senso dello Stato che spinse Moro a cercare il dialogo con il Partito Comunista non già come frutto di un disegno politico ideale, ma come necessità per isolare nel Paese le forti spinte antidemocratiche, a tutela della Costituzione e della libertà. In questo esempio Mancino trova l’attualità di Moro, che insegna a interpretare la politica come strumento per unire e non per dividere un popolo, una società, una comunità. Lo sforzo di costruire ponti, componendo il consenso intorno alle istituzioni democratiche, che devono sempre e invariabilmente porsi come il riflesso più ampio del sentimento popolare, è il dovere della politica, la cui missione è organizzare la convivenza civile, favorendo il progresso e il benessere. Non c’è bisogno di citare fatti e circostanze per comprendere quanto la politica anche in questi giorni disattenda in larga parte a questa sua prerogativa.

Antonio De Feo interviene. Accanto Nicola Mancino e Francesco Barra

Nel suo intervento, “il professore Francesco Barra ha ricostruito il contesto storico e culturale, in cui prende forma l’idea e la realizzazione del rapimento e dell’uccisione di Aldo Moro, ricordando che l’evento, ha messo in crisi l’unità della società italiana del tempo, contribuendo a dare vita, nell’attuale contesto, all’utopia quale forma di politica”, si legge nella nota.

Il professore Francesco Barra accanto a Nicola Mancino e ad Enzo De Luca

Il Vescovo, Mons. Arturo Aiello ha voluto ricordare il legame tra Papa Paolo VI e Aldo Moro, due uomini uniti dalla fede e dalla consapevolezza della responsabilità, dal coraggio della testimonianza e dall’amore della propria missione. Citando il discorso che il Pontefice pronunciò durante i funerali di Stato, Monsignor Aiello ha sottolineato l’angoscia che segnò quei giorni, quegli uomini e quel tempo. Nelle lettere dalla prigione brigatista, Moro sottolineò lo scarso peso che il Pontefice seppe esercitare nel gioco delle diverse posizioni in campo sulla questione della trattativa possibile per giungere ad una svolta positiva. Parole dense di rammarico e delusione, a proposito del Vescovo di Roma, che Moro ebbe in gioventù accanto nella Fuci, la Federazione Universitaria dei Cattolici Italiani. Papà Benedetto XVI, durante l’Udienza alla Fuci, il 9 novembre 2007, riconobbe l’alto contribuito che questa associazione ha dato “alla formazione di intere generazioni di cristiani esemplari, che hanno saputo tradurre nella vita e con la vita il Vangelo, impegnandosi sul piano culturale, civile, sociale ed ecclesiale”. Moro e Paolo VI iniziarono da lì a cambiare l’Italia è la Chiesa, finendo vittima lo stesso anno dei medesimi eventi.

Il senatore Enzo De Luca, ha sottolineato l’importanza e l’attualità del messaggio moroteo, nell’attuale crisi politica e partitica e l’esigenza di ritornare all’essenza dell’impegno, fondato su formazione, passione e creazione del consenso. Per De Luca l’ambizione individuale al di fuori di un disegno costruttivo della politica, priva di etica e responsabilità, rappresenta la cifra del declino a cui il Mezzogiorno può essere condannato.

Citando Platone, il coordinatore De Feo ha sintetizzato l’epilogo dell’incontro nella consapevolezza che “se non si ha nessuna idea di ciò che si sta cercando, non lo si troverà mai”.

Il Presidente del Consiglio italiano, Aldo Moro, a Bruxelles per un decisivo Consiglio Europeo del 1976. Si decisero le prime elezioni europee a suffragio universale

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha deposto una corona di fiori in Via Caetani sotto la lapide che ricorda il luogo del ritrovamento del corpo dell’on. Aldo Moro, a 41 anni dall’uccisione dello statista.

Con il Presidente Sergio Mattarella, c’erano la Presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, il Presidente della Camera dei Deputati Roberto Fico e il Vice Presidente del Consiglio dei Ministri Luigi Di Maio.

Deposita dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, una corona in memoria di Aldo Moro, vittima della barbarie terrorista il 9 maggio 1978, nel 41esimo anniversario dell’assassinio dello statista, filosofo della politica, già costituente, più volte presidente del Consiglio dei Ministri, presidente della Democrazia Cristiana

Il 9 maggio è anche il Giorno della Memoria dedicato alle Vittime del terrorismo e delle stragi. È stato commemorato alla Camera dei Deputati alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e dei Presidenti della Camera, Roberto Fico, e del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati.”Nell’aula di Montecitorio, sui cui scranni hanno seduto famigliari delle vittime di attentati e stragi della storia del terrorismo in Italia, sono stati ricordati, in particolare quest’anno, i cinquant’anni dalla strage di piazza Fontana, il quarantennale dell’omicidio del Magistrato Emilio Alessandrini e il ventennale dell’omicidio dell’economista Massimo D’Antona”, si legge nel comunicato del Quirinale. “Gli eventi sono stati rievocati negli interventi dello scrittore e giornalista Carlo Lucarelli, del Presidente dell’Associazione Piazza Fontana 12 dicembre 1969, Carlo Arnoldi, della giornalista Benedetta Tobagi e della vedova di Massimo D’Antona, Olga Di Serio D’Antona”. Dopo l’intervento del Presidente Fico, la cerimonia si è conclusa con la premiazione, da parte del Capo dello Stato, delle scuole vincitrici della quinta edizione del concorso nazionale “Tracce di memoria”.


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