Sergio Barile: Avellino ha bisogno di dirigenti veri. Basta carrierismo

Il docente universitario ed ex assessore alle Finanze di Piazza del Popolo analizza le criticità dell'ente, indicando una prospettiva per il futuro,

Sergio Barile, è stato assessore al Bilancio al Comune di Avellino tra il 2004 e il 2007

«Per rilanciare la città capoluogo serve una nuova classe dirigente, all’altezza della sfida. Basta con il carrierismo e l’improvvisazione». Ad affermarlo è Sergio Barile, docente di Economia e Gestione delle Imprese all’Università “La Sapienza” di Roma ed ex assessore alle Finanze al Comune di Avellino.

Professore, che ne pensa della volontà espressa dalla giunta Ciampi di dichiarare il dissesto dell’ente?

«E’ una scelta che va compiuta sulla scorta di parametri e criteri oggettivi. La situazione finanziaria dell’ente è sicuramente delicata, proprio come nella stragrande maggioranza dei Comuni italiani. Ma bisogna comprendere quali siano gli effettivi margini di manovra. Mi sembra, comunque, che più della gestione finanziaria vi siano urgenze che non sono state affatto prese in considerazione. Penso alla riorganizzazione delle partecipate, al rilancio del Teatro «Carlo Gesualdo», al riassetto dei servizi. Su questi fronti l’attuale amministrazione è stata assente».

La torre dell’orologio, simbolo medievale della città di Avellino

L’amministrazione potrebbe essere arrivata al capolinea. La mozione di sfiducia al sindaco sarà discussa tra qualche giorno.

«Può darsi che l’esito non sia così scontato. Certamente non lo sono il futuro del Comune e della città. Le forze politiche, sia quelle più tradizionali, che i nuovi movimenti, dovranno avviare un nuovo percorso, mettere in piedi un progetto, eventuali alleanze, individuare candidati. In una fase così delicata e tumultuosa non sarà un’impresa semplice».

Proviamo a delineare lo scenario…

«Ci sono diversi tentativi di ricomposizione di un quadro ormai ampiamente frammentato. Ciò comporta la necessità di condivisioni forzate. Partiti e personaggi con storie molto diverse si ritrovano insieme, per cercare di fare massa critica, nel tentativo di contrastare i nuovi fenomeni politici. Queste forzature non giovano ad Avellino».

Il prof. Sergio Barile

Come andrebbe costruita una prospettiva?

«Il voto dei cittadini deve essere utile. Non c’è un governante in assoluto migliore o peggiore dell’altro. E’ la cornice nella quale ci si muove che determina l’efficacia e la riuscita dell’intervento. Vanno quindi superati gli ostacoli che impediscono l’azione amministrativa. L’elettore deve puntare pragmaticamente su chi è in grado di determinare le condizioni per svolgere fino in fondo il proprio ruolo».

Nel caso attuale, al di là delle valutazioni specifiche, il sindaco Ciampi non ha i numeri per governare. Una situazione che alla luce dei risultati del primo turno era prevedibile. E’ cosi?

«Sì, certamente. La cosiddetta “anatra zoppa”. Un vulnus contenuto nella stessa legge elettorale».

In che modo la politica potrà uscire dal guado?

«La rappresentanza, il ruolo amministrativo ed in particolare quello del sindaco non possono rispondere ad interessi personali, a logiche di bottega o a tatticismi finalizzati al consenso. C’è bisogno di persone capaci, motivate ed intenzionate a spendersi per la comunità. Il carrierismo è un male da contrastare. L’incarico al Comune non può essere vissuto come una tappa di una scalata verso il potere. La città è allo sfascio. C’è bisogno di una svolta».

Manca una visione strategica. Non crede?

«Il Comune è un’organizzazione complessa. Non funziona in base ad un meccanismo deterministico. Nemmeno scelte illuminate garantiscono il raggiungimento del risultato. Ci sono problemi strutturali che vanno risolti. Agire in una condizione di incertezza non è agevole, ma occorre coraggio. Servono un’analisi precisa delle criticità, per definire un disegno organico».

Quali priorità indicherebbe?

«Ci sono opere incompiute da terminare, una programmazione europea da definire, la manutenzione di strade e marciapiedi da organizzare e servizi al cittadino carenti da rivitalizzare».

C’è un modello gestionale che potrebbe garantire maggiore efficienza? In passato si è puntato, un po’ ovunque, sull’esternalizzazione, ma non è andata bene. Adesso c’è un’inversione di tendenza.

«Le ipotesi sono differenti, ma credo che la migliore sia quella del controllo pubblico con gestione privata. E’ bene che il servizio sia nelle mani di chi sa farlo. Il disastro della sanità pubblica ci ha dimostrato la validità di questa formula».

C’è chi sostiene il contrario. In ogni caso, la privatizzazione delle manutenzioni è stata oggettivamente fallimentare.

«Perché è mancato il controllo. Serve un sistema sanzionatorio. L’amministrazione deve verificare periodicamente i risultati. Il privato tende a speculare, per raggiungere il massimo profitto. Talvolta, però, da parte dei rappresentanti degli enti pubblici c’è un’eccessiva indulgenza, motivata da secondi fini».

Il palazzo degli uffici, sede della amministrazione comunale, vista da via San Leonardo

Un altro nodo da affrontare è quello della macchina burocratica. Che ne pensa?

«Sicuramente non ha funzionato. Anche in questo caso andrebbero verificate le responsabilità, ma anche e soprattutto le soluzioni. La gestione superficiale ha determinato i ripetuti interventi della magistratura. Si è perciò passati dall’eccessiva disinvoltura, all’incapacità di decidere. La macchina è ormai ingessata. Nessuno sa e vuole assumere decisioni, per evitare conseguenze. Uno schema che si vede anche in altre realtà. Si è passati dallo scempio all’inazione».

Come bisognerebbe intervenire?

«Servirebbero forze nuove, con mentalità diverse, capaci di dare risposte adeguate, nei tempi richiesti. Oggi la burocrazia ha tempi insostenibili. Il cittadino ha il diritto di ricevere servizi in tempo reale. Chiede amministrazioni pubbliche trasparenti ed efficienti. C’è bisogno di un’innovazione tecnologica delle procedure. Il blocco del turn-over ha reso più difficile il cambiamento».

 

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