Ida Grella, esponente di Areadem, componente del Partito Democratico e referente dell'Associazione Democrazia Compiuta

«Il Pd non è un albergo ad ore, dove ognuno entra ed esce a proprio piacimento. E’ tempo di dire basta agli opportunismi e alle ambiguità». A parlare è Ida Grella, dirigente di Area Dem ed ex capogruppo al Comune di Avellino.

Le dimissioni dei tre rappresentanti dell’area civica di Davvero, guidata da Gianluca Festa, dalla segreteria provinciale del Pd, ripropongono con forza questioni sinora rimaste irrisolte a via Tagliamento: il rapporto tra le correnti interne al partito e la gestione della linea politica, che anche in questi giorni si è evitato di affrontare con nettezza. (Leggi l’articolo)

L’esperienza politica del Pd è stata costellata da continue conflittualità e divisioni, che rendono difficile l’individuazione di un percorso condiviso per le elezioni comunali. Che ne pensa?

«Ho sempre ritenuto che le diversità di idee possono rappresentare una ricchezza, purché vi sia il rispetto delle regole, a cominciare dallo statuto, ed un’etica rigorosa. Il confronto ed il dibattito debbono avvenire nelle sedi e nei momenti opportuni, ma poi bisogna fare sintesi e definire una linea politica unitaria. Il Pd deve avere una sola voce e chi riveste ruoli di responsabilità è chiamato ad assumere decisioni».

Quali sono le ragioni alla base delle contrapposizioni?

«Le divisioni non si sono mai consumate sui temi, su una visione diversa ai problemi o su una proposta. Il vero e solo elemento scatenante è stata la difesa dell’appartenenza ad un sottogruppo del partito, alimentata dalle ambizioni personali. Così la varietà di posizioni, spesso strumentali e tattiche, si è trasformata nel vero punto di debolezza del partito, ingenerando confusione ed incertezza, ma soprattutto facendo perdere credibilità al nostro progetto politico agli occhi degli elettori e dei cittadini. Il Pd non può essere un contenitore indistinto. Bisogna avere una visione ideologica della realtà e proporre soluzioni ai problemi».

In passato le amministrazioni Pd sono più volte state il bersaglio del cosiddetto fuoco amico.

«Ai tempi dell’amministrazione Foti, quando ero capogruppo, c’era un continuo via vai dal Pd. Consiglieri di maggioranza schierati contro l’esecutivo comunale ed il sindaco. Addirittura i rappresentanti democratici erano divisi in tre gruppi. In questo modo è impossibile attuare qualunque politica».

Secondo lei perché, in tutti questi anni, pur in un quadro in continua evoluzione, il partito non è mai intervenuto in maniera risoluta?

«Dopo l’annuncio in aula del documento di sfiducia, sottoscritto da alcuni consiglieri di maggioranza, nei confronti del sindaco Foti, chiesi al partito un provvedimento di espulsione per chi stava minando gli equilibri politici ed amministrativi. Ma nonostante fosse una fase delicatissima per la tenuta di un’esperienza amministrativa che aveva raccolto il consenso degli elettori, non fu presa alcuna decisione. Anche nel partito si registravano grandi difficoltà e tensioni, non solo sul piano locale, ma anche nazionale, tanto da metterne in gioco l’unità. La verità è che nessuno avrebbe mai messo fuori dal Pd chi era portatore di voti».

Questo è diventato il nodo da sciogliere, che però non è mai stato affrontato in maniera chiara e decisa. Non è cosi?

«Non affrontare questo nodo rappresenta un vulnus per il Pd. Non si può trasformare il partito in un albergo ad ore, nel quale si sta esclusivamente per le proprie convenienze. La linea dei neosegretari nazionale e regionale, Nicola Zingaretti e Leo Annunziata, mi sembra molto chiara: il partito deve essere coerente, non ci può essere spazio per opportunismi, trasformismi ed ambiguità. Soltanto così si può recuperare il consenso di chi auspica un rinnovamento della politica».

In che modo, dunque, bisogna procedere in vista delle prossime scadenze elettorali e come andrebbe costruita un’alleanza con le altre forze politiche e sociali?

«Innanzitutto facendo chiarezza al nostro interno. Non ci si può confrontare con altri soggetti se non si ha una linea precisa ed unitaria. Le divisioni e le faide interne si riverberano immancabilmente sul percorso. Un ragionamento è stato avviato e deve essere portato a termine. Il Pd deve saper cogliere i fermenti che vengono dalla società e sapersi confrontare con gli altri partiti, svolgendo fino in fondo il proprio ruolo di principale riferimento del centrosinistra. L’alleanza va costruita definendo gli obiettivi strategici ed una piattaforma programmatica, che puntino al rilancio della Città capoluogo e del territorio. Penso che l’intesa debba valere in tutti i Comuni al voto, anche i più piccoli».

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