Con ‘Genesi’ Bonito conquista «Vanity Fair»

David Ardito fondatore del Collettivo Bo.Ca. spiega l'enorme potenziale dell'opera "Genesi" dell artista Francisco Borriello dipinta su tre case abbandonate, che ha conquistato il podio dell classifica mondiale di Widewalls, consacrato uno dei murales più belli del mondo

L’annuncio arriva da David Ardito, direttore artistico e fondatore del Colletivo Bo.Ca.: Bonito e l’opera “Genesi”, considerata fra le opere di street art più belle del mondo, conquista le pagine del rotocalco Vanity Fair. Nel servizio giornalistico realizzato da Marina Brudaglio, si narra del forte impatto che la street art genera nella riqualificazione dei territori, con la creazione di un patrimonio artistico, ed enormi ricadute positive sull’economia locale. Non solo. La produzione dell’opera d’arte in sè, richiama nei piccoli borghi artisti di fama mondiale, creando contaminazioni positive di culture e scambi ad ogni livello. Come si evince dalle testimonianze raccolte, infatti, gli street artist sono soliti esprimere soprattutto il genius loci di un luogo. Non solo creatività fine a se stessa, ma anche messaggi di grande impatto comunicativo per la comunità locale, “tesi al recupero, alla costruzione della bellezza, e alla riappropriazione della propria identità” come si cita nel testo. Tutto in spazi abbandonati o oscurati dalle luci della quotidianità Sulla scorta di questa prospettiva ha mosso i suoi passi il Collettivo Bo.Ca. fondato da David Ardito, che ha spiegato come l’opera di Francisco Bosoletti “Genesi” dipinta su tre case abbandonate, sia riuscita a conquistare il terzo posto nella classifica mondiale di Widewalls come uno dei murales più belli del mondo. La lettura dell’opera infatti, non può prescindere dalla contestualizzazione territoriale, che narra sì la marginalità delle aree interne rispetto ai grandi centri metropolitani, ma soprattutto mira a ricucire la ferita inferta dal sisma del 1980, che nei piccoli borghi irpini esprime profonde cicatrici. Intanto, Bonito conquista «Vanity Fair».

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