Al Quirinale il Maresciallo dei Carabinieri Anna Maria Iacobone

Il comandante della stazione di Monteverde tra gli ospiti tra gli ospiti invitati dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a partecipare alle celebrazioni in occasione della Giornata Internazionale della Donna. Il riconoscimento di un impegno al fianco delle vittime delle violenze di genere. Il discorso del Capo dello Stato

Il Maresciallo Ordinario dei Carabinieri Anna Maria Iacobone, Comandante della Stazione di Monteverde era tra gli ospiti invitati dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a partecipare, nella mattinata di ieri 8 marzo 2019, alle celebrazioni al Palazzo del Quirinale in occasione della Giornata Internazionale della Donna.

La cerimonia, dedicata quest’anno al tema “Mai più schiave”, ha visto la partecipazione di una rappresentanza femminile delle Forze Armate, anche in occasione dei 20 anni dall’introduzione del servizio militare femminile, e, in particolare: due donne dell’Arma dei Carabinieri, due dell’Esercito Italiano, due dell’Aeronautica Militare e due della Marina Militare.

Un momento della della celebrazione al Palazzo del Quirinale a Roma l’8 marzo scorso della Giornata Internazionale della Donna, dal titolo “Mai più schiave”

La presenza di Anna Maria Iacobone a questo importante appuntamento non è casuale, assumendo un valore altamente simbolico in una giornata che celebra a livello internazionale la figura della donna.

Non è stata soltanto la prima donna ad aver assunto il comando di una stazione dei Carabinieri in provincia di Avellino, a Monteverde, ma vanta impegno e risultati nel contrasto all’odioso fenomeno della violenza sulle donne. In questi anni ha fatto sentire con decisione e rigore la vicinanza dell’Arma alle vittime di abusi, prevaricazione e costrizioni, salvaguardando i diritti della donna e della famiglia. Da militare si è schierata a tutela delle madri ma anche dei figli, dei bambini, preda delle spirali violente domestiche. Quando si colpisce una madre la violenza è doppia, ha ripetuti nel corso della sua attività intensa, nonostante la giovane età. 

Il Maresciallo Ordinario Anna Maria Iacobone, originaria di Canosa di Puglia, è comandante della stazione dell’Arma a Monteverde (Av)

Originaria di Canosa di Puglia, si è arruolata nell’arma nel 2007  ed ha all’attivo la tenenza di Scafati dove è rimasta per 9 anni in un contesto difficile, esposto alle infiltrazioni della criminalità organizzata, prima di giungere in Irpinia. Si è formata al corso biennale presso la Scuola Allievi Marescialli, per poi conseguire a Firenze la laurea in Operatore della Sicurezza Sociale.

Sono meno di 130 in Italia le donne comandanti di stazione, poco meno di 1600 le addette non comandanti, numeri non ancora sufficienti ma in crescita nel Paese. La sua presenza al Quirinale, in occasione della celebrazione della Giornata Internazionale della Donna, dal titolo “Mai più schiave” assume un alto significato per il percorso del Maresciallo Anna Maria Iacobone e per l’Arma dei Carabinieri, che dimostra la modernità e l’attualità di un impegno al fianco della comunità nazionale che si rinnova nel tempo accompagnando l’evoluzione della società italiana.


Il Presidente Sergio Mattarella in occasione della celebrazione della Giornata Internazionale della Donna, dal titolo “Mai più schiave”
(foto di Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla Celebrazione della Giornata Internazionale della Donna dal titolo: “Mai più schiave”

Palazzo del Quirinale, 08/03/2019

di Sergio Mattarella

Buon 8 marzo a tutte le donne che si trovano in Italia.

Fare gli auguri alle donne, in realtà, vuol dire rivolgerli all’intera comunità nazionale. Perché la componente femminile è parte, oltre che essenziale, decisiva della nostra società.

Per questo, l’8 marzo si celebrano valori di fondo della nostra vita in comune. Valori che recano il segno delle conquiste realizzate, spesso con fatica e tra molte difficoltà, dalle donne. La condizione femminile è uno di quegli elementi che attestano il grado di civiltà raggiunto da un Paese.

Il Presidente Sergio Mattarella in occasione della celebrazione della Giornata Internazionale della Donna, dal titolo “Mai più schiave”
(foto di Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

So che diverse donne non amano parlare, in questa giornata, di “festa della donna”. L’8 marzo è, difatti, soprattutto un giorno di responsabilità e di impegno, come ha messo bene in luce Nicole Grimaudo, nella sua coinvolgente conduzione di questo incontro.

Ancora tante donne trovano ostacoli nel dispiegare il proprio talento, sono minacciate da condizioni di indigenza, oppresse da forme di violenza, sono gravate da pesi supplementari, talvolta difficilmente sostenibili, tra il lavoro e la cura della famiglia, sono sottopagate o escluse da un’occupazione stabile benché capaci e meritevoli.

Tutti gli indicatori concordano sul dato che il progresso economico e sociale di un Paese va di pari passo con lo sviluppo dell’occupazione femminile.

Quest’anno abbiamo scelto come tema dell’8 marzo quello delle donne rese schiave e costrette a prostituirsi.

Si tratta di uno sfruttamento ignobile a danno di donne, spesso minorenni, provenienti dalla povertà più estrema, da contesti di guerra, da terre aride, che finiscono nelle reti di crudeli trafficanti di persone. Si tratta, in gran parte, di organizzazioni criminali senza scrupoli, di mafie trasnazionali che lucrano sul corpo e sull’animo delle donne; e che non esitano a ricorrere alle minacce, alla violenza e alla coercizione più brutale.

Rivolgo i miei auguri e i complimenti a Stefania e a Hope per la loro coraggiosa e sofferta testimonianza. Sono molto lieto – e orgoglioso – della loro presenza al Quirinale. Dai loro terribili racconti, per fortuna a lieto fine, abbiamo ascoltato, ancora una volta, come questo turpe fenomeno non risparmi l’Italia. Ne hanno parlato, con puntualità e passione, Anna Pozzi e Lina Trovato.

Lo sfruttamento sessuale delle donne è una pratica criminale purtroppo diffusa. È bene chiamare questa condizione con il nome appropriato: schiavitù. Si tratta dell’infame schiavitù del nostro secolo.

Non dovrebbe essere necessario – ma lo è, malauguratamente – ribadire che la civiltà non potrà mai convivere con la schiavitù. Dove questa sussiste, la civiltà è negata.

Nessun compromesso è accettabile. Nessuna tolleranza può essere mascherata da realismo o da opportunismo. La tratta va sradicata. Colpendo chi controlla il traffico delle schiave costrette a prostituirsi.

Stroncare il traffico è compito delle forze di polizia, dei magistrati, delle istituzioni nazionali e degli organismi internazionali. Ma tutta la società civile è chiamata a fare la propria parte, agendo con responsabilità e coerenza morale. Nessuno può restare indifferente.

Contrastare la tratta vuol dire sottrarsi a ogni complicità con le organizzazioni criminali e prosciugare le aree grigie. Vuol dire spezzare il legame di protezione che, purtroppo, si crea tra la vittima e i suoi aguzzini. Significa che tutti devono aprire gli occhi su una cruda realtà: la domanda di prostitute schiave è alimentata da comportamenti di uomini delle società più prospere.

Da uomini, di ogni età e censo, che approfittano di queste povere donne, indifferenti davanti alla violenza, alla riduzione in schiavitù, spesso anche di fronte alla minore età palese delle ragazze. È un fenomeno diffuso, che, in realtà, esprime una acquiescenza se non una tacita ma concreta connivenza con il crimine.

Abbiamo esempi di straordinario valore civile che vengono da associazioni, da volontarie e volontari, che ho avuto più volte l’opportunità di incontrare e incoraggiare. Lavorano, insieme alle forze dell’ordine, alla magistratura, per i programmi di recupero – e le iniziative di accoglienza – che consentono alle donne di uscire dalla condizione di schiavitù. È un compito difficile ma prezioso, perché spesso le donne schiavizzate sono minacciate di violenze o di ritorsioni nei confronti delle loro famiglie.

Donne terrorizzate, rese ancor più vulnerabili dal giogo della malavita, possono ricostruire la propria dignità attraverso un percorso di integrazione, che apra le porte di un lavoro e di una casa, che restituisca umanità alle relazioni personali.

Per fare questo c’è bisogno di istituzioni solide, ma anche di una cultura di comunità che sia più forte degli egoismi e dei timori del nostro tempo.

Poc’anzi Simona Severini, interpretando con tanta efficacia, la canzone di Lucio Dalla ci ha ripetuto le sue parole: “Aspettiamo senza avere paura, domani”.

Le donne – italiane e di ogni parte del mondo – ci hanno insegnato molto. La libertà personale è condizione di una vera parità. E la parità è la sola leva che può far crescere la società in modo accettabile, sostenibile.

Ci sono lezioni del passato su cui è opportuno meditare.

Sessantuno anni fa, una legge dello Stato, promossa da una senatrice, partigiana e costituente, dichiarò fuorilegge lo sfruttamento della prostituzione. Dovette lottare, in Parlamento e fuori da esso, contro pregiudizi e stereotipi inaccettabili, duri a morire. Vi erano parlamentari che sostenevano persino che alcune donne nascevano prostitute e pertanto non sarebbero mai cambiate.

Quella legge fu una tappa importante nel cammino di liberazione della donna. Oggi quella senatrice, Lina Merlin, sarebbe in prima linea contro la tratta di questo nostro tempo.

Bisogna andare coerentemente avanti: contro tutte le forme di sfruttamento e violenza nei confronti delle donne, in qualsiasi campo e settore della vita familiare e sociale.

L’apporto delle donne alla crescita civile, culturale, sociale, economica del nostro Paese è stato immenso. Ma ancora oggi paghiamo storture e disparità che, penalizzando le donne, ci penalizzano come società. È nostro compito costante rimuovere gli ostacoli che – come ci ricorda la Costituzione -, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza, impediscono il pieno sviluppo di ogni persona umana. Sul mercato del lavoro le condizioni delle donne italiane sono ancora critiche e il tasso di occupazione femminile è insoddisfacente, soprattutto se paragonato agli altri Paesi europei.

Tanti positivi progressi sono stati compiuti, ma la scarsa condivisione del lavoro di cura in famiglia e il permanere di alcune rigidità nei ruoli domestici, restano tra le cause delle difficoltà di accesso delle donne al mercato del lavoro. Sono dunque necessarie politiche pubbliche volte ad ampliare la base occupazionale, ma avvertiamo anche il bisogno che la crescita culturale continui; e che si rimuovano antichi pregiudizi.

Forme di sfruttamento, talvolta subdole, si annidano nelle rigidità sociali. Quando rallenta, o si arresta, l’ascensore sociale – e questo accade in grande misura nei periodi di crisi economica – sulle donne ricade spesso uno svantaggio ulteriore, negando opportunità soprattutto alle donne meno istruite e meno abbienti. Lo stesso tema delle diseguaglianze salariali – ingiustificabili ma tuttora presenti in misura rilevante – riguarda maggiormente proprio le donne in difficoltà e con più bassi livelli di istruzione.

Superare gli squilibri e le condizioni di sfruttamento, liberare la società da barriere e pregiudizi, fermare le violenze sulle donne sono le premesse per progettare insieme un mondo più giusto di donne e di uomini liberi.

La violenza contro le donne è, secondo l’Onu, una delle più grandi e diffuse violazioni dei diritti umani. Non possiamo continuare ad assistere alla violenza nelle case e nelle strade.

Ancora ieri, nel nostro Paese, sono state assassinate due donne – Alessandra e Fortuna – vittime di una violenza prodotta da distorte e criminali mentalità di possesso e dominio.

È necessario educare, prevenire, organizzarsi, offrire aiuto, mettere in campo reti e strumenti di contrasto che consentano alle donne, soprattutto alle più vulnerabili, di non sentirsi più sole davanti alle minacce.

Nel nostro Paese ci sono risorse civili e morali in grado di continuare il percorso della libertà, della parità, della differenza che arricchisce la nostra comunità.

L’8 marzo ci ricorda che le donne sono protagoniste preziose e imprescindibili per progettare i tempi nuovi che ci attendono.

Auguri!


LEGGI ANCHE:

Sciarpa rosa, record mondiale a Lioni: «La prevenzione salva la vita»

Alla stazione di Avellino inaugurata la panchina rossa. Il Prefetto: «Il treno delle donne lento ma inarrestabile»

 

 

 

 

ARTICOLI CORRELATI